Una tempesta perfetta in arrivo per Trump tra influenza aviaria ed inflazione che non va via?

La corsa dei prezzi delle uova negli Stati Uniti non accenna a fermarsi. Secondo le ultime stime diffuse dal Dipartimento dell’Agricoltura, gli americani dovranno fare i conti con un rialzo di oltre il 20% nel costo delle uova nel 2025.

Una tempesta perfetta in arrivo per Trump tra influenza aviaria ed inflazione che non va via?
Scarsità di uova in alcuni supermercati americani

Si tratta di un valore nettamente superiore all’incremento previsto per gli alimenti in generale, stimato attorno al 2,2%.

La colpa è di un intreccio di fattori: un’epidemia di influenza aviaria altamente aggressiva, che si innesca in una situazione in cui l’inflazione torna a crescere mentre l’onda lunga della crisi economica innescata dalla pandemia non accenna a scomparire.

L’influenza aviaria e il taglio dell’offerta

Il virus dell’influenza aviaria ha colpito duramente gli allevamenti statunitensi, con un picco tra novembre e dicembre dello scorso anno, quando oltre 17 milioni di galline ovaiole sono state abbattute per bloccare la diffusione del contagio.

Alcuni Stati erano riusciti a evitare le precedenti ondate, ma nuovi focolai sono riemersi in California, Indiana, Missouri, North Carolina e Ohio, causando la morte di almeno 8,3 milioni di animali solo a gennaio 2025.

Questa drastica riduzione degli esemplari produttivi ha portato a una carenza di uova sul mercato e, di conseguenza, a un rapido aumento dei prezzi.

Le ultime rilevazioni del Bureau of Labor Statistics evidenziano come, a dicembre, una decina di uova di grossa taglia sia arrivata a costare in media 4,15 dollari rispetto ai 3,65 dollari del mese precedente.

Alcuni supermercati hanno persino iniziato a limitare il numero di confezioni acquistabili per cliente, nel tentativo di gestire al meglio le proprie scorte e arginare le accaparrate di massa.

Il carovita e la “nuova” insicurezza alimentare

L’impennata del prezzo delle uova non è però un caso isolato. Carne bovina, caffè e succo d’arancia figurano tra i prodotti con i rincari più marcati, riflettendo un’inflazione dei prodotti alimentari che si collega a un più vasto problema di costo della vita.

Molte famiglie che lavorano e hanno redditi medi si trovano a dover ricorrere, per la prima volta, a enti assistenziali e banchi alimentari.

La testimonianza di Kersstin Eshak, insegnante supplente con tre figli e un marito impiegato in un grande magazzino, racconta di come un reddito regolare non basti più a coprire le spese mensili.

Stessa storia nei centri di distribuzione alimentare: molte strutture, come il Flagstaff Family Food Center in Arizona o il Capital Area Food Bank nell’area di Washington, hanno visto schizzare il numero di pasti serviti o confezioni di cibo distribuite oltre ogni precedente record.

L’inflazione galoppante degli ultimi anni ha infatti eroso il potere d’acquisto, e anche i modesti aumenti salariali non bastano a tenere il passo con i prezzi.

Il risultato è che, se una volta la maggiore preoccupazione riguardava i disoccupati, ora la cosiddetta “food insecurity” colpisce una fascia molto più ampia della popolazione, compresi nuclei familiari con redditi di 100-150 mila dollari l’anno.

Dilemmi di politica economica

Dietro il rincaro dei beni di prima necessità si intrecciano anche le politiche monetarie e fiscali che hanno segnato gli Stati Uniti negli ultimi anni.

Le massicce iniezioni di liquidità — quasi 5 mila miliardi di dollari tra il 2020 e il 2021 per sostenere imprese e famiglie contro la pandemia — hanno evitato un tracollo dell’occupazione e permesso una ripresa vigorosa.

Tuttavia, questa stessa ripresa drogata dalla ampia liquidità ha poi contribuito ad alimentare l’inflazione, spingendo la Federal Reserve alla ricerca di un difficile equilibrio: se i tassi di interesse restano troppo alti, si rischia di frenare l’economia e i salari; se vengono abbassati troppo presto, è probabile che l’inflazione riprenda a correre.

La Banca Centrale guidata dal presidente Jerome Powell ha deciso per ora di mantenere i tassi invariati, aspettando un segnale più marcato di rallentamento dei prezzi.

Secondo le stime Fed, a fine 2025 l’inflazione potrebbe attestarsi ancora sopra il 2%, obiettivo dichiarato della Banca Centrale. La conseguenza è che molti stipendi rischiano di non tenere il passo dei costi delle merci primarie in aumento.

Le promesse politiche e le critiche dei democratici

Sul fronte politico, con il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, l’inflazione e il costo dei beni alimentari sono stati temi centrali della campagna elettorale.

Trump ha più volte promesso di abbattere immediatamente il prezzo della spesa al supermercato.

Tuttavia, durante la sua prima settimana da nuovo presidente, si è concentrato prevalentemente su altre misure controverse, come la revisione di alcune politiche migratorie e i provvedimenti di clemenza nei confronti di alcuni protagonisti dell’assalto al Campidoglio del 6 gennaio.

In una dura lettera indirizzata a Trump, la senatrice democratica Elizabeth Warren e diversi colleghi di partito lo accusano ora di non aver mantenuto l’impegno di contrastare i rincari, puntando il dito contro le imprese che, a loro giudizio, approfitterebbero delle emergenze (pandemia o influenza aviaria) per praticare aumenti eccessivi.

Dal canto suo, la nuova Amministrazione difende l’operato del presidente, sostenendo che la priorità resta ridurre l’impatto delle politiche passate che avrebbero “fomentato” l’inflazione.

Il dibattito è però sicuramente destinato a infiammarsi, considerando l’importanza che questo argomento ha avuto in campagna elettorale e che, dopo le elezioni, lo stesso Trump ha riconosciuto quanto sia complicato far scendere i prezzi quando ormai sono stabilmente alti.

Intanto, da più parti si iniziano a chiedere interventi più duri come un eventuale “price-gouging” e misure concrete a sostegno della filiera alimentare, sia per proteggere gli allevatori dalle epidemie come l’influenza aviaria sia per calmierare i prezzi di beni essenziali.

Guardando al 2025, il panorama resta incerto. L’USDA segnala che l’influenza aviaria continuerà a influenzare pesantemente i prezzi delle uova, finché gli allevamenti non si ripopoleranno e il virus non sarà davvero sotto controllo.

Nel frattempo, il rischio è che famiglie con redditi medi o bassi, già provate dai rincari, si trovino a tagliare altri beni o persino a ricorrere più spesso all’assistenza alimentare.

Trump si trova quindi già di fronte ad un banco di prova cruciale: dimostrare di essere in grado di mantenere le promesse elettorali – a partire da quelle sulla spesa alimentare.

Solo così potrà provare a ridare certezze a un Paese che fa ancora i conti con l’insicurezza sul fronte delle scorte di uova e il perdurante malessere del “carovita”.

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