Trump impone nuovi dazi alle navi costruite in Cina: fino a 154 dollari per container

La misura, in vigore da ottobre, punta a rilanciare la cantieristica navale statunitense e a contrastare la supremazia cinese nei settori marittimi e logistici. Coinvolti anche gli armatori cinesi di navi costruite altrove.

Trump impone nuovi dazi alle navi costruite in Cina: fino a 154 dollari per container

A partire dall’autunno 2025, le navi costruite in Cina e dirette verso gli Stati Uniti saranno soggette a nuovi dazi. Lo ha annunciato il 17 aprile l’Ufficio del rappresentante per il commercio della Casa Bianca (USTR), nell’ambito di una strategia di contrasto alla crescente influenza della Cina nei settori della cantieristica navale, del trasporto marittimo e della logistica. I nuovi dazi saranno applicati per ciascuna visita negli Stati Uniti – indipendentemente dal numero di porti toccati – e limitati a un massimo di cinque per nave ogni anno.

I dazi riguarderanno non solo le navi costruite in Cina, ma anche quelle di proprietà o gestite da operatori cinesi, anche se fabbricate altrove. Una misura specifica è stata prevista per le navi trasporto veicoli, mentre altre, rivolte ai trasportatori di gas naturale liquefatto (GNL), entreranno in vigore tra tre anni e cresceranno progressivamente nell’arco di ventidue anni.

Secondo quanto riportato nel comunicato dell’USTR, i dazi sulle navi costruite in Cina partiranno da 18 dollari per tonnellata netta o da 120 dollari per container, con un aumento di 5 dollari all’anno nei successivi tre anni. La seconda annualità, ad esempio, vedrà la tariffa salire a 154 dollari per container. Per le navi detenute o operate da soggetti cinesi ma non costruite in Cina, l’imposta sarà di 50 dollari per tonnellata netta, con aumenti annuali di 30 dollari per i tre anni successivi.

Nel caso delle navi trasporto veicoli costruite fuori dagli Stati Uniti, è previsto un costo iniziale di almeno 150 dollari per Car Equivalent Unit (CEU), mentre per le navi GNL si introdurranno restrizioni progressive su base ventennale. Tuttavia, l’USTR ha precisato che qualora un operatore possa dimostrare di aver commissionato un equivalente navale a un cantiere statunitense, potrà beneficiare di una sospensione temporanea dei dazi e delle restrizioni per un massimo di tre anni.

La decisione arriva in un contesto di guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina e si inserisce nella più ampia strategia dell’amministrazione Trump per rilanciare l’industria navale americana, che oggi rappresenta solo lo 0,1% della produzione mondiale, dominata per oltre il 95% da Cina, Corea del Sud e Giappone. Secondo i dati della Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo (Cnuced), la Cina da sola costruisce quasi la metà delle navi immesse ogni anno sul mercato.

L’origine di questa iniziativa risale a un’indagine avviata nel 2024 dall’amministrazione Biden per verificare le “pratiche sleali” della Cina nei settori della cantieristica e della logistica. L’attuale presidente Donald Trump ha mantenuto attiva l’indagine e annunciato, all’inizio di marzo, la creazione di un nuovo Bureau of Shipbuilding direttamente collegato alla Casa Bianca.

Nel comunicato ufficiale, il rappresentante al commercio Jamieson Greer ha affermato che “navi e commercio marittimo sono cruciali per la sicurezza economica degli Stati Uniti e per la libera circolazione dei beni”. L’obiettivo dichiarato è quello di “capovolgere la dominazione cinese”, mitigare i rischi sulla catena di approvvigionamento americana e stimolare la domanda di costruzioni navali domestiche.

Tuttavia, molte preoccupazioni sono già state espresse da una coalizione di federazioni americane, rappresentanti una trentina di settori economici. In una lettera diffusa a marzo, queste organizzazioni hanno sottolineato come l’introduzione di questi dazi potrebbe provocare un aumento dei prezzi dei beni importati. Pur riconoscendo che la misura potrebbe avvantaggiare l’industria navale nazionale, i firmatari hanno messo in guardia rispetto a impatti potenzialmente negativi su vari settori, come quello agricolo e quelli dei servizi e dell’industria manifatturiera, senza però fornire stime quantitative precise.

Le nuove tariffe si inseriscono in un quadro più ampio di politiche protezionistiche adottate dal presidente Trump, che includono l’aumento dei dazi su vari beni importati dalla Cina e l’istituzione di barriere commerciali in altri comparti strategici. Il rafforzamento del settore navale è visto come una leva per ridurre la dipendenza da fornitori stranieri in settori chiave della logistica e dei trasporti, in linea con l’approccio “America First” che ha caratterizzato fin dalla prima presidenza la politica economica di Trump.

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