Trump ridefinisce il conservatorismo americano

Sotto la presidenza di Donald Trump, i principi tradizionali del conservatorismo americano vengono messi in discussione: il presidente sta ridisegnando i confini di un movimento che per decenni ha puntato su libero mercato, riduzione delle tasse e governo minimo. Ma cosa resterà dopo di lui?

Trump ridefinisce il conservatorismo americano
White House

Per decenni, il conservatorismo americano si è basato su alcuni principi chiari e condivisi: tasse più basse, libero scambio, un governo il più piccolo possibile e il minor intervento statale nelle attività private. Questi pilastri, che hanno unito generazioni di repubblicani, oggi appaiono sempre più sfocati sotto la presidenza di Donald Trump. Il presidente, con il suo stile personale e le sue scelte politiche, ha stravolto molte delle certezze che definivano il movimento conservatore, aprendo una domanda cruciale: si tratta di una fase temporanea, legata alla sua leadership, o di una svolta permanente?

Dazi e protezionismo: la rottura con il libero scambio

Uno dei punti più controversi è l’uso massiccio dei dazi. Trump non li considera solo uno strumento di negoziazione, ma una leva per punire paesi che non si allineano alle sue politiche. La scorsa settimana, ad esempio, è entrato in vigore un dazio del 50% sulle importazioni dall’India, come ritorsione per l’acquisto di petrolio russo da parte di Nuova Delhi. Ma i dazi non servono solo a colpire i partner commerciali: Trump li usa anche per spingere le aziende a produrre in America, una forma di politica industriale che i conservatori hanno sempre osteggiato.

A maggio, il presidente ha minacciato di imporre un dazio del 25% o più sugli iPhone se Apple non avesse spostato la produzione negli Stati Uniti. Il risultato? Un possibile aumento del prezzo fino a 3.500 dollari per dispositivo. Poco dopo, il CEO di Apple, Tim Cook, si è presentato alla Casa Bianca per annunciare un investimento di 600 miliardi di dollari in quattro anni nel paese. In cambio, Trump ha esentato l’azienda da un dazio del 100% sui chip importati.

Lo Stato imprenditore: dalla critica al "governo minimo" alla partecipazione azionaria

Se c’è una mossa che ha fatto tremare i conservatori del libero mercato, è l’annuncio che il governo federale acquisirà una quota del 10% in Intel, l’azienda di semiconduttori in difficoltà. L’accordo, che rende lo Stato uno dei principali azionisti, è arrivato dopo che Trump aveva chiesto le dimissioni dell’amministratore delegato Lip-Bu Tan, accusandolo senza prove di «conflitto di interessi».

«Se il socialismo è la proprietà statale dei mezzi di produzione, non sarebbe questo un passo verso il socialismo?», ha scritto su X il senatore repubblicano Rand Paul. Paradossalmente, a plaudire alla mossa è stato Bernie Sanders, senatore indipendente del Vermont che si definisce «socialista democratico»: «I contribuenti non dovrebbero elargire miliardi in sussidi alle grandi aziende senza ottenere nulla in cambio».

Trump ha liquidato le critiche come provenienti da «persone stupide» e ha promesso: «Farò affari del genere per il nostro paese tutto il giorno». Il segretario al Commercio, Howard Lutnick, ha confermato che l’amministrazione sta cercando altre aziende in cui investire, soprattutto nel settore della difesa, con Lockheed Martin nel mirino.

Il controllo sulle aziende: da Apple a Coca-Cola, il potere della Casa Bianca

L’influenza di Trump si estende anche alle scelte aziendali. Dopo che il presidente aveva criticato su X il nuovo logo di Cracker Barrel, più snello e moderno, la catena di ristoranti ha annunciato il ritorno al vecchio design con la mascotte in salopette. «Apprezzo la chiamata di stasera con @CrackerBarrel. Hanno ringraziato il presidente Trump per essersi espresso sulla questione del loro logo iconico», ha scritto su X Taylor Budowich, vice capo di gabinetto della Casa Bianca.

Anche Coca-Cola ha ceduto alle pressioni: pochi giorni dopo un post di Trump su Truth Social in cui affermava di aver convinto l’azienda a produrre una versione della bevanda con zucchero di canna americano, il colosso ha annunciato il lancio del nuovo prodotto.

Il futuro del conservatorismo: una parentesi o una svolta?

Per ora, Trump sembra poter fare quasi tutto senza incontrare resistenza. Ma cosa succederà quando non sarà più alla Casa Bianca? Il movimento conservatore tornerà alle sue radici o avrà assorbito per sempre le sue innovazioni? La risposta dipenderà da quanto profondamente il presidente avrà cambiato le aspettative dei suoi elettori e del partito.

Di certo, per i tradizionalisti, il conservatorismo di Trump è sempre più difficile da riconoscere. «Come puoi avere un fondo sovrano quando sei indebitato per 37.000 miliardi di dollari?», si chiede Moore. Eppure, per milioni di americani, il presidente incarna ancora l’idea di un’America forte, anche a costo di rompendo con il passato.

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