WSJ: Trump sta stravolgendo l'ordine mondiale costruito dall'America

Mentre il presidente Trump apre a Putin, gli alleati storici degli Stati Uniti iniziano sempre più a considerarli non solo come inaffidabili, ma addirittura come una possibile minaccia alla propria sicurezza nazionale.

WSJ: Trump sta stravolgendo l'ordine mondiale costruito dall'America
Il famoso discorso di John Fitzgerald Kennedy dinanzi al Muro di Berlino: "Ich bin ein Berliner"

Il presidente Trump sta smantellando con sorprendente rapidità l'ordine internazionale che l'America ha creato e sostenuto per 80 anni. Lo afferma una lunga analisi di Yaroslav Trofimov, pubblicata ieri sul Wall Street Journal (WSJ).

Egli afferma iniziando a ritenere che le sue iniziative recenti - dall'imposizione di dazi punitivi contro gli alleati più stretti, al blocco improvviso degli aiuti militari all'Ucraina, fino al congelamento degli aiuti esteri - stiano provocando un profondo riallineamento geopolitico degli Stati Uniti verso la Russia sempre più autoritaria di Vladimir Putin.

Dopo che l'Amministrazione Trump ha interrotto questa settimana gli aiuti militari e la condivisione di intelligence con l'Ucraina, il presidente ha anche minacciato venerdì di imporre ulteriori sanzioni e dazi alla Russia se non si siederà al tavolo dei negoziati.

Tuttavia, a differenza dell’Ucraina che sta già subendo le conseguenze delle decisioni di Trump, in questo secondo caso la minaccia è molto più debole: gli attuali scambi commerciali tra Russia e Stati Uniti sono del tutto marginali, per cui l'effetto di una tale mossa sarebbe vicino allo zero.

Un sistema in frantumi

"Gli Stati Uniti sono stati derubati per decenni da quasi tutti i Paesi del mondo, e non permetteremo più che ciò accada", ha dichiarato Trump nel suo discorso di martedì davanti al Congresso, aggiungendo che è ora di "riconquistare la nostra sovranità".

Queste parole e le mosse che li hanno accompagnati hanno messo subito il resto del mondo alla ricerca di risposte a quello che sembra essere un profondo rimodellamento dell'ordine internazionale, afferma Trofimov.

In questo contesto, i Paesi sino ad ora storicamente alleati dell'America stanno iniziando a considerare gli Stati Uniti di Donald Trump non solo più come un partner inaffidabile, ma addirittura come una vera e propria minaccia alla propria sicurezza nazionale.

Cosi ha dichiarato, ad esempio, senza usare mezzi termini il deputato canadese Yvan Baker, esprimendo un'opinione che sta rapidamente diventando comune anche tra i principali Paesi europei:

"Gli Stati Uniti hanno cambiato schieramento, passando dal sostenere democrazie come il Canada, la Francia, il Giappone, al sostenere dittatori come Putin. Le persone che vivono nei Paesi liberi di tutto il mondo dovrebbero essere molto preoccupate di tutto questo".

Trump ha già colpito il Canada con dazi del 25%, sebbene li abbia poi temporaneamente sospesi. Ha anche sostenuto pubblicamente di volere che il Paese nord americano rinunci alla sua indipendenza e si unisca agli Stati Uniti come 51° Stato.

"Trump che mette in discussione la nostra sovranità e cerca di distruggere la nostra economia segue esattamente il copione di Putin".

L'Europa cerca una nuova strada

Dall’altra parte dell’Oceano, il presidente francese Emmanuel Macron, in un drammatico discorso alla nazione tenuto mercoledì sera, ha invocato un importante programma di riarmo.

Macron ha affermato che l'Europa non può permettere che il suo futuro sia deciso da Washington e Mosca, e che deve prepararsi ad un'America che non è più al suo fianco.

