Trump annuncia il blocco navale contro le petroliere del Venezuela
Il presidente degli Stati Uniti ha ordinato l'intercettazione di tutte le navi sanzionate che trasportano petrolio da e verso il paese sudamericano. L'obiettivo dichiarato è fermare il narcotraffico, ma l'amministrazione punta al collasso del regime di Nicolás Maduro.
Il presidente Donald Trump ha annunciato martedì sera un blocco navale completo contro le petroliere sanzionate che entrano ed escono dal Venezuela. La mossa rappresenta un'escalation della campagna militare in corso da mesi nei Caraibi e segna un cambio di strategia rispetto alle dichiarazioni pubbliche dell'amministrazione americana, che finora aveva presentato l'operazione come una lotta al traffico di droga.
"Il Venezuela è completamente circondato dalla più grande armata mai assemblata nella storia del Sud America", ha scritto Trump sul suo social network Truth Social. "Diventerà ancora più grande e lo shock che subiranno sarà come nulla che abbiano mai visto prima". Il presidente ha aggiunto che il blocco continuerà finché il Venezuela non restituirà agli Stati Uniti "tutto il petrolio, la terra e gli altri beni che ci hanno rubato".
L'annuncio arriva una settimana dopo il sequestro da parte delle forze americane di una petroliera al largo delle coste venezuelane. La nave, chiamata Skipper, trasportava petrolio destinato a Cuba e alla Cina. Un giudice federale aveva emesso un mandato per il sequestro basandosi sul fatto che la petroliera aveva recentemente trasportato petrolio dall'Iran. Secondo il New York Times, nel paese sudamericano operano attualmente più di 30 navi sanzionate dagli Stati Uniti.
La presenza militare americana nella regione è massiccia. Circa 15.000 soldati sono dispiegati nei Caraibi, inclusa la portaerei USS Gerald Ford, la più grande al mondo. Undici navi della Marina statunitense, tra cui diverse navi d'assalto anfibio, sorvegliano le acque. Da settembre le forze americane hanno condotto 25 attacchi aerei contro imbarcazioni nei Caraibi e nel Pacifico orientale, uccidendo almeno 95 persone. Trump ha sempre dichiarato che questi attacchi mirano a fermare il traffico di droga verso gli Stati Uniti.
Ma le vere intenzioni dell'amministrazione sono emerse martedì attraverso un'intervista pubblicata da Vanity Fair a Susie Wiles, capo di gabinetto della Casa Bianca. "Il presidente vuole continuare a far esplodere navi finché Maduro non si arrende", ha dichiarato Wiles. "E persone molto più intelligenti di me su questo argomento dicono che lo farà". Queste parole rivelano che l'obiettivo non dichiarato è provocare un cambio di regime a Caracas.
Il settore petrolifero è il pilastro dell'economia venezuelana. Il paese possiede le più grandi riserve di petrolio al mondo e produce circa un milione di barili al giorno, anche se molto al di sotto della sua capacità a causa delle sanzioni internazionali. Il Venezuela vende l'80% del suo petrolio alla Cina a prezzi scontati sul mercato nero, mentre il 15-17% va negli Stati Uniti attraverso la Chevron, l'unica compagnia americana che opera ancora nel paese con una licenza speciale. Il resto va a Cuba.
L'industria petrolifera venezuelana è stata nazionalizzata negli anni Settanta. All'epoca le compagnie americane Exxon, Mobil, Shell e Gulf Oil persero beni per 5 miliardi di dollari e ricevettero compensazioni per solo un miliardo. Alcune aziende americane tornarono negli anni Novanta, ma Hugo Chávez, diventato leader del Venezuela nel 1999, le costrinse a limitare i loro investimenti a quote di minoranza in joint venture con la compagnia statale Petróleos de Venezuela (PDVSA). Trump ha ripetutamente espresso il desiderio che gli Stati Uniti tornino a controllare il petrolio venezuelano.
L'annuncio ha suscitato reazioni immediate. Il governo venezuelano ha rilasciato un comunicato in cui accusa Trump di "violare il diritto internazionale, il libero commercio e il principio della libera navigazione" con "una minaccia sconsiderata e grave". Il testo afferma che il presidente americano "presume che il petrolio, la terra e le ricchezze minerarie del Venezuela siano di sua proprietà" e annuncia che la questione sarà denunciata alle Nazioni Unite.
Anche al Congresso americano sono emerse forti critiche. Il senatore democratico della Virginia Mark Warner ha chiesto spiegazioni formali, ricordando che solo il Congresso può dichiarare guerra. "Non so quale sia l'obiettivo del presidente nei confronti del Venezuela", ha detto su ABC. "Sappiamo tutti che la storia degli interventi americani in America Centrale e Sud America negli ultimi cento anni non è stata una bella storia". Il deputato democratico del Texas Joaquin Castro è stato ancora più diretto: "Un blocco navale è inequivocabilmente un atto di guerra. Una guerra che il Congresso non ha autorizzato e che il popolo americano non vuole".
La legalità dell'operazione è fortemente contestata. Un blocco navale è considerato un atto di guerra secondo alcuni trattati internazionali. Un memo del Dipartimento di Giustizia del 1961 stabiliva che un blocco è "un atto bellico che, secondo il diritto internazionale, è normalmente giustificato solo se esiste uno stato di guerra, legale o de facto". I giuristi specializzati sostengono che gli attacchi aerei condotti finora potrebbero costituire assassinii extragiudiziali.
Trump ha anche affermato che "il regime venezuelano è stato designato come organizzazione terroristica straniera". In realtà, a novembre l'amministrazione ha designato come tale il Cartel de los Soles, un termine che in Venezuela si riferisce dal 1990 agli ufficiali militari corrotti dal denaro della droga, non a un'organizzazione vera e propria. Il Venezuela non è nella lista dei paesi sponsor del terrorismo.
La questione mette Trump in una posizione politicamente complessa. La base elettorale che lo sostiene è ostile a nuove avventure militari all'estero. Inoltre, l'opinione pubblica americana è attualmente concentrata sul costo della vita e molti ritengono che il presidente abbia fallito su questo fronte nel suo primo anno di mandato. La campagna militare contro il Venezuela, presentata come lotta alla droga ma orientata al cambio di regime, rischia di alienare consensi proprio mentre l'amministrazione affronta crescenti difficoltà economiche interne.