Politico: in che modo Trump potrebbe ottenere un terzo mandato da presidente?

Politico analizza le prospettive costituzionali e legali per un presidente che non voglia cedere il potere e restare presidente per un terzo mandato, nonostante il XXII Emendamento.

Politico: in che modo Trump potrebbe ottenere un terzo mandato da presidente?
Fonte: Grok

Il 20 gennaio 2025, Donald Trump ha prestato nuovamente giuramento come presidente degli Stati Uniti, inaugurando il suo secondo mandato dopo la sua chiara vittoria elettorale del 2024.

Il mandato è appena iniziato, eppure su Politico si discute già di una ipotesi che a prima vista sembra assurda: quella che Trump possa ricandidarsi per un terzo mandato nel 2028, aggirando o forzando il limite di due mandati consecutivi sancito in maniera chiara dal XXII Emendamento della Costituzione statunitense.

La forza del XXII Emendamento

Il XXII Emendamento stabilisce inequivocabilmente che nessuno possa “essere eletto” presidente più di due volte:

"Nessuno potrà essere eletto più di due volte alla carica di Presidente e nessuno, che abbia occupato tale carica o svolto le funzioni di Presidente per più di due anni durante il mandato di un altro Presidente, potrà essere eletto più di una volta alla carica presidenziale. Questo Articolo non si applica a chi era in carica al momento in cui l'Articolo stesso è stato proposto dal Congresso e non impedirà a chi abbia la carica di Presidente o eserciti le funzioni di Presidente nel periodo che occorre perché l'Articolo entri in vigore, di mantenere la carica di Presidente o di facente funzione per l'intero periodo suddetto".

La sua adozione, avvenuta nel 1951 in risposta alla lunga presidenza di Franklin D. Roosevelt durata per 4 mandati, sembrerebbe, dunque, bloccare sul nascere qualsiasi velleità di un terzo mandato.

Eppure, la storia politica mondiale insegna che i leader dotati di forte personalità e ampio seguito nella propria base elettorale, quando temono di perdere privilegi e protezioni legali, possono tentare strade creative pur di restare al potere.

In effetti, il testo del XXII Emendamento impedisce a Trump di “essere eletto” una terza volta, ma non precisa se e come si possa impedire a qualcuno di assumere di nuovo la presidenza attraverso altre strade.

Da qui l’ipotesi, già evocata da alcuni sostenitori di Trump, di lasciarlo presentare come candidato vicepresidente in ticket con un candidato presidente “fittizio”, per poi subentrargli subito dopo l’elezione.

Secondo molti costituzionalisti, questa possibilità – per quanto controversa e potenzialmente esplosiva – non sarebbe esplicitamente vietata.

A complicare il quadro c’è però il XII Emendamento, che stabilisce l’inammissibilità come vicepresidente di chi non sia “costituzionalmente idoneo a ricoprire la carica di presidente”.

"Chi sia costituzionalmente non idoneo alla carica di Presidente, non sarà eleggibile neppure a quella di Vicepresidente degli Stati Uniti".

La questione legale, in questo caso, è capire se un presidente al secondo mandato sia formalmente “non idoneo” o semplicemente “non eleggibile” per un terzo mandato.

La Corte Suprema e i precedenti di altre nazioni

Da Erdogan a Putin, i casi di leader autoritari che hanno eluso o scardinato i limiti costituzionali nel mondo pur di rimanere al potere non mancano di certo, sebbene gli Stati Uniti possano contare su istituzioni più solide e consolidate.

Gran parte dell’esito di un’eventuale battaglia legale attorno al XXII Emendamento passerebbe attraverso la Corte Suprema, che potrebbe doversi pronunciare su scenari mai immaginati prima d'ora.

Basti pensare a cosa accadrebbe se il Partito Repubblicano, sotto la fortissima influenza di Trump, decidesse di candidarlo apertamente per un terzo mandato nel 2028, dando vita a cause legali negli Stati più inclini a bloccarne la candidatura.

Il rischio, in un clima di alta polarizzazione, è che i giudici della Corte Suprema si possano trovare costretti a scegliere tra la fedeltà al testo costituzionale e la legittimazione della volontà degli elettori del suo partito.

I precedenti degli ultimi anni hanno già messo in luce quanto la Corte Suprema – oggi a chiara maggioranza conservatrice – possa mostrarsi prudente quando si tratta di imporre divieti drastici sulle candidature.