Queste le parole chiave del discorso di Macron:

"Stiamo entrando in una nuova era. La nostra generazione non beneficerà più dei dividendi della pace, e dipende da noi se i nostri figli domani potranno raccogliere i dividendi dei nostri impegni".

Già durante la prima Amministrazione Trump c'era stato un simile umore tra i Paesi alleati, ma alla fine del suo mandato l'alleanza NATO era emersa più forte e la Russia più debole, ha ricordato Matthew Kroenig, direttore dello Scowcroft Center presso l'Atlantic Council di Washington, all'epoca alto consigliere del Pentagono.

Kroenig cerca di gettare acqua sul fuoco di queste preoccupazioni europee:

"Stanno reagendo in modo eccessivo alla retorica e al simbolismo, e non prestano abbastanza attenzione ai risultati concreti sottostanti. Se tra 6 o 18 mesi i nostri alleati della NATO spenderanno di più per le proprie spese militari e ci sarà un cessate il fuoco in Ucraina, sostengo che saremmo in una posizione migliore rispetto a oggi".

Una politica senza freni

A dirla tutta, nella sua prima presidenza, Trump aveva già apertamente messo in discussione il valore delle alleanze e del libero scambio, esprimendo ammirazione per i leader autoritari e disprezzo per le democrazie, in particolare in Europa, fa notare Trofimov.

Ma oggi, praticamente senza opposizione da parte dei membri del suo partito che hanno la maggioranza al Congresso o all'interno della sua Amministrazione, questi impulsi vengono perseguiti con rafforzato vigore e con modalità senza precedenti nella storia recente americana.

Sono, ad esempio, accompagnate da un ingrediente molto più destabilizzante: rivendicazioni americane su territori stranieri, come il Canada, ma anche la Groenlandia, il Canale di Panama e persino la Striscia di Gaza.

"Nel suo primo mandato, Trump credeva che l'America fosse stata ingannata. La sua risposta fu il ridimensionamento", ha detto Michael Fullilove, direttore esecutivo del think tank Lowy Institute in Australia.

"Nel suo secondo mandato, la stessa convinzione lo sta spingendo verso l'esterno. Ora Trump vuole più denaro in cambio di protezione e più territori, ed è pronto a usare la coercizione per ottenerli".

I funzionari dell'Amministrazione Trump si riferiscono frequentemente alla loro politica nell'emisfero occidentale come "Dottrina Monroe 2.0", una nuova incarnazione della pretesa ottocentesca di dominare le Americhe, fa sapere Trofimov.

Il rischio di un nuovo conflitto globale

Mentre Trump afferma di voler cercare la pace globale con i suoi cambiamenti radicali nella politica estera americana, l'esplosiva combinazione del suo neo-mercantilismo e del suo pensiero imperiale in stile XIX secolo potrebbe in realtà spingere il mondo verso una nuova conflagrazione.

Questa ad esempio è l'opinione di Evelyn Farkas, direttrice esecutiva del McCain Institute, che ha servito come vice Segretaria alla Difesa per Russia, Ucraina ed Eurasia sotto il presidente Obama:

"Entrambi gli aspetti della sua politica estera, sia la componente di sicurezza che quella commerciale ed economica, presentano molti pericoli, non solo per gli Stati Uniti ma per il mondo. Stiamo assistendo all'attuazione di azioni che contengono i germi di una potenziale guerra mondiale".

Il drastico cambiamento di Trump non sembra però radicato nell'opinione pubblica americana.

Un recente sondaggio CBS-YouGov ha mostrato che il 52% degli americani sostiene l'Ucraina, contro solo il 4% che sostiene la Russia. La maggior parte degli americani, incluso il 59% dei repubblicani, considera ancora la Russia una potenza ostile o un nemico dichiarato, secondo lo stesso sondaggio.

Un altro sondaggio, di Reuters-Ipsos pubblicato questo mese, ha rilevato che il 50% degli americani disapprova le mosse di politica estera di Trump, e solo il 37% le approva, un calo del 15% nell'approvazione netta da gennaio.

