L'impatto dei dazi di Trump potrebbe essere pesante per l'Europa

Le nuove minacce tariffarie del presidente Trump colpiscono un ampio ventaglio di Paesi. Anche se i mercati reagiscono con cautela, gli effetti per alcuni settori potrebbero essere molto gravi, in particolare in Europa.

L'impatto dei dazi di Trump potrebbe essere pesante per l'Europa
White House

A quattro mesi dalle prime dichiarazioni sulla reintroduzione di massicci dazi commerciali, la politica tariffaria del presidente Donald Trump rimane opaca ma carica di potenziale distruttivo. Il 14 luglio, il presidente ha rilanciato la sua strategia con un nuovo pacchetto di misure minacciose, indirizzando un’ondata di lettere che preannunciano, a partire dal 1° agosto, dazi fino al 50% per alcuni Paesi, tra cui il Brasile, e al 30% per partner commerciali fondamentali come Canada, Messico e Unione europea.

Nel complesso, si tratterebbe di dazi pari o superiori a quelli annunciati il 2 aprile — una data che l’amministrazione ha ribattezzato simbolicamente “giorno della liberazione”. I negoziati avviati da allora sembrano non aver prodotto risultati tangibili.

L’impatto immediato di queste minacce, almeno sui mercati finanziari, è stato contenuto. Il CAC 40 ha perso appena lo 0,27% e il DAX 30 lo 0,39%, segno che gli investitori non attribuiscono ancora piena credibilità alla strategia americana. Lo conferma Thierry Mayer, docente a Sciences Po e consigliere scientifico del Centre d'études prospectives et d'informations internationales, secondo cui l’efficacia intimidatoria di Trump “è sempre meno credibile”.

Sven Jari Stehn, economista di Goldman Sachs, interpreta le nuove mosse della Casa Bianca come una tattica negoziale. Secondo lui, lo scenario più probabile rimane quello di un accordo che mantenga in vigore i dazi esistenti, ma anche questa ipotesi implicherebbe un cambiamento strutturale delle relazioni commerciali tra Stati Uniti e Unione europea.

Stehn prevede infatti che, anche in caso di compromesso, i dazi americani verso l’UE saliranno in media al 16%, rispetto al 3% precedente al ritorno di Trump alla Casa Bianca. Alcuni settori già colpiti — come l’alluminio, l’acciaio e l’automotive, soggetti a dazi del 25% — verrebbero affiancati da nuove categorie, tra cui i “beni critici” come i prodotti farmaceutici. Una simile impennata tariffaria sarebbe senza precedenti, secondo Mayer.

Tuttavia, l’impatto non sarà uniforme su tutta l’economia europea. Come precisa Mayer, “le esportazioni rappresentano un terzo del PIL francese, e solo il 13% di esse è diretto verso gli Stati Uniti. Di conseguenza, i dazi americani toccherebbero solo il 4% del PIL”. Ma alcuni comparti specifici risentirebbero molto più duramente della nuova politica commerciale. Tra questi, i produttori di vino e i fornitori di componentistica per l’aeronautica.

Il settore più esposto resta però l’automotive, al centro della strategia di rilocalizzazione produttiva promossa da Trump. Basandosi su dati storici, Mayer ha simulato gli effetti di dazi del 25% sull’automobile. Il risultato: un calo della produzione del 22% in Canada e del 19% in Messico. La Corea del Sud sarebbe il Paese più colpito a livello globale, con una riduzione del 25%. In Europa, Svezia e Italia registrerebbero rispettivamente un calo del 13% e del 7%. Ma in termini assoluti, la Germania sarebbe la più penalizzata, con una perdita stimata di oltre 200.000 veicoli prodotti.

Di contro, l’industria statunitense dell’auto potrebbe beneficiare enormemente di tali misure, con una crescita della produzione stimata al 32%. Questo conferma l’obiettivo della Casa Bianca: riportare la manifattura negli Stati Uniti sfruttando la leva tariffaria.

La stessa simulazione prevede però anche un secondo scenario, in cui altri Paesi rispondano con misure di ritorsione — imponendo dazi del 25% sulle esportazioni statunitensi di auto. In questo caso, le perdite tedesche si ridurrebbero quasi della metà, grazie all’effetto di sostituzione sui mercati internazionali. I produttori stranieri, infatti, riuscirebbero a compensare la minore presenza americana guadagnando nuove quote di mercato.

Per Mayer, questo risultato suggerisce una linea d’azione chiara: “L’Unione europea deve mostrarsi dura con Donald Trump. Può non replicare subito, per lasciare spazio ai negoziati, ma deve essere pronta a una risposta forte, anche a costo di aggravare la situazione di alcuni esportatori, che andrebbero poi compensati”.

Focus America non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n° 62 del 7.03.2001.