Come Tim Cook ha salvato Apple dai dazi di Trump

Il presidente ha concesso un'esenzione temporanea per alcuni prodotti elettronici fabbricati in Cina, tra cui gli iPhone. L'intervento del CEO di Apple, che ha evitato critiche pubbliche e ha mantenuto un dialogo diretto con Trump, è stato decisivo

Come Tim Cook ha salvato Apple dai dazi di Trump

Il presidente Donald Trump nei giorni scorsi ha temporaneamente esentato dagli ultimi dazi alcuni prodotti elettronici realizzati in Cina, tra cui gli iPhone, dopo una serie di interventi riservati del CEO di Apple, Tim Cook. La decisione, maturata nonostante le opposizioni interne alla Casa Bianca, rappresenta una significativa vittoria per Apple e per altre grandi aziende tecnologiche statunitensi come HP e Dell.

Secondo quanto riportato dal Washington Post, Cook avrebbe parlato direttamente con il segretario al Commercio Howard Lutnick e con altri alti funzionari dell’amministrazione, senza mai criticare pubblicamente le politiche commerciali del presidente. Una strategia prudente, in contrasto con le prese di posizione pubbliche di altri dirigenti aziendali nelle ultime settimane. La decisione di Trump è arrivata nonostante le raccomandazioni contrarie del suo consigliere Peter Navarro, noto sostenitore di una linea dura nei confronti della Cina.

In seguito all’annuncio dell’esenzione, il titolo Apple ha registrato un recupero del 7% in Borsa, anche se in seguito ha perso parte del guadagno. Le ripercussioni economiche dei nuovi dazi – fino al 145% sulle importazioni dalla Cina – avrebbero potuto costringere Apple a vendere l’iPhone Pro a oltre 2.000 dollari, secondo le stime della società di analisi Wedbush Securities.

L’ex segretario al Commercio Wilbur Ross ha commentato il comportamento di Cook sottolineando la sua credibilità agli occhi di Trump: «Tim ha un ottimo rapporto con il presidente e a ragione. Non è uno che si lamenta in pubblico, ma porta argomentazioni concrete». Ross ha evidenziato come Cook abbia saputo mantenere un delicato equilibrio tra la dipendenza produttiva dalla Cina e l'importanza strategica di Apple per l’economia statunitense.

L’esenzione concessa ad Apple si inserisce in un contesto più ampio di crescente pressione su Trump da parte di leader stranieri e dirigenti aziendali, che stanno cercando di ottenere deroghe dai dazi per i propri prodotti. Con l’espansione della guerra commerciale globale avviata dal presidente, molti amministratori delegati hanno intensificato i contatti con la Casa Bianca e con il resort presidenziale di Mar-a-Lago. Tra di loro anche Jensen Huang di Nvidia e Sundar Pichai di Google.

Trump ha espresso riluttanza ad accogliere le richieste individuali delle aziende, rifiutando in particolare l’uso del termine “esenzione”, che a suo avviso avrebbe indebolito le misure tariffarie del suo primo mandato. Tuttavia, nonostante le dichiarazioni ufficiali di continuità e fermezza, la concessione ottenuta da Apple è significativa. «Ho aiutato Tim Cook di recente», ha dichiarato Trump ai giornalisti. «Parlo con Tim Cook».

Un portavoce della Casa Bianca, Kush Desai, ha negato che l’amministrazione abbia concesso esenzioni specifiche per favorire Apple o altre aziende, sottolineando invece l’impegno del governo a promuovere la produzione tecnologica sul suolo statunitense. Secondo Desai, l’esenzione rientra in un’indagine avviata ai sensi della Sezione 232 del codice commerciale americano, focalizzata sulla sicurezza economica e nazionale, e destinata a colpire l'intero settore dell’elettronica.

Apple non ha commentato ufficialmente la vicenda. Tuttavia, secondo osservatori interni, l’efficacia della strategia di Cook – caratterizzata da un’interazione diretta e riservata con il presidente – ha suscitato ammirazione nel mondo imprenditoriale. Già durante il primo mandato di Trump, Cook aveva partecipato a cene private con il presidente, riuscendo a ottenere un ridimensionamento dei dazi sulla Cina.

Nonostante i tentativi di diversificare la catena produttiva verso Vietnam e India, il 90% dei componenti dell’iPhone continua a essere prodotto in Cina, secondo le stime di Wedbush Securities.

Anche altri dirigenti del settore tecnologico, come Mark Zuckerberg e Jeff Bezos, hanno adottato recentemente un approccio simile, incontrando Trump in riunioni riservate a Washington o a Mar-a-Lago. Il cambiamento nei rapporti con il presidente è netto rispetto al passato, quando Trump attaccava pubblicamente le principali figure della Silicon Valley.

Il valore delle esenzioni è stato contestato da diverse voci critiche. Lori Wallach, direttrice del gruppo progressista Rethink Trade presso l’American Economic Liberties Project, ha osservato che le sette nuove voci tariffarie escluse sembrano coincidere quasi esclusivamente con i prodotti Apple. Solo un’ottava modifica, relativa ai macchinari per la produzione di microchip, non avrebbe beneficiato direttamente Apple.

Altri analisti hanno difeso la mossa della Casa Bianca. Daniel Kishi, consulente di American Compass, think tank di orientamento conservatore, ha sostenuto che l’inserimento dei dispositivi elettronici nell’indagine sui semiconduttori è coerente con l’obiettivo di riallineare le diverse autorità commerciali. Senza questo intervento, ha spiegato, le aziende avrebbero continuato a importare dispositivi assemblati, riducendo l’incentivo alla produzione nazionale di semiconduttori.

Secondo Joseph Politano, analista economico di Apricitas Economics, Trump ha finora imposto oltre duemila miliardi di dollari in nuovi dazi, molti dei quali su prodotti che non possono essere prodotti su larga scala negli Stati Uniti, come pomodori e banane. Politano ha anche fatto notare che le console per videogiochi, pur contenendo componenti semiconduttori, non hanno ricevuto alcuna esenzione.

Michael Strain, economista dell’American Enterprise Institute, ha messo in guardia contro un uso eccessivo del potere politico da parte delle grandi imprese, sottolineando come i dazi possano spingere le aziende a dedicarsi più al lobbying che all’innovazione. Alex Jacquez, già funzionario dell’amministrazione Biden e ora al Groundwork Collaborative, ha criticato duramente l’approccio di Trump: «Diventa sempre più evidente che non esiste una strategia coerente dietro queste politiche commerciali. Se sei un CEO, l’unico modo per salvarsi è pagare».

Apple, almeno per il momento, sembra essere riuscita nell’impresa.

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