La proposta shock di Trump su Gaza scatena un’ondata di critiche internazionali

Il presidente americano vuole prendere il controllo della Striscia di Gaza e trasferire forzatamente la popolazione palestinese, scatenando reazioni immediate e contrarie da Europa e Medio Oriente.

La proposta shock di Trump su Gaza scatena un’ondata di critiche internazionali
Foto di Mohammed Ibrahim / Unsplash

Il piano del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump di assumere il controllo della Striscia di Gaza e trasferire la popolazione palestinese nei Paesi vicini ha suscitato una dura opposizione a livello internazionale.

L’idea presentata durante la conferenza stampa di ieri con il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu, che prevede di trasformare l’area da "sito di demolizione" a quella che Trump definisce la "Riviera del Medio Oriente", è stata respinta duramente sia dalle nazioni arabe che dai principali alleati europei degli Stati Uniti.

Le reazioni in Europa

Le cancellerie europee hanno condannato la proposta. La Ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock ha definito "inaccettabile" e contraria al diritto internazionale l’idea di trasferimento dei palestinesi lontano da Gaza.

Anche la Francia ha espresso una netta condanna: un portavoce del governo ha definito la proposta "pericolosa" per la stabilità regionale, mentre nel Regno Unito il primo ministro britannico Keir Starmer ha sottolineato che "ai palestinesi deve essere garantito il diritto di tornare a casa" per ricostruire le loro comunità.

L’opposizione nel mondo arabo

La reazione più decisa, come poteva attendercisi, è arrivata dai Paesi arabi e dall’Autorità Nazionale Palestinese.

Il presidente palestinese Mahmoud Abbas ha dichiarato che non permetterà che i diritti del suo popolo, per i quali si è combattuto per decenni, vengano calpestati.

L’Arabia Saudita ha invece affermato di aver già messo in guardia le amministrazioni statunitensi, passate e presenti, riguardo ai diritti del popolo palestinese, precisando che non stabilirà relazioni diplomatiche con Israele se queste condizioni non saranno rispettate.

La situazione è particolarmente delicata per la Giordania, che vede nello spostamento forzato dei palestinesi all'interno del proprio territorio una minaccia esistenziale.

Con una popolazione di 11 milioni di abitanti, di cui oltre la metà di origine palestinese, il Paese teme di trasformarsi de facto in uno stato a maggioranza palestinese, con potenziali ripercussioni destabilizzanti per la società e l’economia.

Re Abdullah II, atteso a Washington l’11 febbraio per un incontro con Trump, ha ribadito la posizione del suo paese: "i palestinesi devono rimanere sulla loro terra".

Il contesto attuale ed il contesto storico

La proposta di Trump arriva in un momento di particolare tensione. Attualmente, Hamas e Israele sono impegnati in negoziati mediati da Qatar ed Egitto per estendere il cessate il fuoco a Gaza, nell’ambito di un accordo di pace in tre fasi.

Questi colloqui seguono 15 mesi di bombardamenti israeliani sulla Striscia, iniziati in risposta agli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023.

La proposta ha riacceso i timori legati alla Nakba del 1948, quando la nascita dello Stato di Israele portò allo sfollamento di centinaia di migliaia di palestinesi verso paesi vicini come Giordania, Siria e Libano.

Questo passato doloroso alimenta le preoccupazioni attuali in paesi come Giordania ed Egitto, che temono una nuova ondata di instabilità nella regione.

Un ulteriore elemento di preoccupazione è la decisione di Trump di congelare gli aiuti per 90 giorni, mossa che alcuni analisti collegano al piano di trasferimento.

Questa misura, vista come un possibile ricatto economico, interessa anche la Giordania, alleato storico degli Stati Uniti, che beneficia di un pacchetto di aiuti annuale di 1,4 miliardi di dollari.

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