Trump annuncia un accordo commerciale con la Corea del Sud

Seul accetta un’imposta del 15% sulle esportazioni e investirà 350 miliardi di dollari negli Stati Uniti. Nessun accordo con l’India, che sarà colpita da dazi del 25%.

Trump annuncia un accordo commerciale con la Corea del Sud
White House

Il presidente Donald Trump ha annunciato mercoledì un accordo commerciale con la Corea del Sud, a meno di 48 ore dalla scadenza del termine fissato dallo stesso presidente per l'introduzione di nuovi dazi generalizzati sulle importazioni. Mentre la Corea del Sud evita così l’imposizione di una tariffa del 25%, l’India non riesce a trovare un’intesa e sarà colpita da nuove misure tariffarie a partire da venerdì.

L’intesa con Seul prevede l’introduzione di un dazio ridotto al 15% sulle esportazioni sudcoreane verso gli Stati Uniti, accompagnata da un impegno di investimento per 350 miliardi di dollari da parte di aziende sudcoreane, sotto direzione della Casa Bianca, e dall’acquisto di 100 miliardi di dollari in energia statunitense. L’accordo è stato annunciato dallo stesso Trump su Truth Social, specificando che il termine del primo agosto “non sarà esteso”.

Secondo i dati federali, la Corea del Sud è il nono partner commerciale degli Stati Uniti. Le trattative con Seul si sono intensificate solo dopo l’insediamento del nuovo presidente sudcoreano Lee Jae Myung, avvenuto il mese scorso. In una dichiarazione su Facebook, Lee ha definito l’accordo come un successo ottenuto “nonostante circostanze difficili”, capace di eliminare l’incertezza sull’export e migliorare la competitività del Paese nel mercato statunitense.

Sebbene si tratti solo di una cornice di accordo, e non di un trattato commerciale formale, l’intesa con Seul porta a undici il numero dei principali quindici partner commerciali degli Stati Uniti con cui l’amministrazione ha raggiunto nuovi accordi. Il segretario al Commercio Howard Lutnick ha inoltre annunciato nella serata di mercoledì la conclusione di accordi anche con Cambogia e Thailandia, portando il totale a diciassette. Solo pochi giorni fa Trump aveva minacciato di sospendere le trattative con entrambi i Paesi in seguito a uno scontro armato al confine, poi rientrato con un cessate il fuoco immediato.

Restano invece più difficili i negoziati con Cina e India. Con Pechino, il segretario al Tesoro Scott Bessent ha comunicato un’estensione della tregua commerciale iniziata ad aprile, evitando misure di ritorsione a breve. Al contrario, con l’India l’amministrazione non ha raggiunto alcun risultato concreto: Trump ha annunciato per venerdì un dazio del 25% sulle esportazioni indiane, con l’aggiunta di una “penalità” non meglio specificata.

Secondo il presidente, la decisione è motivata dal “massiccio disavanzo commerciale con l’India” e dagli acquisti di armi ed energia russa da parte di Nuova Delhi. Trump ha più volte accusato l’India per il suo regime commerciale protezionista: nel 2023 la tariffa media indiana era del 17%, quasi sei volte quella statunitense. L’India è il dodicesimo partner commerciale degli Stati Uniti e ha registrato un surplus di 46 miliardi di dollari nel 2024.

Le trattative tra Stati Uniti e India si sono arenate soprattutto sulla questione delle importazioni agricole: Nuova Delhi rifiuta i prodotti lattiero-caseari provenienti da animali nutriti con derivati animali, pratica comune negli Stati Uniti, e si oppone all’ingresso di colture geneticamente modificate. L’opposizione indiana ha criticato duramente il primo ministro Narendra Modi per il mancato accordo, definendo la politica estera “un fallimento completo”.

L’uso dei dazi come strumento di pressione negoziale è centrale nella strategia della Casa Bianca. Dopo l’annuncio del 2 aprile, denominato “Liberation Day”, il tasso tariffario medio statunitense sarebbe salito al 28%, secondo stime della Budget Lab di Yale. Tuttavia, l’amministrazione ha poi rinviato di tre mesi l’entrata in vigore delle misure per negoziare con i Paesi interessati.

Secondo Bessent, la strategia ha prodotto risultati: “Sembrava che gli Stati Uniti fossero soli contro il mondo”, ha detto a un evento ospitato da Breitbart, “ma ora che abbiamo accordi con i nostri principali partner, abbiamo molta più leva”.

Tra gli strumenti di pressione utilizzati, vi è anche l’assistenza militare: Trump ha considerato il ritiro di decine di migliaia di soldati dalle basi in Europa e Corea del Sud, suscitando preoccupazione tra i Paesi interessati.

Sul fronte macroeconomico, i dati diffusi mercoledì mostrano una crescita del PIL statunitense del 3% nel secondo trimestre, anche se gli analisti avvertono che l’effetto delle dinamiche commerciali potrebbe mascherare una debolezza sottostante. Il tasso di crescita per il primo semestre dell’anno si è attestato all’1,25%, in calo rispetto al 2,3% dello stesso periodo del 2024.

La Federal Reserve ha lasciato invariati i tassi d’interesse, citando preoccupazioni per possibili spinte inflazionistiche legate alla politica commerciale. Nonostante ciò, la Casa Bianca ha definito i nuovi dati una conferma della validità dell’agenda economica del presidente, parlando di una nuova “età dell’oro”.

In vista dell’entrata in vigore dei nuovi dazi, catene di fornitura e consumatori si stanno preparando: il Postal Service ha diffuso avvisi su come conformarsi alle nuove imposte sui beni a basso valore, finora esenti. La Casa Bianca ha anche firmato ordini esecutivi per applicare nuovi dazi su rame e su prodotti provenienti dal Brasile, criticato da Trump per l’inchiesta giudiziaria sull’ex presidente Jair Bolsonaro.

Quanto all’accordo con la Corea del Sud, Lee ha annunciato che dei 350 miliardi di dollari di investimenti, 150 saranno destinati alla cooperazione nel settore navale. La Corea del Sud è il secondo produttore mondiale di navi, dietro alla Cina, e ha proposto la propria industria per rilanciare quella statunitense. I restanti 200 miliardi saranno principalmente prestiti e garanzie commerciali, includendo progetti già avviati sotto l’amministrazione Biden, come la fabbrica di semiconduttori Samsung a Taylor, in Texas.

Sul fronte automobilistico, Seul ha ottenuto dazi al 15%, più bassi dell’iniziale 25% ma comunque penalizzanti. Il governo sudcoreano puntava a una tariffa del 12,5%, ma secondo Kim Yong-beom, capo dello staff del presidente Lee, l’amministrazione Trump non era disposta a scendere sotto il 15%, da applicare “a tutti”. Per semiconduttori e farmaci, invece, la Corea del Sud ha ottenuto il trattamento di “nazione favorita”.

Infine, Seul ha respinto le pressioni statunitensi per aprire ulteriormente il proprio mercato a riso e carne bovina, settori politicamente sensibili. Dopo una fase di crisi interna e il calo dell’export, l’accordo con Washington rappresenta per la Corea del Sud un segnale di ripresa e stabilità commerciale.

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