Rischio ritorsioni contro Hollywood nei mercati esteri a causa dei dazi di Trump
L’industria cinematografica americana potrebbe subire gravi perdite se altri paesi rispondessero con dazi sulle esportazioni statunitensi, da cui proviene la maggior parte dei ricavi degli studios

La minaccia del presidente Donald Trump di imporre dazi sulle importazioni di film negli Stati Uniti sta suscitando forte preoccupazione all’interno dell’industria cinematografica americana, che teme possibili ritorsioni nei mercati internazionali. Gli studios di Hollywood ottengono infatti la quota maggioritaria dei propri ricavi dalla distribuzione all’estero, e l’introduzione di misure restrittive potrebbe compromettere seriamente il loro modello di business.
La questione si inserisce in un momento già critico per il settore, ancora alle prese con gli effetti economici della pandemia che ha causato un calo degli incassi al botteghino. Secondo quanto riferito dalla Motion Picture Association (MPA), gli Stati Uniti rappresentano il principale esportatore di film a livello globale, con un valore complessivo delle esportazioni cinematografiche tre volte superiore rispetto alle importazioni. Per questo motivo, eventuali dazi di ritorsione da parte di altri paesi metterebbero a rischio la sostenibilità economica di molte produzioni hollywoodiane.
Gli esempi recenti confermano la centralità dei mercati esteri per gli studios americani. Inside Out 2, prodotto da Disney, è stato il film con il maggiore incasso globale dell’ultimo anno, raggiungendo i 1,7 miliardi di dollari, di cui ben il 61,6% derivante da vendite internazionali. Anche Barbie, distribuito da Warner Bros. Pictures e campione d’incassi dell’anno precedente, ha ottenuto il 56% dei propri ricavi dalla distribuzione fuori dagli Stati Uniti. Questi dati mostrano chiaramente quanto le produzioni americane dipendano dalla performance al botteghino estero.
Nonostante le preoccupazioni del settore, la Casa Bianca non ha ancora fornito indicazioni precise sul funzionamento di un eventuale dazio. In un messaggio pubblicato su Truth Social, il presidente Trump ha parlato di film “provenienti nel nostro Paese ma prodotti in Terre Straniere”, senza però chiarire i criteri con cui tali film verrebbero identificati. Il portavoce della Casa Bianca Kush Desai ha dichiarato ad Axios che “non ci sono decisioni definitive” in merito, ma ha sottolineato che l’Amministrazione sta valutando “tutte le opzioni per realizzare la direttiva del presidente Trump di salvaguardare la sicurezza nazionale ed economica del nostro paese, rendendo allo stesso tempo Hollywood di nuovo grande”.
Una delle principali ambiguità riguarda la definizione stessa di “produzione all’estero”: molte pellicole hollywoodiane, infatti, sono solo parzialmente girate o montate fuori dagli Stati Uniti, ricorrendo a manodopera estera per scenografia, costumi o post-produzione, pur essendo in parte realizzate sul suolo americano. La distinzione tra ciò che è considerabile “prodotto all’estero” e ciò che non lo è potrebbe avere implicazioni significative sul tipo di dazio eventualmente applicato.
Un ulteriore punto critico riguarda le modalità di tassazione. Un dazio sui costi di produzione all’estero comporterebbe effetti diversi rispetto a un’imposta sugli incassi al botteghino. Inoltre, le possibili conseguenze non si limiterebbero al cinema tradizionale: anche le piattaforme di streaming come Netflix, che distribuiscono contenuti locali di altri paesi al pubblico statunitense, potrebbero essere coinvolte, creando ulteriori ostacoli alla circolazione dei contenuti e alla redditività dei servizi digitali.
L’incertezza normativa potrebbe indurre gli studios a congelare i progetti con componenti produttive internazionali, in attesa di chiarimenti. Questo tipo di reazione rischierebbe di ridurre ulteriormente l’offerta di nuovi film, indebolendo il mercato cinematografico globale in un periodo già fragile.
Attualmente, gran parte della produzione cinematografica avviene fuori dagli Stati Uniti, in paesi come il Regno Unito, il Canada e varie nazioni europee, che offrono generosi incentivi fiscali. Di fronte a questa dinamica, il governatore della California Gavin Newsom ha proposto di raddoppiare il credito d’imposta statale per attrarre nuovamente le produzioni sul territorio californiano. Altri attori politici e del settore, come Jon Voight, hanno suggerito l’introduzione di un credito d’imposta federale per favorire la permanenza delle attività produttive all’interno del Paese.