Questo il commento di Farkas:

"Il presidente ha ottenuto il mandato di cercare di fermare la guerra, ma non di togliere il sostegno all'Ucraina, cambiare schieramento, consegnare l'Ucraina alla Russia e adottare una postura di sfere d'influenza nel mondo".

L'eredità americana in bilico

Chiaramente, gli Stati Uniti non sono sempre stati una potenza mondiale benigna negli ultimi otto decenni.

Hanno sostenuto apertamente colpi di Stato e dittature repressive in America Latina, Africa e Asia durante la Guerra Fredda ed hanno invaso ed occupato l'Iraq nel 2003 sulla base di accuse di presenza di armi di distruzione di massa poi rivelatesi false.

Ma quantomeno, per più di un secolo, non hanno tentato di impossessarsi permanentemente del territorio di altre nazioni.

Ed, in una competizione globale contro rivali autoritari, si sono eretti a campioni dei diritti umani e dei valori democratici che hanno messo radici in tutto il mondo sotto la tutela americana, in particolare nelle nazioni che sono state sconfitte nel 1945.

Tuttavia oggi le guerre commerciali di Trump, l'umiliazione del presidente ucraino Volodymyr Zelensky nello Studio Ovale, le minacce al Canada, a Panama e alla Danimarca, le dichiarazioni sul futuro della Striscia di Gaza e l'emarginazione degli alleati europei stanno erodendo questa eredità in tutto il mondo, anche in Asia.

L'immagine dell'America in Asia è cambiata in pochi giorni "da liberatore a portatore di caos a proprietario terriero in cerca di affitto", ha dichiarato il Ministro della Difesa di Singapore, Ng Eng Hen, uno dei partner asiatici più stretti di Washington.

La Cina aspetta e osserva

La domanda principale che questi Paesi alleati asiatici si stanno ponendo è se, dopo aver apparentemente accettato il diritto della Russia a una sfera di influenza in Europa, l'Amministrazione Trump intende cercare anche un'accomodamento simile sopra le loro teste per spartirsi il mondo con il presidente cinese Xi Jinping.

In questo senso, le parole di colui che è stato scelto da Trump per il posto di Sottosegretario alla Difesa con delega alle politiche, Elbridge Colby, hanno sollevato ulteriori perplessità.

Colby ha testimoniato, durante le recenti audizioni di conferma al Senato, che Taiwan, pur essendo molto importante per gli Stati Uniti, non è un "interesse esistenziale" per Washington.

Da parte sua, Trump ha minacciato di imporre dazi anche a Taiwan, come parte delle sue mosse economiche contro i partner commerciali più stretti dell'America.

Così afferma Rush Doshi, studioso del Council on Foreign Relations e dell'Università di Georgetown che ha servito come vice direttore per le questioni riguardanti Cina e Taiwan nel Consiglio di Sicurezza Nazionale di Joe Biden:

"La Cina ha sempre pensato che il maggiore vantaggio asimmetrico dell'America fosse il suo sistema di alleanze, ed ora che gli Stati Uniti stanno alienando i propri alleati, la Cina è più che felice di vedere le tensioni in corso tra Stati Uniti, Europa e Canada. E ovviamente, un America che si ritira nell'emisfero occidentale sarà facilmente surclassata dalla Cina a livello globale".

In questo cambiamento epocale nel mondo causata da un'America sempre più caotica, la Cina sta già cercando - non senza successo - di presentarsi come una forza di stabilità globale, libero scambio e prosperità, afferma Trofimov.

L'inviato speciale della Cina per gli affari europei, Lu Shaye, ha dichiarato mercoledì che è spaventoso il modo in cui Trump ha trattato l'Europa, e ha concordato con i leader europei il fatto che il futuro dell'Ucraina non debba essere deciso solo da Washington e Mosca.

