Negli Stati Uniti si costruisce di più dove governano i Repubblicani

Il divario tra stati a guida conservatrice e progressista si amplia: mentre Texas e Florida crescono grazie a edilizia e rinnovabili, California e New York perdono popolazione e rappresentanza politica per la loro incapacità di costruire case, infrastrutture e impianti energetici.

Negli Stati Uniti si costruisce di più dove governano i Repubblicani
Immagine creata dall'intelligenza artificiale. Fonte: ChatGPT

Negli Stati Uniti, il dibattito sulle politiche di sviluppo divide sempre più nettamente gli stati a guida progressista da quelli a guida conservatrice. Una linea di frattura evidente emerge nella capacità – o nella volontà – di costruire abitazioni, infrastrutture, impianti energetici e stabilimenti industriali.

È quanto sostiene Noah Smith, economista e autore del blog "Noahpinion", che rilancia il tema con un’analisi aggiornata sulle conseguenze politiche e sociali delle scelte urbanistiche negli stati “blu” rispetto a quelli “rossi”.

Secondo Smith, il fallimento degli stati blu nell'affrontare l'emergenza abitativa, la transizione energetica e lo sviluppo industriale non solo alimenta crisi sociali come l’aumento dei senzatetto, ma mina anche la competitività economica e la rappresentanza politica di lungo termine. A causa dell’emigrazione interna, stati come California e New York sono destinati a perdere seggi alla Camera dei Rappresentanti entro il 2030, mentre stati come Texas e Florida ne guadagneranno, rispecchiando il crescente afflusso di popolazione.

La ragione principale di questi spostamenti, spiega Smith, non risiede tanto nelle tasse o nel clima, quanto nel costo della vita, trainato soprattutto dai prezzi delle abitazioni. In stati come la California, la scarsità di nuove costruzioni residenziali ha gonfiato il mercato immobiliare, spingendo fuori le fasce medio-basse della popolazione e persino molti lavoratori ben retribuiti. Il Texas, al contrario, ha facilitato lo sviluppo edilizio, contenendo i costi abitativi e attirando nuovi residenti da tutto il paese.

Il problema, sottolinea Smith, è di natura culturale e politica: mentre nei red states prevale una visione permissiva nei confronti dello sviluppo, gli stati blu sono ostacolati da una fitta rete normativa, spesso aggravata da movimenti NIMBY (Not In My Backyard) che, pur dichiarandosi ambientalisti, bloccano sistematicamente progetti abitativi ed energetici. In California, per esempio, leggi come il CEQA (California Environmental Quality Act) sono frequentemente usate per ostacolare la costruzione di impianti solari, nonostante il forte impegno dello stato nella transizione verde.

Proprio sul fronte dell’energia rinnovabile, il confronto diventa emblematico. Il Texas, pur retoricamente legato all’industria fossile, è diventato uno dei leader nella produzione di energia eolica e solare. Il 31% della sua rete elettrica proviene oggi da fonti rinnovabili (41% se si include il nucleare). Anche la Florida sta rapidamente aumentando la capacità solare. Al contrario, nonostante i numerosi incentivi e piani ambientali, stati come New York e Illinois risultano ancora in ritardo.

Le ragioni? Permessi più semplici, tempi di approvazione rapidi, costi di manodopera contenuti e una cultura meno ostile allo sviluppo nei red states. In Texas, osserva Smith, “non c’è bisogno di chiedere permesso”. In California, invece, ogni progetto deve superare ostacoli legali, proteste locali e valutazioni ambientali complesse.

Questo squilibrio ha effetti tangibili anche sull’industria. Le politiche industriali dell’amministrazione Biden, come l’Inflation Reduction Act e il CHIPS Act, miravano a rilanciare la manifattura statunitense e l’energia verde. Tuttavia, la maggior parte dei nuovi investimenti in fabbriche e impianti sta confluendo negli stati rossi, che offrono condizioni più favorevoli alla costruzione. Gli stati blu, pur essendo centri economici vitali come California e Massachusetts, risultano praticamente esclusi da questo rilancio industriale.

Il quadro si completa con i dati sulla crisi dei senzatetto. Dal 2007 al 2023, il fenomeno è drasticamente aumentato in California e New York, mentre negli altri stati, in media, è diminuito. Studi citati da Smith indicano che l’alto costo degli alloggi, e non fattori come il clima o la salute mentale, è il principale motore dell’emergenza. Città come Houston e Austin, grazie a politiche edilizie espansive, hanno mantenuto bassi i prezzi degli affitti e contenuto il numero di senzatetto, nonostante la crescita demografica e l’arrivo di nuovi lavoratori del settore tecnologico.

La situazione attuale, secondo Smith, è il risultato di decenni di politiche che hanno privilegiato la conservazione e il controllo rispetto alla crescita e alla trasformazione. Una scelta che, oggi, rischia di compromettere la vitalità economica e sociale di intere regioni del paese. Senza una svolta verso politiche di “abbondanza”, capaci di conciliare sviluppo e sostenibilità, gli stati blu rischiano di perdere il ruolo guida nella costruzione del futuro americano.

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