Ondata di critiche dai repubblicani dopo gli attacchi di Trump a Zelensky
Le recenti dichiarazioni del presidente americano su Zelensky, definito come "dittatore" e l'avvio di colloqui diretti con Mosca hanno scatenato forti reazioni nel panorama politico statunitense. Bolton: "Posizione vicina alla resa".

Le relazioni tra Stati Uniti e Ucraina hanno raggiunto una fase estremamente turbolenta, alimentata non solo dalle dichiarazioni estreme di Trump, ma anche dalle crescenti critiche a Capitol Hill, anche da parte repubblicana, alle aperture di Trump a Vladimir Putin.
Il presidente Donald Trump ha, infatti, scatenato l'indignazione da parte di alcuni esponenti del suo stesso partito dopo aver definito il presidente ucraino Volodymyr Zelensky come "un dittatore senza elezioni" ed accusato falsamente il governo di Kyiv di aver dato il via al conflitto con la Russia.
Le critiche repubblicane
In risposta alle dure parole di Trump nei confronti di Zelensky, alcuni repubblicani hanno preferito attaccare direttamente il presidente russo Vladimir Putin:
- “Putin ha iniziato questa guerra. Putin ha commesso crimini di guerra. Putin è il dittatore”, ha scritto su X il deputato Don Bacon (R-Neb).
Putin started this war. Putin committed war crimes. Putin is the dictator who murdered his opponents. The EU nations have contributed more to Ukraine. Zelensky polls over 50%. Ukraine wants to be part of the West, Putin hates the West. I don’t accept George Orwell’s doublethink.
— Rep. Don Bacon 🇺🇸✈️🏍️⭐️🎖️ (@RepDonBacon) February 19, 2025
- “Vladimir Putin è un vile dittatore e delinquente”, ha scritto su X il deputato Mike Lawler (R.- N.Y.).
Vladimir Putin is a vile dictator and thug, who has worked in a concerted effort with China and Iran to undermine and destabilize the United States, Europe, Israel, and the free world. He is not our friend, nor our ally.
— Mike Lawler (@lawler4ny) February 19, 2025
While I support the effort to end the war in Ukraine, any…
- “Vladimir Putin è il vero dittatore senza elezioni”, ha scritto su X il deputato Brian Fitzpatrick (R-Pa).
Vladimir Putin is the Dictator without Elections.
— Rep. Brian Fitzpatrick 🇺🇸 (@RepBrianFitz) February 19, 2025
Da parte sua, anche Nikki Haley, ex rivale di Donald Trump alle primarie presidenziali repubblicana e attuale membro dell'Hudson Institute, ha preso nettamente le distanze dalla linea di Trump, definendo le sue dichiarazioni come "classici punti della propaganda russa" e "esattamente ciò che vuole Putin".
These are classic Russian talking points. Exactly what Putin wants. https://t.co/BsbhcKQcNU
— Nikki Haley (@NikkiHaley) February 20, 2025
L'ex vicepresidente Mike Pence si è associato, a sua volta, al coro delle critiche, affermando:
"Signor Presidente, l'Ucraina non ha 'iniziato' questa guerra. La Russia ha lanciato un'invasione brutale e non provocata, causando centinaia di migliaia di vittime. La strada per la pace deve essere costruita sulla verità."
Mr. President, Ukraine did not “start” this war. Russia launched an unprovoked and brutal invasion claiming hundreds of thousands of lives. The Road to Peace must be built on the Truth.🇺🇸🇺🇦
— Mike Pence (@Mike_Pence) February 19, 2025
“Russia Invades Ukraine in Largest European Attack Since WWII” @FoxNews (February 24,… pic.twitter.com/HsWGdyCGOz
Anche dal Senato emergono segnali di disagio. Il senatore Thom Tillis, (R-N.C.), di ritorno da una visita a Kyiv, ha difeso la leadership di Zelensky:
“Zelensky è frustrato, ma è stato anche il capo di Stato giusto per il momento. Ha tenuto insieme una nazione concentrata nella battaglia contro gli occupanti russi, e credo che dovremmo dargli un discreto credito per questo lavoro”.
Parallelamente, la senatrice repubblicana Lisa Murkowski, insieme ai senatori repubblicani Thom Tillis e John Cornyn, ha respinto categoricamente l'idea di considerare Zelensky come un dittatore, sottolineando che tali etichette distorcono la realtà e complicano ulteriormente il rapporto tra Washington e Kyiv.
