Perché Israele ha attaccato senza l'appoggio americano
Tel Aviv ha lanciato un attacco militare unilaterale contro obiettivi iraniani, nonostante l’opposizione della Casa Bianca. Washington prende le distanze, ma resta allerta per eventuali ritorsioni.

Israele ha deciso di colpire adesso, con o senza il consenso degli Stati Uniti. Il governo guidato da Benjamin Netanyahu ha lanciato un attacco militare contro obiettivi in Iran, nonostante l'opposizione espressa dal presidente Donald Trump. A scriverlo è Tom Bateman, corrispondente da Washington per la BBC.
Il presidente Trump aveva chiesto al primo ministro israeliano di attendere, lasciando spazio ai negoziati sul nucleare in corso tra Washington e Teheran. Tuttavia, le autorità israeliane hanno ritenuto che il contesto regionale offrisse un’occasione favorevole per colpire. Israele ritiene che l’Iran si trovi in una fase di particolare vulnerabilità, dopo l’indebolimento di Hezbollah in Libano nel 2024. Viene meno così un importante elemento deterrente e, secondo Netanyahu, il momento per agire era adesso, anche senza l’appoggio statunitense.
Poco dopo la diffusione delle notizie sull’attacco, il segretario di Stato Marco Rubio ha diffuso una nota stringata, in cui ha preso le distanze dall’azione di Israele, definendola “unilaterale”. “Non siamo coinvolti nei raid contro l’Iran e la nostra priorità è proteggere le forze americane nella regione”, ha dichiarato Rubio. Ha aggiunto che Israele aveva informato gli Stati Uniti ritenendo l’attacco “necessario per la propria autodifesa”.
Come spiega Bateman, la Casa Bianca sta cercando di mantenere una posizione pubblica di distacco dall’azione militare, segnalando l’intenzione di non lasciarsi coinvolgere direttamente. Una dinamica simile si era verificata nel 2024, quando Israele aveva ampliato il conflitto nella regione e gli Stati Uniti avevano cercato di contenerne gli effetti senza parteciparvi attivamente.
Nelle ore precedenti l’attacco, fonti ufficiali statunitensi avevano comunicato che non vi sarebbe stato alcun tipo di supporto americano, nemmeno per operazioni di rifornimento aereo. Questo messaggio, osserva Bateman, era indirizzato a Teheran, con l’obiettivo di dissuadere eventuali ritorsioni contro installazioni militari statunitensi in Medio Oriente.
Non è chiaro se le dichiarazioni di Rubio riflettano una tattica per evitare rappresaglie contro le forze americane oppure se rappresentino il segnale di un effettivo deterioramento dei rapporti tra Trump e Netanyahu. È comunque significativo che il segretario di Stato non abbia menzionato alcun impegno degli Stati Uniti a sostenere Israele in caso di contrattacco iraniano, un elemento che tradizionalmente compare nei comunicati ufficiali americani in situazioni simili.
Dal canto suo, Israele ha parlato di “piena e completa coordinazione” con Washington, ma questa affermazione non ha trovato finora conferma ufficiale da parte della Casa Bianca. L’unico punto esplicito contenuto nella dichiarazione di Rubio è un avvertimento diretto all’Iran: “Sia chiaro: l’Iran non deve colpire interessi o personale degli Stati Uniti”.
Questa affermazione potrebbe contribuire indirettamente alla difesa di Israele, perché un eventuale contrattacco iraniano contro obiettivi israeliani potrebbe spingere gli Stati Uniti a intervenire. Episodi analoghi si sono già verificati nel 2024, con Washington costretta a reagire dopo attacchi indiretti contro le proprie forze. Questa volta, però, tutto sembra essersi svolto in modo più rapido e meno coordinato rispetto al passato. Non si è avuta la stessa preparazione condivisa con gli alleati che aveva preceduto le crisi regionali dello scorso anno. L’azione militare israeliana è stata decisa e attuata in tempi molto ristretti, aumentando il rischio di un’escalation incontrollata.
Le prossime ore saranno quindi decisive per comprendere se gli Stati Uniti manterranno la posizione di distacco o se saranno costretti a rivederla. Intanto, l’operazione israeliana ha già prodotto effetti significativi: sono stati colpiti siti legati al programma nucleare iraniano e alcuni comandanti militari di alto livello, tra cui Hossein Salami, capo delle Guardie Rivoluzionarie, ucciso nei raid.
In un videomessaggio, Netanyahu ha rivendicato l’operazione, battezzata Operazione Leone Ruggente, affermando che Israele ha agito per colpire le infrastrutture nucleari e militari iraniane. Le immagini provenienti da Teheran mostrano esplosioni e incendi nella notte, mentre sui mercati globali si registra già un’impennata dei prezzi del petrolio.