Le vicende legate al presunto “ostacolo costituzionale” del XIV Emendamento, invocato contro Trump dopo i fatti del 6 gennaio 2021, hanno già evidenziato la riluttanza dei giudici della Corte Suprema a rimuovere un candidato dalla scheda elettorale.

Se tutti i tentativi di escluderlo dalla corsa del 2024 non hanno trovato terreno fertile, è legittimo ipotizzare uno scenario simile di fronte all’ipotesi di un terzo mandato, anche se in questo ultimo caso il dettato costituzionale sembra a prima vista molto più chiaro.

Incentivi, timori e voglia di restare al potere

Trump ha più volte suggerito, talvolta scherzando – ma talvolta anche no – l’idea di un suo terzo mandato. Le motivazioni possibili non mancano.

Oltre al prestigio politico ed al puro piacere di esercitare il potere, c’è anche una questione legale: l’ultimo ciclo elettorale si è infatti intrecciato con procedimenti giudiziari che, solo una volta divenuto presidente Trump ha potuto arginare.

La dottrina del Dipartimento di Giustizia per cui un presidente in carica non può essere incriminato, nonché alcune sentenze recenti della Corte Suprema sulla immunità presidenziale, hanno di fatto congelato – o fortemente ridimensionato – buona parte delle grane giudiziarie che lo riguardano.

L’idea di continuare a godere dello scudo presidenziale oltre il gennaio 2029 rappresenta, di conseguenza, un fortissimo incentivo per Trump per restare al suo posto anche dopo la fine del suo secondo mandato.

Allo stesso tempo, però, la sua età avanzata (82 anni nel 2029) pone un chiaro limite a queste ipotesi: alla fine Trump potrebbe semplicemente preferire ritirarsi alla fine del suo secondo mandato per godersi in pace la vecchiata, perlomeno nel caso in cui non vi sia più il rischio concreto di finire in carcere.

Il rischio di una svolta extra-costituzionale

Fra gli scenari più drammatici ipotizzati nell'analisi di Politico c’è però anche quello di un rifiuto di cedere il potere senza neanche passare per un’ulteriore elezione.

Se è vero, infatti, che la Costituzione non prevede un meccanismo legale per rinviare il voto, un presidente intenzionato a forzare la mano potrebbe dichiarare la legge marziale per un’emergenza nazionale, o appigliarsi a un grave conflitto internazionale, come pretesto per sospendere il processo elettorale.

Al netto della robustezza del sistema americano, i precedenti del 2020 con accuse di brogli basate sul nulla ed un tentativo concreto di cercare di ribaltare l’esito del voto popolare finito con una fallita insurrezione al Campidoglio da parte dei supporter di Trump, dimostrano come anche negli Stati Uniti la tenuta della democrazia possa venire messa a dura prova da crisi interne.

Nel frattempo, lo zelo con cui la nuova Amministrazione Trump sta già sostituendo figure chiave nel governo federale, rafforzando la fedeltà interna e riducendo al silenzio i vertici delle agenzie indipendenti, è rivelatore di un altro potenziale pericolo: più potere concentra la Casa Bianca, più debole potrebbe risultare la resistenza istituzionale di fronte a future manovre borderline.

Una questione da non ignorare

Sostenere oggi che gli Stati Uniti possano trovarsi con un presidente eletto per la terza volta nel 2028 potrebbe, a prima vista, sembrare fantapolitica. Eppure questa ipotesi non va neanche liquidata semplicemente con un sorriso: la storia recente insegna, infatti, che negli ultimi anni molti limiti costituzionali un tempo considerati invalicabili, sono stati già erosi o rivisti.

Il presidente Trump, con il suo ampio seguito tra la base elettorale repubblicana e la sua propensione a interpretare la legge in modo disinvolto, è l’emblema di questo rischio: la verità è che la Costituzione può sopravvivere solo se le persone e le istituzioni incaricate di difenderla scelgono davvero di farlo.

Nel 2029, dunque, l’America potrebbe risvegliarsi con una terza inaugurazione di Trump, o assistere a un pacifico passaggio di testimone. Quel che appare certo è che il XXII Emendamento, da solo, non garantisce di per sé in maniera piena e sicura la fine della "seconda era Trump”, conclude Politico.

Per arrivare a questo, dalla Corte Suprema alle forze di polizia, fino all’opinione pubblica, tutti i principali attori costituzionali dovranno essere pronti a far valere i princìpi cardine della democrazia, se e quando questi dovessero essere davvero messi alla prova negli anni a venire.

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