Trump annuncia dazi del 100% sui film prodotti all'estero

Il presidente americano rilancia la proposta protezionista che colpirebbe soprattutto Hollywood. La California ha aumentato gli incentivi fiscali per contrastare la fuga delle produzioni verso paesi più economici

Trump annuncia dazi del 100% sui film prodotti all'estero
Photo by Geoffrey Moffett / Unsplash

Donald Trump torna all'attacco dell'industria cinematografica internazionale. Il presidente americano ha annunciato lunedì 29 settembre sul suo social network Truth Social l'intenzione di imporre dazi del 100% su tutti i film prodotti fuori dagli Stati Uniti e distribuiti sul territorio americano. È la seconda volta che Trump lancia questa minaccia: la prima era stata a maggio, ma era rimasta solo un avvertimento senza conseguenze concrete.

"La nostra industria cinematografica è stata rubata agli Stati Uniti d'America da altri paesi", ha scritto Trump, paragonando il furto a quello di "caramelle a un bambino". Il presidente non ha specificato quando questi dazi entrerebbero in vigore, un dettaglio che mancava anche nell'annuncio di maggio.

La proposta rischia di avere conseguenze devastanti proprio per Hollywood e i grandi studios cinematografici americani. Paradossalmente, la misura pensata per proteggere l'industria nazionale potrebbe danneggiarla gravemente. I maggiori studios come Warner Bros, Disney, Paramount, Universal e Sony producono regolarmente film all'estero per ridurre i costi. Un film americano girato fuori dai confini nazionali resterebbe comunque americano perché finanziato da capitali statunitensi, ma verrebbe colpito dai dazi.

Il declino della produzione cinematografica negli Stati Uniti è un dato di fatto. A Los Angeles, il numero di giorni di tournage ha raggiunto nel 2024 il minimo storico, escludendo il periodo della pandemia. Meno di un film o serie tv su cinque trasmessi negli Stati Uniti è attualmente prodotto in California. La concorrenza arriva da paesi come Regno Unito, Canada, Australia, Nuova Zelanda, Ungheria, Francia, Spagna, Thailandia e Islanda, che offrono incentivi fiscali molto vantaggiosi.

Per contrastare questa fuga delle produzioni, il governatore democratico della California Gavin Newsom ha raddoppiato a giugno i crediti d'imposta per il settore cinematografico e televisivo. Il budget è passato da 330 milioni di dollari a 770 milioni. Trump ha attaccato duramente Newsom su Truth Social, definendolo "debole e incompetente". Il presidente dimentica però che anche due suoi sostenitori a Hollywood, Sylvester Stallone e Jon Voight, avevano chiesto questo aumento degli incentivi fiscali.

L'intera industria del cinema era favorevole all'aumento. La Motion Picture Association, che raggruppa gli studios e Netflix, insieme ai sindacati di attori, registi, produttori e sceneggiatori, aveva fatto pressione per ottenere più vantaggi fiscali. Newsom si era detto pronto a collaborare con Trump per un piano federale da 7,5 miliardi di dollari di crediti d'imposta. La proposta è caduta nel vuoto.

L'applicazione pratica dei dazi appare estremamente complessa. I film moderni vengono spesso prodotti in più paesi: le riprese possono avvenire negli studios di Pinewood a Londra, in Islanda per i paesaggi e a New York per alcune scene. Come calcolare la tassa? In base ai giorni di riprese all'estero? Al budget speso fuori dai confini? La questione resta aperta.

Un altro problema riguarda l'impatto reale della misura. I film non americani hanno rappresentato nel 2024 solo il 4% degli incassi al botteghino negli Stati Uniti. L'egemonia del cinema americano nel mercato interno è schiacciante. Difficile sostenere che le importazioni di film stranieri rappresentino un rischio per la sicurezza nazionale, criterio necessario per emanare un decreto che imponga nuovi dazi.

Il rischio più grave riguarda le possibili ritorsioni. Se altri paesi decidessero di tassare a loro volta i film americani, i danni per Hollywood sarebbero enormi. L'industria cinematografica è tra le più esportatrici degli Stati Uniti e dipende fortemente dai mercati internazionali per i suoi profitti.

L'ostilità di Trump verso Hollywood non è nuova. Il presidente ha sempre considerato l'industria del cinema, a maggioranza democratica, come un covo di oppositori politici. Il conflitto si è intensificato da quando Newsom si è autoproclamato oppositore numero uno del presidente, provocandolo costantemente sui social media.

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