La guerra dei dazi di Trump preoccupa i repubblicani in vista delle elezioni di midterm del 2026
I membri del Congresso repubblicani il cui seggio è in gioco temono un possibile effetto boomerang alle elezioni di midterm del 2026, con il rischio di ripetere scenari storici particolarmente sfavorevoli per il GOP a causa dei contraccolpi dei dazi.

I repubblicani esprimono una crescente preoccupazione che la guerra commerciale avviata dal presidente Donald Trump possa ritorcersi contro il proprio partito nelle elezioni di midterm del 2026. L’aumento dei prezzi e la contrazione della crescita economica rischiano infatti di oscurare gli altri successi ottenuti dal Partito Repubblicano, afferma The Hill in una sua analisi.
Molti deputati repubblicani iniziano a paragonare apertamente i dazi a un aumento delle tasse sui consumatori americani. Anche la Tax Foundation ha stimato che i dazi di Trump incrementeranno le entrate annuali del governo dello 0,56% rispetto al PIL, l’aumento più significativo dalla manovra fiscale del presidente Clinton nel 1993.
Il problema per i repubblicani è che le ultime due volte in cui il Congresso ha approvato aumenti fiscali di simile portata, il partito del presidente in carica ha subito pesanti sconfitte nelle successive tornate elettorali.
I senatori repubblicani guardano con apprensione ai precedenti storici, in particolare alle elezioni del 1932 e del 1982, quando le guerre commerciali e l’alta inflazione hanno portato a pesanti sconfitte per il partito. “Nelle elezioni nazionali, possiamo tornare al 1982 quando circa 26 seggi congressuali furono persi dai repubblicani”, ha dichiarato il senatore Thom Tillis (R-N.C.), il cui seggio sarà uno dei principali obiettivi democratici nelle prossime elezioni.
Quello stesso anno, il Congresso approvò il Tax Equity and Fiscal Responsibility Act, aumentando le tasse sulle corporation, incrementando così le entrate federali di circa l’1%. “Se continueremo a discutere di dazi a febbraio del prossimo anno, tutti gli indicatori segnaleranno che stiamo andando nella direzione sbagliata”, ha aggiunto Tillis.
“L’Amministrazione ha circa dieci mesi per concludere gli accordi commerciali favorevoli che ha promesso, altrimenti i repubblicani potrebbero pagarne un prezzo politico elevato.”
I senatori repubblicani avevano espresso iniziale sollievo quando Trump aveva annunciato una sospensione temporanea di 90 giorni dei dazi reciproci con la maggior parte dei paesi, ma avvertono che il rischio politico rimane elevato. Trump ha comunque imposto un dazio del 145% sulla Cina, che ha risposto con un contro dazio del 125% sui prodotti statunitensi.
La reazione dei mercati è stata fortemente negativa: dopo un breve rimbalzo seguito alla pausa annunciata sui dazi, giovedì si è verificato un nuovo crollo. Particolarmente preoccupante è stata la forte impennata nei mercati obbligazionari, con i rendimenti dei titoli del Tesoro a 10 e 30 anni saliti rispettivamente al 4,59% e al 4,88%, aumentando così i costi di finanziamento per imprese e consumatori.
Proprio a causa delle turbolenze provocate dagli annunci sui dazi, in un recente sondaggio Economist/YouGov, l’indice di gradimento di Trump è calato di 5 punti percentuali in pochi giorni.
L’impatto di queste politiche commerciali è particolarmente sentito negli Stati rurali. “Non è certo positivo per i nostri agricoltori”, ha dichiarato il senatore Mike Rounds (R-S.D.).
“Abbiamo molte persone che dipendono dalla possibilità di vendere i nostri prodotti in tutto il mondo.”
Nel 2022, infatti, la Cina ha importato beni per 1,4 miliardi di dollari dal South Dakota, rappresentando il 28% delle esportazioni dello Stato.
Non sorprende, dunque, che anche all’interno del GOP emergano sempre più voci critiche verso la politica commerciale di Trump. “I dazi sono una tassa sui consumatori, e non sono favorevole a nuovi aumenti delle tasse sugli americani”, ha dichiarato, ad esempio, il senatore Ted Cruz (R-Texas).
Il senatore Rand Paul (R-Ky.) ha avvertito che, se non si cambia rapidamente rotta, il partito potrebbe subire sconfitte elettorali devastanti. Paul ha ricordato che gli autori della legge Smoot-Hawley del 1930 furono entrambi sconfitti alle elezioni del 1932, e che quei dazi peggiorarono la Grande Depressione, danneggiando l’immagine del Partito Repubblicano per decenni. “L’economia dei dazi è negativa”, ha aggiunto Paul, “ma la politica che ne consegue, se possibile, è anche peggiore.”
Anche la senatrice Susan Collins (R-Maine), il cui seggio è anche esso uno dei principali obiettivi democratici nel 2026, ha criticato duramente i dazi imposti agli alleati, specialmente il 25% sul Canada. “Non ho mai creduto che imporre dazi a Paesi amici fosse la strada giusta”, ha detto, sottolineando l’impatto negativo di queste politiche sull’industria dell’aragosta del Maine.
“Ci sono momenti in cui i dazi sono appropriati, come nel caso della Cina, ma quelli imposti al Canada non hanno alcun senso.”
I democratici, dal canto loro, stanno ovviamente cercando di sfruttare queste vulnerabilità. Chuck Schumer (D-N.Y.), leader democratico al Senato, ha dichiarato che i dazi di Trump stanno spingendo il Paese verso una recessione, e che il sentimento negativo è in crescita soprattutto negli Stati in bilico.
“Le persone hanno sempre meno fiducia nella gestione delle politiche economiche di Trump. Lo vediamo chiaramente negli Stati chiave, e i numeri continuano a peggiorare”.