Come Gramsci sta ispirando l'ideologia della destra americana
L'attivista conservatore Christopher Rufo si ispira al pensatore marxista italiano per la sua guerra culturale contro università e istituzioni progressiste.

Christopher Rufo, figura prominente della destra americana e ricercatore senior presso il Manhattan Institute, sta scrivendo un libro che trae ispirazione dal pensiero di Antonio Gramsci, intellettuale marxista italiano scomparso nel 1937 dopo anni trascorsi nelle carceri fasciste. Come riportato dal Wall Street Journal, l’opera di Rufo, dal titolo How the Regime Rules ("Come governa il regime"), si propone come un "manifesto per la Nuova Destra" fondato sulle teorie gramsciane dell'egemonia culturale.
"Gramsci fornisce lo schema di come funziona la politica e la relazione tra tutte le varie componenti: intellettuali, istituzioni, leggi, cultura, folklore", ha spiegato Rufo al quotidiano americano. L’attivista sostiene infatti che il pensatore italiano, analizzando nei suoi "Quaderni del carcere" perché parte della classe operaia avesse sostenuto il fascismo anziché opporvisi, abbia individuato una chiave interpretativa fondamentale anche per il presente. Gramsci attribuì tale fenomeno all’egemonia culturale, una forma di potere che convince le persone ad adottare idee che altrimenti avrebbero respinto.
Il ruolo chiave delle Università e la lotta culturale negli USA
Jonathan Keeperman, fondatore della casa editrice Passage Press, sostiene che Gramsci "offre un modo per pensare a come la legittimità intellettuale e morale viene mantenuta attraverso pratiche culturali". Una visione che Rufo adotta pienamente, specialmente riguardo al ruolo strategico delle università nella diffusione delle idee dominanti. Proprio per questo, secondo Rufo, Gramsci rappresenta un modello utile per la destra conservatrice americana nella lotta contro la teoria critica della razza, l'ideologia trans e quelle che definisce "istituzioni di istruzione superiore catturate".
Questa battaglia contro l'egemonia culturale attribuita alla sinistra è diventata centrale nella politica educativa del presidente Donald Trump, che è in carica dal 20 gennaio 2025. La Segretaria all'Istruzione Linda McMahon ha avviato lo smantellamento del Dipartimento dell'Istruzione, licenziando metà del personale. Le Università, preoccupate di perdere finanziamenti, hanno eliminato molte iniziative sulla diversità dai loro siti istituzionali. La Columbia University, per esempio, ha perso 400 milioni di dollari di fondi federali dopo essere diventata epicentro di proteste filo-palestinesi. Altre 60 Università affrontano minacce simili.
Anche i media sono diventati un bersaglio privilegiato. La Casa Bianca ha chiesto al Congresso di revocare i finanziamenti alla Corporation for Public Broadcasting, che finanzia le emittenti pubbliche PBS e NPR, considerate troppo orientate a sinistra dall'amministrazione. Una mossa che evoca la critica di Gramsci ai giornalisti italiani del suo tempo, visti come strumenti delle classi dirigenti.
Una prospettiva globale del conflitto culturale
Secondo Rufo e altri osservatori, il nostro tempo presenta somiglianze con gli anni ’20 e ’30 del secolo scorso, quando grandi cambiamenti destabilizzarono governi e società. In quel contesto Gramsci aveva parlato di "interregno": "Il vecchio mondo sta morendo e il nuovo mondo lotta per nascere", scriveva il filosofo sardo.
L'interesse per Gramsci non è limitato agli Stati Uniti. Figure di spicco della destra internazionale, tra cui Giorgia Meloni in Italia, Marine Le Pen in Francia e Jair Bolsonaro in Brasile, hanno apertamente citato l’influenza del pensatore italiano. Anche Javier Milei, presidente libertario argentino, ha dichiarato al commentatore Tucker Carlson di dover «condurre una guerra culturale quotidiana» contro avversari che usano proprio le tecniche gramsciane.
Negli Stati Uniti, l'influenza di Gramsci si è diffusa lentamente, inizialmente attraverso i paleoconservatori che ispirarono Pat Buchanan negli anni ’90. Andrew Breitbart, fondatore di Breitbart News, è stato uno dei primi sostenitori delle teorie gramsciane nella destra americana, spesso citando il celebre assioma gramsciano: "La politica è a valle della cultura".
Scrittori come Curtis Yarvin, influenti nella cerchia del vicepresidente JD Vance, hanno proposto una strategia per la conquista del potere basata proprio sulla cultura, combattuta attraverso "libri, film, opere teatrali e poesie".
Christopher Rufo, premiato con il Bradley Prize per il suo lavoro, è convinto che questa strategia stia già portando frutti concreti:
"Il lavoro che ho svolto negli ultimi cinque anni è diventato l'approccio dominante della destra politica e della stessa Amministrazione Trump. La destra ha bisogno di un Gramsci, e la mia ambizione è servire come architetto della nuova politica di destra".