Tribunale annulla i dazi globali di Trump

La Corte del Commercio Internazionale stabilisce che il presidente non poteva introdurre i dazi citando la legge sulle emergenze economiche. L'annullamento colpisce uno dei pilastri della politica commerciale di Trump e apre la strada a possibili rimborsi per le imprese danneggiate

Tribunale annulla i dazi globali di Trump
White House

La US Court of International Trade ha invalidato uno dei principali strumenti della politica commerciale del presidente Donald Trump: i cosiddetti dazi “reciproci” introdotti il 2 aprile con un ordine esecutivo fondato sull’International Emergency Economic Powers Act (IEEPA) del 1977. Secondo la sentenza emessa da un collegio di tre giudici federali, il presidente non ha l’autorità legale per imporre dazi su scala globale usando quella normativa, il cui scopo originario era autorizzare embarghi e sanzioni in situazioni straordinarie, non misure tariffarie generalizzate.

Il verdetto è un significativo ostacolo alla strategia commerciale della Casa Bianca, che ha puntato sulla minaccia di dazi elevati per ottenere concessioni nei negoziati con circa 60 partner commerciali. L’amministrazione ha immediatamente annunciato ricorso e potrebbe chiedere anche una sospensione d’emergenza della sentenza, nel tentativo di preservare l’efficacia della leva tariffaria almeno fino alla scadenza negoziale del 9 luglio.

Secondo la decisione della Corte, gli ordini esecutivi firmati da Trump “sono contrari alla legge”, perché i dazi imposti superano le prerogative conferite al presidente dal Congresso attraverso lo IEEPA. I giudici hanno invalidato dazi del 25% su beni provenienti da Canada e Messico, un’imposizione del 20% sulle merci cinesi e un’ulteriore tariffa del 10% su tutti i partner commerciali statunitensi, ufficialmente giustificati con l’emergenza del traffico di fentanyl e con gli squilibri della bilancia commerciale. Sono stati annullati anche i dazi “reciproci” sospesi, compresi tra il 20% e il 50%, la cui entrata in vigore era prevista per luglio.

La Casa Bianca ha contestato la sentenza. Un portavoce ha dichiarato che “non spetta a giudici non eletti decidere come affrontare un’emergenza nazionale”, ribadendo l’impegno dell’amministrazione a “usare ogni leva del potere esecutivo per ristabilire la grandezza americana”.

Nel corso dell’udienza, i legali del Dipartimento di Giustizia avevano sostenuto che un’eventuale ingiunzione avrebbe “paralizzato il presidente” nel pieno delle trattative con Paesi come Giappone, India e Unione Europea. Ma la giudice Jane Restani ha replicato che la Corte non può consentire al presidente di “fare qualcosa che la legge non gli consente”, anche se ci sono implicazioni politiche.

Il caso era stato sollevato da due fronti distinti: un gruppo di imprese danneggiate dai dazi, guidato dall’importatore vinicolo VOS Selections, e una coalizione di 12 Stati americani a guida democratica, con l’Oregon come capofila. I ricorrenti hanno contestato non solo l’effetto economico delle misure, ma anche l’abuso dei poteri presidenziali. Secondo l’avvocato Jeffrey Schwab, che rappresentava le imprese, l’interpretazione dello IEEPA avanzata dall’amministrazione Trump equivaleva a “una espansione senza precedenti e illegittima dell’autorità esecutiva”.

Il senatore Ron Wyden (Democratico, Oregon) ha commentato positivamente la decisione, affermando che “Trump ha stravolto la Costituzione pur di imporre nuove tasse sui beni importati, con danni a famiglie e imprese”. Analogo entusiasmo è stato espresso dall’Attorney General dell’Oregon, Dan Rayfield, secondo cui “la sentenza riafferma che le leggi contano, e che le decisioni commerciali non possono essere dettate dal capriccio presidenziale”.

Secondo il giurista Ilya Somin della George Mason University, che ha contribuito alla causa legale, il governo potrebbe ora dover rimborsare le tariffe già incassate. Tuttavia, l’amministrazione ha la possibilità di ricorrere ad altri strumenti legislativi, come la Section 232 del Trade Expansion Act del 1962, utilizzata in passato per imporre dazi su acciaio, alluminio e auto con motivazioni legate alla sicurezza nazionale. Ma questi procedimenti richiedono tempistiche più lunghe e consultazioni pubbliche, a differenza dello IEEPA, che consente azioni rapide in casi di emergenza.

Anche se i giudici non hanno indicato un termine preciso per la cessazione della riscossione dei dazi, l’esecutivo ha dieci giorni per completare le procedure burocratiche. La decisione potrebbe alimentare altre cause pendenti nei tribunali federali, come quelle avviate in California e nel Distretto di Columbia, che il Dipartimento di Giustizia vorrebbe trasferire alla Court of International Trade, considerata la sede competente per le controversie tariffarie.

Il verdetto è stato emesso da un collegio composto da tre giudici: Jane Restani, nominata da Ronald Reagan, Gary Katzmann (Barack Obama) e Timothy Reif (Donald Trump).

Commentando la portata della decisione, Everett Eissenstat, ex funzionario della National Economic Council sotto la prima amministrazione Trump, ha affermato che la sentenza “ha un impatto drastico sulla dinamica dell’agenda tariffaria del presidente”. Anche Ted Murphy, avvocato esperto in commercio, ha sottolineato che “non è l’ultima parola” e che la Casa Bianca potrebbe ancora trovare percorsi alternativi per ripristinare parte del regime tariffario.

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