La Corte Suprema valuta le ingiunzioni universali: in gioco il futuro dell'agenda Trump sulla cittadinanza

Il tribunale supremo degli Stati Uniti si pronuncerà sul potere dei giudici di bloccare a livello nazionale le politiche presidenziali, con implicazioni rilevanti per l'agenda dell'amministrazione Trump e il futuro delle ingiunzioni universali

La Corte Suprema valuta le ingiunzioni universali: in gioco il futuro dell'agenda Trump sulla cittadinanza
Photo by Jesse Collins / Unsplash

La Corte Suprema degli Stati Uniti si prepara ad affrontare una questione che potrebbe ridefinire i limiti del potere giudiziario e rafforzare l’autorità esecutiva dell’amministrazione Trump. Oggi, i giudici esamineranno il piano presidenziale per limitare la cittadinanza per diritto di nascita (jus soli), ma lo faranno concentrandosi non tanto sulla costituzionalità della misura quanto sull’autorità dei tribunali inferiori di bloccare a livello nazionale le politiche federali attraverso le cosiddette ingiunzioni universali.

Il provvedimento in questione, promosso dal presidente Trump, mira a revocare la cittadinanza automatica ai figli di genitori non cittadini statunitensi o non residenti legali permanenti. La maggior parte degli esperti legali ritiene che tale piano sarà infine dichiarato incostituzionale, in base al 14° Emendamento, che recita: “Tutte le persone nate o naturalizzate negli Stati Uniti, e soggette alla giurisdizione degli stessi, sono cittadini degli Stati Uniti”.

Tuttavia, al centro della discussione davanti alla Corte Suprema — che ha attualmente una maggioranza conservatrice di 6-3, inclusi tre giudici nominati da Trump — non vi è il merito della politica sull’immigrazione, bensì la legittimità delle ingiunzioni universali emesse da giudici distrettuali, che hanno sospeso l'applicazione della misura a livello nazionale in almeno tre casi distinti.

L’amministrazione e i suoi sostenitori hanno più volte criticato l’uso di queste ingiunzioni, accusandole di ostacolare sistematicamente l’azione dell’esecutivo. "Le ingiunzioni universali emesse dai giudici distrettuali continuano a ostacolare fondamentalmente la capacità del presidente di attuare la sua agenda", ha dichiarato un funzionario del Dipartimento di Giustizia durante una conferenza stampa con i giornalisti. Secondo l’amministrazione, si tratterebbe di un "attacco diretto" al potere presidenziale.

Durante il secondo mandato del presidente Trump, sono state emesse 39 ingiunzioni di questo tipo, secondo i dati forniti dal Dipartimento di Giustizia. Tali provvedimenti hanno bloccato diverse iniziative dell’amministrazione, tra cui tagli ai finanziamenti federali e licenziamenti di funzionari decisi dal Department for Government Efficiency, guidato da Elon Musk. In precedenza, due tribunali avevano impedito l’entrata in vigore del divieto militare per le persone transgender, poi autorizzato dalla Corte Suprema.

La richiesta dell’amministrazione alla Corte è di restringere la portata delle ingiunzioni sulla cittadinanza per diritto di nascita, limitandole ai ricorrenti diretti, alle organizzazioni che hanno intentato causa o, eventualmente, ai 22 Stati che hanno presentato ricorso contro l’ordine esecutivo presidenziale.

Phil Weiser, procuratore generale del Colorado e membro del Partito Democratico, ha aderito a una delle cause contro la politica sull’immigrazione e ha dichiarato che la controversia sulla cittadinanza rappresenta bene ciò che è in gioco. "Se letteralmente si devono intentare cause separate per ogni singolo querelante, si sta limitando la capacità dei tribunali di dichiarare quale sia la legge e proteggere le persone", ha affermato. Secondo Weiser, l’obiettivo dell’amministrazione Trump è ridurre la supervisione giudiziaria sulle sue azioni.

L’uso delle ingiunzioni universali è un fenomeno relativamente recente e non esclusivo dell’attuale amministrazione. Anche le presidenze Obama e Biden hanno subito decisioni giudiziarie simili, soprattutto in materia di immigrazione. Secondo un rapporto del Congressional Research Service, ci sono state 28 ingiunzioni universali nei quattro anni dell’amministrazione Biden, 86 durante il primo mandato di Trump e 19 sotto l’amministrazione Obama, che è durata otto anni. Tuttavia, il rapporto sottolinea che ottenere un conteggio preciso è complesso.

Cinque dei sei giudici della maggioranza conservatrice della Corte Suprema hanno già espresso, in diverse occasioni, riserve sull’uso delle ingiunzioni universali. Nel 2024, il giudice Neil Gorsuch ha definito la questione come “di grande importanza” e meritevole dell’attenzione della Corte.

Il dibattito ruota intorno al concetto di legittimazione processuale e alla portata delle sentenze. Samuel Bray, docente alla Notre Dame Law School e citato nei documenti legali del caso sulla cittadinanza, ha sostenuto che le ingiunzioni universali “aggirano il normale processo legale”, perché impediscono a diversi tribunali di pronunciarsi su una stessa questione prima dell’intervento finale della Corte Suprema. Secondo Bray, un solo tribunale non dovrebbe “decidere per l’intero Paese solo perché è il primo ad aver affrontato il caso”. Una possibile alternativa sarebbe l’uso delle azioni collettive, che includerebbero tutti i soggetti potenzialmente colpiti da una determinata politica.

Negli ultimi anni, la prassi di ricorrere rapidamente alla Corte Suprema quando una politica è bloccata a livello nazionale è diventata sempre più comune, portando i giudici a intervenire precocemente, spesso in assenza di un’istruttoria completa. Una restrizione delle ingiunzioni universali potrebbe modificare questo andamento.

GianCarlo Canaparo, ricercatore presso la Heritage Foundation, think tank conservatore vicino a Trump, ha osservato che la limitazione delle ingiunzioni universali potrebbe ridurre la posta in gioco in certi contenziosi. Tuttavia, ha anche precisato che “il contenzioso procederà comunque con altrettanto vigore e rapidità”.

Il verdetto della Corte Suprema sul caso in esame avrà dunque implicazioni che vanno oltre la cittadinanza per diritto di nascita, toccando aspetti cruciali dell’equilibrio tra poteri, della funzione del sistema giudiziario e dell’agibilità politica del potere esecutivo.

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