Anche John Bolton, ex Consigliere per la Sicurezza Nazionale durante il primo mandato di Trump, ha lanciato l'allarme, definendo la posizione dell'Amministrazione Trump "molto vicina alla resa".
In un'intervista a Politico, Bolton ha sottolineato come le condizioni di pace prospettate - che includono la rinuncia all'adesione NATO e l'abbandono delle rivendicazioni sulla Crimea - "potrebbero essere state scritte al Cremlino".
La corrispondente politica del New York Times Maggie Haberman ha offerto un'analisi critica della strategia della Casa Bianca, suggerendo che le mosse di Trump siano più una dimostrazione di forza che il risultato di una pianificazione diplomatica coerente.
"Trump ha una visione della Russia ferma ai suoi giorni di superpotenza", ha osservato Haberman, aggiungendo che:
"Senza significative critiche provenienti dal Partito Repubblicano, Trump sa di poter essenzialmente fare ciò che vuole in questo momento."
Retroscena: pressioni americane a porte chiuse
Dietro le dure dichiarazioni pubbliche di Trump si celano tensioni che covavano da settimane, secondo NBC News.
In numerosi incontri a porte chiuse, funzionari governativi ucraini hanno espresso profonda preoccupazione quando a Zelensky è stato comunicato un vero e proprio ultimatum: i suoi incontri con alti funzionari dell'Amministrazione Trump sarebbero stati annullati se non avesse prontamente accettato specifiche richieste.
Queste pressioni, mai rese pubbliche fino ad ora, hanno svelato un clima di vera e propria intimidazione da parte americana.
L'episodio chiave e particolarmente rilevante si è verificato proprio a Kyiv, dove il Segretario al Tesoro, Scott Bessent, in visita nella capitale ucraina su mandato di Trump, ha presentato al presidente ucraino un documento che, in apparenza, attribuiva agli Stati Uniti ricavi pari al 50% sui minerali rari ucraini.
L'ultimatum, che imponeva la firma entro un'ora – pena, appunto, la cancellazione degli incontri programmati con alti funzionari americani – è stato interpretato da Washington come un tentativo di "recuperare" parte dei 175 mila miliardi di dollari di aiuti militari finora erogati.
Alla fine, Zelensky, vistosi con le spalle al muro, ha rifiutato di firmare, lasciando l'accordo sui minerali di terre rare nel limbo e facendo sentire Kyiv ulteriormente isolata da Washington.
Un portavoce della Casa Bianca ha commentato alla NBC News, affermando che “l'offerta di Bessent consiste nel riconoscere che la capacità dell'Ucraina di difendersi finora è stata ampiamente finanziata dai contribuenti americani” e ha aggiunto:
“L'offerta è volta a recuperare una parte di questo contributo, e a riconoscere che, una volta raggiunta la pace, l'Ucraina potrà rafforzare la propria posizione economica attraverso una partnership strategica con gli Stati Uniti.”
Nel frattempo, il Segretario alla Difesa ha gettato ulteriore acqua gelata sulle speranze ucraine, affermando che l'adesione dell'Ucraina alla NATO non rappresenta un obiettivo realistico di un eventuale accordo di pace, cosa che ha generato ulteriori preoccupazioni tra gli alleati occidentali.
Stando al racconto di NBC News, Hegseth avrebbe gelato ulteriormente i funzionari ucraini, dichiarando durante un incontro con Zelensky che l'Amministrazione Trump sta valutando il ritiro di alcune forze statunitensi in Europa, poiché gli Stati Uniti intendono concentrare maggiormente le proprie risorse sulla regione Asia-Pacifico e sul confine con il Messico.
Il Pentagono ha però smentito: “Quanto riportate è falso al 100%”, ha scritto l'addetto stampa del Pentagono John Ullyot via e-mail in risposta a una richiesta di NBC News di commento sulle parole di Hegseth.
Ad ogni modo, anche le recenti parole del vicepresidente JD Vance dimostrano che le critiche all'interno della Casa Bianca nei confronti di Zelensky stanno diventando sempre più aspre.
Come ha chiarito lo stesso JD Vance in una intervista al Daily Mail:
"L'idea che Zelensky possa far cambiare idea al presidente parlando male di lui sui media di tutto il mondo è un modo totalmente errato di trattare con questa Amministrazione".