Trump cerca di rilanciare l'industria del carbone
Il presidente annuncia misure per rilanciare l’industria carbonifera, ma perfino i sostenitori del settore dubitano di un ritorno ai livelli passati

Il presidente Donald Trump ha firmato martedì quattro ordini esecutivi con l’obiettivo di rilanciare il settore del carbone negli Stati Uniti, un’industria in declino da anni per via della concorrenza di gas naturale e rinnovabili e delle normative ambientali sempre più stringenti. Nonostante l’ambizione di promuovere una “rinascita nazionale” del combustibile fossile più inquinante, molti osservatori — incluso parte dello stesso mondo conservatore e industriale — ritengono che le misure avranno un impatto limitato nel lungo periodo.
Durante una cerimonia alla Casa Bianca, Trump ha ribadito il proprio sostegno al carbone, affermando che l’amministrazione Biden lo aveva “abbandonato” e che il suo governo intende invece “porre fine alla guerra contro il carbone pulito e bello”. Tra i presenti c'erano diversi lavoratori dell’industria carbonifera, in un gesto simbolico volto a rafforzare l’immagine del presidente come difensore dei lavoratori tradizionali dell’energia.
Tra le misure annunciate vi è l’apertura di terre pubbliche a nuove concessioni minerarie, la designazione del carbone come “minerale” per facilitarne l’estrazione e la proposta di utilizzarlo per alimentare i data center destinati all’intelligenza artificiale. Inoltre, il Dipartimento dell’Energia sarà incaricato di valutare se il carbone metallurgico — usato nella produzione di acciaio — possa essere definito materiale critico secondo l’Energy Act del 2020, una classificazione che faciliterebbe investimenti in ricerca tecnologica.
Tuttavia, gli analisti restano scettici sull’efficacia di queste misure. “Gli ordini esecutivi possono aiutare nel breve termine a mantenere alcune risorse attive, ma non possono giustificare investimenti a lungo termine in impianti che devono durare decenni”, ha dichiarato un dirigente del settore energetico rimasto anonimo. Lo stesso riconoscimento arriva anche da fonti repubblicane, come la senatrice Shelley Moore Capito, secondo cui le misure “allungheranno l’uso del carbone”, senza però invertire la tendenza.
Le dinamiche di mercato restano infatti il principale ostacolo. Secondo l’Agenzia per l’informazione sull’energia, la produzione di carbone nel 2023 è scesa a meno della metà rispetto al picco del 2008. Il mix energetico statunitense è stato rivoluzionato da gas naturale e rinnovabili, che si sono rivelati più economici e competitivi: eolico e solare hanno superato il carbone nella produzione elettrica nel 2024, mentre il gas naturale è la principale fonte di energia dal 2018.
Anche la struttura degli impianti è un problema: quelli a carbone sono mediamente vecchi, costosi da mantenere e meno efficienti rispetto ai concorrenti. Secondo il think tank Energy Innovation, il 99% degli impianti a carbone è più costoso da gestire rispetto alle alternative rinnovabili. Prima ancora della legge sul clima approvata dai Democratici nel 2022, il 72% degli impianti risultava già antieconomico rispetto a eolico e solare.
Durante il suo primo mandato, Trump aveva già tentato senza successo di rilanciare l’industria carbonifera: la proposta dell’allora Segretario all’Energia Rick Perry di sovvenzionare impianti a carbone e nucleare fu respinta dalla stessa Commissione federale per l’energia, a maggioranza repubblicana.
Ora, l’amministrazione cerca di rimettere in gioco anche la National Coal Council, il cui assetto era stato modificato da Biden per concentrarsi sulle comunità colpite dalla transizione energetica. Il Dipartimento dell’Energia ha inoltre annunciato la disponibilità di 200 miliardi di dollari tramite il programma di reinvestimento nelle infrastrutture energetiche — previsto dall’Inflation Reduction Act — per sostenere anche impianti alimentati a carbone.
Ciononostante, le grandi aziende elettriche non sembrano intenzionate a costruire nuovi impianti a carbone. Gli esperti indicano che, nonostante l’aumento previsto della domanda di elettricità, gli impianti esistenti verranno probabilmente mantenuti attivi solo per periodi di picco, senza una vera ripresa continuativa.
Critiche nette arrivano dalle organizzazioni ambientaliste. Ben Jealous, direttore esecutivo di Sierra Club, ha ricordato che durante il primo mandato di Trump furono chiusi più impianti a carbone rispetto a qualsiasi altra amministrazione. “Non ci tireremo indietro di fronte ai piani pericolosi e letali di Trump”, ha affermato.
Anche tra i sostenitori del carbone si ammette che la rivoluzione energetica degli ultimi anni è stata trainata più dalla tecnologia che dalla politica. “Amo il carbone, ma il vero motivo per cui è scomparso non sono le regole: è stato il gas naturale. È stato il Texas a mettere fuori gioco il carbone”, ha ammesso un consulente energetico a Politico.