Trump tenta una svolta diplomatica in Medio Oriente

Il presidente ha avviato un'intensa campagna diplomatica in occasione del suo arrivo a Riad, puntando su investimenti e accordi geopolitici in quattro dei principali focolai di crisi globale: Siria, Israele-Gaza, Ucraina e Iran.

Trump tenta una svolta diplomatica in Medio Oriente
White House

Nelle ore immediatamente precedenti e successive all’atterraggio dell’Air Force One a Riad, il presidente Donald Trump ha dato avvio a un frenetico blitz diplomatico, con l’obiettivo di intervenire simultaneamente su quattro delle crisi internazionali più instabili. Oltre a promuovere un piano per attrarre mille miliardi di dollari in investimenti esteri, Trump ha scelto di scommettere su una diplomazia personalizzata, nella convinzione che un approccio diretto possa produrre risultati laddove decenni di politiche statunitensi hanno fallito.

In un discorso pronunciato al Forum sugli Investimenti USA-Arabia Saudita, Trump ha ribadito la propria disponibilità a superare antichi conflitti e a costruire nuove alleanze, dichiarando: "Come ho dimostrato ripetutamente, sono disposto a porre fine ai conflitti passati e a forgiare nuove partnership per un mondo migliore e più stabile, anche se le nostre differenze possono essere profonde".

Uno dei punti centrali del suo intervento ha riguardato la Siria. A sorpresa, il presidente ha annunciato la revoca delle sanzioni statunitensi contro il paese, offrendo al nuovo governo “un’opportunità di grandezza” dopo la caduta del regime di Bashar al Assad. L’annuncio, che ha ricevuto una standing ovation dal pubblico, è stato accompagnato dalla notizia di Trump che ha incontrato personalmente il nuovo presidente siriano Ahmed al Sharaa. Trump, che fino a poco tempo fa definiva al Sharaa “un jihadista” per i suoi legami con al-Qaeda, ha programmato di “salutare” il nuovo leader mercoledì. Intanto, il Segretario di Stato Marco Rubio è stato incaricato di incontrare la controparte turca nel corso della settimana.

Parallelamente, Trump ha ottenuto un primo risultato concreto sul fronte israelo-palestinese. Prima di partire per Riad, il suo inviato Steve Witkoff ha concluso un accordo per la liberazione dell’ostaggio israelo-americano Edan Alexander, detenuto da Hamas da 584 giorni. Lunedì, Witkoff e Adam Boehler, inviato della Casa Bianca per gli ostaggi, si sono recati a Doha per spingere verso un’intesa più ampia sul rilascio degli ostaggi e su un cessate il fuoco a Gaza. Tuttavia, la tensione resta altissima: Israele ha minacciato un’operazione militare su vasta scala per occupare e radere al suolo Gaza, qualora non si raggiunga un accordo entro la fine del viaggio di Trump nella regione.

Sul fronte della guerra tra Russia e Ucraina, il presidente sta cercando di promuovere un primo incontro diretto tra i due paesi dopo tre anni di stallo. Trump ha proposto di partecipare personalmente ai colloqui assieme ai presidenti Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky a Istanbul nei prossimi giorni. Zelensky ha confermato la propria presenza, mentre Putin non ha ancora comunicato la sua adesione. In ogni caso, Trump ha già annunciato l’invio a Istanbul di Rubio, Witkoff e dell’inviato per l’Ucraina Keith Kellogg per contribuire alla mediazione e ha avvertito che la Russia potrebbe affrontare nuove sanzioni “massicce” se non collaborerà.

Infine, in merito ai negoziati nucleari con l’Iran, Trump ha rinnovato l’ultimatum rivolto alla leadership di Teheran, esortandola ad accettare un nuovo accordo o affrontare una ripresa della politica di “massime pressioni”. Durante il suo intervento a Riad, il presidente ha affermato di non credere nei “nemici permanenti”, offrendo un “ramoscello d’ulivo” all’Iran, ma ribadendo che la Repubblica Islamica non potrà mai acquisire un’arma nucleare. “Questa non è un’offerta che durerà per sempre. Il momento è proprio adesso per scegliere – non abbiamo molto tempo”, ha dichiarato.

Nonostante l’ambizione e il ritmo serrato delle sue iniziative, i risultati delle mosse diplomatiche di Trump restano incerti. In Ucraina e Gaza, in particolare, gli sviluppi restano fluidi e senza esiti definitivi. Ciononostante, il presidente non ha esitato a proclamare una prima vittoria diplomatica, rivendicando il merito di aver raggiunto una tregua parziale con gli Houthi, che gli ha consentito di interrompere un’operazione militare considerata sempre più onerosa, secondo quanto riferito dal New York Times.

Trump ha presentato il suo approccio come una rottura rispetto all’interventismo neoconservatore e all’internazionalismo liberale, sostenendo che la sua strategia transazionale e orientata all’“America First” sta ottenendo successi dove i suoi predecessori hanno fallito. Ha inoltre attribuito i cambiamenti nella regione del Golfo non a interventi esterni, ma all’iniziativa e alla stabilità dei regimi locali. “I marmi luccicanti di Riad e Abu Dhabi non sono stati creati dai cosiddetti costruttori di nazioni, neocon o organizzazioni non profit liberali, come quelli che hanno speso migliaia di miliardi di dollari fallendo nello sviluppo di Kabul, Baghdad, e tante altre città”, ha affermato.

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