Stallo nei negoziati sull’Ucraina: Mosca vuole 4 regioni, l’Europa in difficoltà sul peacekeeping

Putin respinge ancora una volta il congelamento della linea del fronte attuale. Trump rivendica un ruolo decisivo ma l’intesa appare sempre più lontana. Intanto non c'è nessun consenso tra gli alleati europei sull’invio di truppe per la pace.

Stallo nei negoziati sull’Ucraina: Mosca vuole 4 regioni, l’Europa in difficoltà sul peacekeeping

I negoziati tra Stati Uniti, Russia e Ucraina per una soluzione al conflitto si trovano sempre più in una fase di stallo. Secondo quanto riportato da Bloomberg, il presidente russo Vladimir Putin continua a chiedere il pieno controllo delle quattro regioni ucraine – Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporizhzhia – che Mosca ha dichiarato annesse ma che non occupa del tutto. Questa richiesta si è finora rivelata incompatibile con le condizioni avanzate da Washington per un eventuale accordo.

Allo stesso tempo, in un’intervista trasmessa da ABC News, il presidente Donald Trump ha affermato che Putin “sogna” ancora di conquistare l’intera Ucraina, ma che non lo farà. “Lui mi rispetta. E credo che grazie a me non conquisterà tutta l’Ucraina”, ha dichiarato Trump, aggiungendo che, sebbene il leader del Cremlino voglia fermare il conflitto, potrebbe ancora cercare di “confondere le acque” rispetto a un’intesa.

Trump ha anche sostenuto che Putin avrebbe già compiuto una “grande concessione” rinunciando alla conquista totale del Paese. Tuttavia, sempre secondo fonti citate da Bloomberg, Mosca ha respinto la proposta americana di congelare le operazioni militari lungo l’attuale linea del fronte. Il blocco nei negoziati, secondo una delle fonti, potrebbe essere superato solo attraverso un contatto diretto tra Trump e Putin.

Contenuto dell’offerta americana

L’Amministrazione Trump avrebbe offerto alla Russia il riconoscimento ufficiale della Crimea come territorio russo, la revoca di parte delle sanzioni economiche e la rinuncia ai piani per l’ingresso dell’Ucraina nella NATO. L’accordo, nei termini proposti da Washington, consentirebbe inoltre a Mosca di mantenere il controllo effettivo su circa il 20% del territorio ucraino attualmente occupato.

Nonostante ciò, i funzionari europei citati da Bloomberg non vedono segnali concreti di disponibilità da parte di Putin. Secondo queste fonti, le prossime due settimane saranno cruciali per comprendere se la Russia accetterà le proposte statunitensi, se si andrà verso un inasprimento della pressione diplomatica oppure se i negoziati saranno del tutto abbandonati.

Ieri, la portavoce del Dipartimento di Stato Tammy Bruce ha dichiarato che è giunto il momento per Mosca e Kiev di presentare proposte chiare per la fine del conflitto. Bruce ha inoltre avvertito che, in assenza di progressi, “noi, i mediatori, ci tireremo fuori da questo processo”. Non è stata però fornita alcuna indicazione sulle scadenze fissate da Washington.

Il ruolo rivendicato da Trump

Trump, intervistato da Jeffrey Goldberg, direttore di The Atlantic, ha affermato di stare “salvando” l’Ucraina grazie alle sue iniziative. Secondo il presidente, senza il suo contributo, “questo Paese sarà sconfitto molto presto”. Durante il colloquio, Goldberg ha chiesto a Trump perché sembri meno empatico rispetto ai predecessori verso paesi sottoposti a “oppressione” da parte della Russia.

Il presidente ha replicato ricordando di aver fornito a Kyiv i sistemi anticarro Javelin già durante il suo primo mandato, affermando che senza tali armi le truppe russe sarebbero entrate a Kyiv già nel 2022, ponendo fine alla guerra “in un giorno”.

Trump ha inoltre rinnovato le critiche verso il suo predecessore Joe Biden, attribuendogli la responsabilità dell’inizio del conflitto. Ha concluso dichiarando: “Vedremo cosa succederà durante la prossima settimana. Restano gli ultimi ritocchi”.

Difficoltà europee sul peacekeeping

Sul fronte europeo, intanto, si registrano ostacoli significativi nella formazione di un contingente di peacekeeping da schierare in Ucraina una volta raggiunta una cessazione delle ostilità. Secondo il The Times, l’ammiraglio Tony Radakin, capo di Stato Maggiore della Difesa britannica, ha sollecitato i partner a costituire una forza di 64 mila uomini. Tuttavia, le successive riunioni ministeriali di aprile hanno evidenziato la quasi impossibilità di raggiungere tale obiettivo.

I Ministri della Difesa europei hanno stimato che per sostenere una forza simile sarebbero necessari fino a 256 mila militari, considerando le rotazioni. Anche una forza ridotta di soli 25 mila uomini richiederebbe uno sforzo congiunto massimo, ha sottolineato una fonte a Bruxelles.

Nel dettaglio, la Gran Bretagna potrebbe contribuire con un massimo di 10 mila soldati, a fronte di un esercito attivo di 78 mila unità. La Francia ha indicato la disponibilità a inviare tra 5 e 10 mila soldati, su un totale di circa 113.800. Altri Paesi rilevanti – tra cui Polonia, Spagna e Italia – hanno escluso la possibilità di partecipare, affermando esplicitamente che non invieranno propri contingenti. “Senza la partecipazione di grandi paesi popolosi, è un vicolo cieco”, ha osservato una fonte di The Times.

La Ministra della Difesa lituana Dovile Šakaliene ha evidenziato il divario con le forze armate russe, che dispongono di circa 800 mila militari schierati in Ucraina. “Se non possiamo raccogliere nemmeno 64 mila uomini, non faremo altro che mostrare debolezza”, ha dichiarato.

Secondo precedenti indiscrezioni sempre di The Times, sia Gran Bretagna che Francia starebbero valutando la possibilità di rinunciare del tutto all’invio di peacekeepers per evitare il rischio di un conflitto diretto con la Russia. In alternativa, le due potenze potrebbero optare per una presenza militare indiretta, tramite istruttori e interventi nel campo della ricostruzione e del riarmo delle forze ucraine.

Nel frattempo, tra i Paesi europei prosegue anche il dibattito sulla protezione dello spazio aereo ucraino, che potrebbe includere l’impiego di caccia e sistemi di difesa antiaerea. Non è escluso neppure che la Turchia assuma un ruolo di rilievo nella componente marittima della futura missione internazionale di rispetto della pace.

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