Trump valuta l’intervento militare contro l’Iran, ma ha dubbi sull’efficacia delle bombe bunker buster

Il presidente americano si interroga se le armi statunitensi possano distruggere il sito nucleare di Fordow, costruito all’interno di una montagna. Continua il dialogo diplomatico parallelo con Teheran.

Trump valuta l’intervento militare contro l’Iran, ma ha dubbi sull’efficacia delle bombe bunker buster

Il presidente Donald Trump sta valutando se gli Stati Uniti debbano unirsi alla guerra di Israele contro l’Iran, ma ha dubbi cruciali sull’efficacia di un eventuale attacco militare. La questione centrale è se le bombe bunker buster americane riuscirebbero a distruggere il sito nucleare iraniano più fortificato.

Trump vuole assicurarsi che un attacco sia realmente necessario, che non trascini gli Stati Uniti in una guerra prolungata e che raggiunga l’obiettivo di distruggere il programma nucleare iraniano. “Saremo pronti a colpire l’Iran. Non siamo ancora convinti di essere necessari”, ha dichiarato un funzionario statunitense.

L’obiettivo: il sito di Fordow

L’obiettivo sarebbe il sito di arricchimento dell’uranio di Fordow, costruito all’interno di una montagna a sud di Teheran. Israele non dispone delle bombe bunker buster da 13,6 tonnellate necessarie per distruggerlo, né dei bombardieri B-2 necessarie per trasportarle. Gli Stati Uniti, invece, possiedono entrambi nel raggio d’azione dell’Iran.

“Siamo gli unici ad avere la capacità di farlo, ma questo non significa che lo dovremo fare”, ha dichiarato Trump. “Me lo hanno chiesto tutti, ma non ho ancora preso una decisione”.

I dubbi sull’arma definitiva

Trump ha chiesto specificamente ai suoi consiglieri militari se il Massive Ordnance Penetrator (MOP) sarebbe in grado di distruggere il sito di Fordow. I funzionari del Pentagono si sono detti fiduciosi, ma non è chiaro se Trump sia rimasto totalmente convinto. I MOP, infatti, non sono mai stati utilizzati sul campo di battaglia.

“La bomba bunker buster funzionerà. Non è una questione di capacità”, ha dichiarato un alto funzionario americano ad Axios. “Ma deve esserci un intero piano per un possibile attacco. Non è solo sganciare una bomba e dichiarare vittoria”.

Il punto, infatti, è che un attacco statunitense probabilmente scatenerebbe una rappresaglia contro le basi americane e altri obiettivi nella regione, attirando potenzialmente gli Stati Uniti in un conflitto prolungato contro l'Iran, qualcosa che Trump vorrebbe evitare a tutti i costi.

La pressione del tempo

Trump ha tenuto ieri un altro incontro nella Situation Room con il suo team di sicurezza nazionale incentrato proprio sulla guerra tra Israele e Iran. “La pazienza del presidente si sta assottigliando ogni minuto che passa. Il tempo sta davvero scadendo per l’Iran, e tutte le opzioni sono sul tavolo”, ha dichiarato un funzionario americano ad Axios.

Parlando con i giornalisti prima dell’incontro, Trump ha detto di non aver preso una decisione sul lancio di un attacco contro l’Iran e ha sottolineato di non aver chiuso la porta a una soluzione diplomatica.

I funzionari americani hanno riferito che Trump crede che mantenere l’ambiguità sulle sue decisioni applichi più pressione sull’Iran. “Ho delle idee. Ma mi piace prendere la decisione all’ultimo secondo”, ha dichiarato il presidente.

Le opzioni israeliane alternative

Gli israeliani continuano a ritenere che, alla fine, Trump deciderà a favore di un attacco americano, ma sostengono di poter causare danni significativi a Fordow anche agendo da soli. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e l’ambasciatore israeliano a Washington hanno accennato più volte al fatto che le Israel Defense Forces hanno opzioni per questo attacco oltre agli attacchi aerei.

Una delle opzioni potrebbe essere un raid di commando sul terreno. Le Forze Speciali israeliane hanno già condotto operazioni simili, come la distruzione di una fabbrica sotterranea di missili in Siria lo scorso settembre.

I canali diplomatici restano aperti

Mentre Trump riflette sulla possibile entrata in guerra affianco ad Israele, il suo inviato speciale Steve Witkoff continua a comunicare dietro le quinte con il Ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi. “Continuiamo a dire: ‘Parliamo’”, ha dichiarato un funzionario americano. “Alcuni giorni Steve dice: ‘Ho ricevuto una chiamata di ritorno’. Altri giorni: ‘non mi hanno richiamato’”.

Domani, intanto, i Ministri degli Esteri di Francia, Germania e Regno Unito incontreranno il Ministro degli Esteri iraniano Araghchi a Ginevra. La missione iraniana alle Nazioni Unite ha già dichiarato che Teheran “NON negozierà sotto coercizione”, ma ci sono indicazioni che gli iraniani siano disposti a trattare nonostante tutto.

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