"Gli amici europei dovrebbero riflettere su questo e confrontare le politiche dell'Amministrazione Trump con quelle del governo cinese. Così facendo, vedranno che l'approccio diplomatico della Cina enfatizza la pace, l'amicizia, la buona volontà e la cooperazione vantaggiosa per tutti".

La difficile ricerca di una nuova strada per l’Europa

I governi europei - ben consapevoli del fatto che la Russia è stata in grado di resistere a tre anni di guerra in gran parte proprio grazie al sostegno economico e politico cinese - non sono certo propensi a prendere queste aperture di Pechino alla lettera.

Ma in un nuovo mondo in cui gli Stati Uniti passano da alleato strategico a possibile rivale, un qualche riequilibrio sembra inevitabile.

Le nazioni europee collettivamente sono il più grande partner commerciale dell'America e la più grande fonte di investimenti esteri negli Stati Uniti. Fino ad ora, si sono aggrappate alla speranza che il legame transatlantico che è durato ottant'anni sarebbe in qualche modo sopravvissuto a qualsiasi difficoltà.

Ma le aperture di Trump alle posizioni russe riguardo all'Ucraina nelle ultime settimane hanno infranto questa illusione. A questo proposito, Wolfgang Ischinger, ex ambasciatore tedesco a Washington ed ex presidente della Conferenza sulla Sicurezza di Monaco, ha dichiarato:

"Eravamo abituati a sentire delle sveglie, ma nei giorni scorsi abbiamo ricevuto un vero e proprio elettroshock".

Il risultato è che, in un recente sondaggio dell'emittente francese BFMTV, il 73% degli elettori francesi ha dichiarato di non considerare più gli Stati Uniti un Paese alleato, e il 67% ha sostenuto l'invio di truppe francesi in Ucraina per sorvegliare un cessate il fuoco.

Europa dell'Est: dal sostegno alla disillusione

In nessun luogo il cambiamento di umore è stato più brusco che nell'Europa orientale e centrale, che è stata per decenni tra le parti del mondo più filo americane.

Mentre il pensiero strategico francese, sostenuto da una forza nucleare completamente indipendente, è stato plasmato da quello che Parigi e Londra hanno considerato un tradimento americano avvenuto durante la crisi di Suez del 1956, Paesi come la Polonia o la Repubblica Ceca hanno a lungo attribuito all'America di Ronald Reagan la loro libertà dal giogo sovietico.

L'ex presidente polacco e premio Nobel per la pace Lech Walesa, fondatore del movimento Solidarnosc che ha sfidato il controllo comunista della Polonia nel 1980, ha però messo Trump e il vicepresidente JD Vance in una categoria molto diversa da Reagan.

La scena dell'umiliazione di Zelensky nello Studio Ovale gli ha ricordato "gli interrogatori nelle mani del Servizio di Sicurezza e le aule dei tribunali comunisti", ha scritto Walesa in una lettera firmata da altri 39 ex dissidenti.

Walesa ha aggiunto che anche i giudici e i procuratori comunisti all'epoca "ci dicevano anche che avevano tutte le carte in mano, mentre noi non ne avevamo nessuna".

Un punto di svolta per l'Europa

In questo contesto, scelte esistenziali si profilano nell'immediato futuro per i 500 milioni di europei, la maggior parte dei quali non è ancora preparata ai costi - come tasse più alte e meno welfare sociale - che sarebbero necessari per riarmarsi per far fronte alla dura nuova realtà, come ha affermato Rym Momtaz, analista del Carnegie Endowment con sede a Parigi.

"Questa situazione presenta agli europei una nuova scelta vitale e multigenerazionale: cosa sono in grado di fare? Sono capaci di diventare il quarto polo, in modo da non essere assorbiti nelle sfere di influenza della Russia, degli Stati Uniti? L’alternativa è accettare di non essere in grado di poterlo fare, e allora ci sarà inevitabilmente una nuova divisione dell'Europa in sfere di influenza".

