La libertà di stampa peggiora negli Stati Uniti sotto Trump

Reporters sans frontières retrocede gli Stati Uniti al 57º posto nel suo indice annuale, denunciando ostilità crescente verso i media, tagli ai finanziamenti pubblici e smantellamento delle istituzioni d'informazione

La libertà di stampa peggiora negli Stati Uniti sotto Trump

Il ritorno del presidente Donald Trump alla Casa Bianca ha coinciso con un marcato peggioramento della situazione della libertà di stampa negli Stati Uniti, secondo quanto rilevato da Reporters sans frontières (RSF) nel suo nuovo rapporto annuale. L’organizzazione colloca gli Stati Uniti al 57º posto su 180 paesi, una retrocessione di due posizioni rispetto all’anno precedente, ponendoli ora dietro alla Sierra Leone.

Secondo RSF, l'amministrazione Trump si è distinta per un’azione sistematica contro i media. La direttrice editoriale dell’organizzazione, Anne Bocandé, ha dichiarato all’Agence France-Presse che "la situazione non era già rosea" dopo una perdita di dieci posizioni nel 2024, ma ha subito un ulteriore peggioramento dall’inizio del secondo mandato presidenziale, ufficializzato a gennaio. Tra le cause principali ci sono gli attacchi quotidiani contro la stampa, la politicizzazione delle istituzioni, la marginalizzazione dei giornalisti e il calo di fiducia da parte del pubblico nei confronti dei media.

Particolarmente critico è il bilancio relativo ai media pubblici statunitensi. RSF denuncia il tentativo di smantellare le principali emittenti pubbliche operanti all’estero, come Voice of America, con conseguenze per più di 400 milioni di persone che rischiano di perdere l’accesso a fonti d’informazione ritenute affidabili. A questo si aggiunge il decreto firmato giovedì dal presidente Trump che sopprime i finanziamenti federali a NPR e PBS, accusate di diffondere "propaganda woke".

Le ripercussioni si estendono anche alla dimensione internazionale. RSF segnala che il blocco dei fondi destinati all’aiuto internazionale tramite l’agenzia Usaid ha messo in ginocchio centinaia di media, in particolare in paesi come l’Ucraina, costringendoli a chiudere per mancanza di risorse. L’Ucraina, che occupa il 62º posto nel nuovo indice, perde a sua volta una posizione rispetto al 2024.

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Il direttore Michael Abramowitz: “Per la prima volta in 83 anni, la leggendaria emittente tace”.

Il quadro generale delineato da RSF non riguarda solo gli Stati Uniti. A livello globale, la Norvegia mantiene la prima posizione per il nono anno consecutivo, seguita da altri paesi nordici. All’estremo opposto del ranking si trovano l’Eritrea, la Corea del Nord e la Cina, ultime tre nella classifica. Crolli significativi si registrano in Guinea, che scivola al 103º posto (-25), in seguito a una "forte restrizione della libertà di stampa", e in Argentina (87º, -21), dove RSF critica la gestione del presidente ultraliberale Javier Milei. In Palestina, che retrocede al 163º posto (-6), RSF denuncia invece la distruzione di redazioni giornalistiche e l’uccisione di circa 200 giornalisti da parte dell’esercito israeliano.

Il rapporto annuale di Reporters sans frontières si basa su due criteri principali: una raccolta quantitativa delle violazioni commesse contro i giornalisti (come arresti, aggressioni o omicidi) e un’analisi qualitativa fondata su un questionario rivolto a esperti del settore.

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