L'Unione Europea a 27 membri - che include l'Ungheria, un Paese apertamente ostile all'Ucraina e allineato con Trump - non sarà sicuramente in grado di svilupparsi in tempi brevi in un attore significativo per la sicurezza nella sua forma attuale, ha affermato Ischinger.

La strada da seguire, suggerisce, è una qualche forma di nuova Unione Europea della Difesa, con un unico mercato industriale della difesa europeo, che dovrebbe una coalizione di Paesi membri dell'UE volenterosi più il Regno Unito e la Norvegia.

Il maresciallo dell'aria in pensione Edward Stringer, ex capo delle operazioni dello staff della Difesa britannica, ha dichiarato che una sorta di "alleanza dell'Atlantico orientale" - possibilmente includendo anche il Canada - potrebbe sostituire la NATO nei prossimi anni.

"L'Europa ha un'opportunità fugace ma senza precedenti per affrontare la sfida posta direttamente e indirettamente da Putin e Trump. Può decidere se mobilitare il suo potere latente e prendere il controllo della sua architettura di sicurezza, o diventare un vassallo di altri."

Germania: un cambio di passo

La più grande economia europea, la Germania, sta certamente già prendendo misure drastiche.

Il cancelliere in pectore della CDU, Friedrich Merz, sta già spingendo per implementare la prossima settimana un cambiamento radicale nella politica di sicurezza del Paese, chiedendo al Bundestag uscente di approvare emendamenti costituzionali per rivedere i limiti al debito pubblico e permettere così a Berlino di spendere centinaia di miliardi di euro in spesa militare.

Finora, circa due terzi della spesa militare europea è andata a finire alle aziende militari americane, un tessuto connettivo cruciale nell'Alleanza Atlantica.

Ma l'improvvisa interruzione degli aiuti militari all'Ucraina da parte di Trump - un Paese che, dicono i leader europei, è impegnato in una guerra esistenziale per la sicurezza stessa dell'Europa - probabilmente spingerà le nazioni europee a dare priorità in futuro all’acquisto di armi che non potrebbero essere limitate o disabilitate da remoto da Washington.

Così afferma, ad esempio, Thorsten Benner, direttore del Global Public Policy Institute di Berlino:

"Abbiamo sempre seguito il principio di sperare nel meglio, ma ora stiamo finalmente preparandoci al peggio: gli Stati Uniti che diventano una potenza apertamente ostile allineata con la Russia. È troppo tardi? Vedremo, ma siamo certamente nella fase finale".

Il futuro dell'ordine mondiale

Nel suo libro di memorie, Dean Acheson, uno dei grandi architetti dell'ordine mondiale post-Seconda Guerra Mondiale, notava il rapido collasso delle potenze mondiali e l'improvvisa scomparsa di antichi imperi.

Lamentava la pericolosa convinzione che nelle relazioni internazionali, "come nella moda femminile e nel design automobilistico, la novità e il cambiamento sono essenziali per la validità e il valore".

Acheson sosteneva l'opposto:

“La semplice verità è che la perseveranza nelle buone politiche è l'unica via per il successo".

Gli Stati Uniti di Trump sembrano aver perso questa bussola. La vera domanda è diventata ora: chi ci guadagnerà da tutto questo?

Se l'indebolimento delle alleanze tra gli Stati Uniti e le altre democrazie finirà per favorire certamente la Cina, alla fine il più grande vincitore di questo riallineamento geopolitico, paradossalmente, potrebbe essere proprio l'Europa.

Questa, ad esempio, è l’opinione dell'Ammiraglio della Marina statunitense in pensione James Stavridis, che ha servito come Comandante Supremo Alleato della NATO:

"Eventi in cui gli Stati Uniti si disimpegnano potrebbero far sì che l'Europa si unisca con volontà e unità, rendendola così una forza molto più importante nelle relazioni internazionali di quanto non lo sia ora".
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