La controversa visita di JD Vance in Groenlandia aumenta le tensioni
Durante una visita lampo alla base americana di Pituffik, il vicepresidente degli Stati Uniti ha criticato la gestione danese della sicurezza groenlandese e auspicato un futuro indipendente per l’isola, pur escludendo qualsiasi uso della forza.
In un contesto geopolitico sempre più instabile, il vicepresidente degli Stati Uniti, J.D. Vance, ha compiuto il 28 marzo una visita in Groenlandia, durante la quale ha attaccato apertamente il governo danese e proposto un cambio di "ombrello di sicurezza", ossia una ridefinizione del quadro di protezione internazionale per l’isola.
La sua presenza, inizialmente non annunciata, ha coinciso con quella della moglie, Usha Vance, in una mossa che alcuni osservatori interpretano come un tentativo di distrarre l’opinione pubblica dal recente scandalo del cosiddetto “Signalgate” a Washington.
Vance si è limitato a visitare la base militare statunitense di Pituffik, dedicata alla difesa antimissile, ma i suoi messaggi, pronunciati davanti al personale militare, sono stati indirizzati a un pubblico ben più ampio.
Al centro del suo discorso, la critica al Danimarca, accusata di aver trascurato la sicurezza del territorio groenlandese, regione autonoma formalmente sotto sovranità danese.
“I nostri amici in Danimarca non hanno fatto il loro dovere”, ha dichiarato Vance, sostenendo che Copenaghen non avrebbe investito le risorse necessarie per proteggere adeguatamente il territorio.
Pur evitando qualsiasi riferimento a un’eventuale annessione forzata o a un intervento militare, Vance ha rilanciato l’idea di un passaggio sotto la protezione diretta degli Stati Uniti.
Ha parlato della necessità di offrire ai groenlandesi un nuovo “ombrello di sicurezza”, senza tuttavia fornire dettagli concreti su come questo potrebbe tradursi operativamente.
L’unica proposta tangibile ha riguardato l’eventuale costruzione futura di navi rompighiaccio, strumenti rilevanti in un contesto artico ma la cui realizzazione non è stata calendarizzata.
Le dichiarazioni di Vance si inseriscono in un momento politico delicato per il Groenlandia.
Solo poche ore prima, il nuovo governo locale aveva annunciato la formazione di una vasta coalizione comprendente i principali partiti, da quelli socialdemocratici a quelli ecologisti, fino al centro-destra.
Questa alleanza, che esclude il partito nazionalista Naleraq, favorevole all’indipendenza immediata, ha affermato l’intenzione di ridefinire i rapporti con la Danimarca, senza però fare esplicito riferimento alla secessione.
I quattro partiti hanno concordato sull’avvio di negoziati con Copenaghen “per creare un quadro moderno e rinnovato di cooperazione”, sottolineando che “lo status quo non è un’opzione” e rivendicando l’uguaglianza diplomatica e di difesa con il governo danese.
Vivian Motzfeldt, confermata alla guida della diplomazia groenlandese, ha dichiarato l’intenzione di avviare un dialogo con Washington sul futuro della cooperazione, compresa la presenza militare americana sull’isola.
Una posizione che riflette un atteggiamento di apertura, pur in un quadro ancora in fase di definizione.
La risposta danese non si è fatta attendere. La prima ministra Mette Frederiksen, pur ribadendo la disponibilità a collaborare “giorno e notte” con gli Stati Uniti sulla sicurezza dell’Artico, ha respinto come “ingiuste” le accuse di Vance.
In un commento rivolto alla stampa danese, ha ricordato come la Danimarca abbia storicamente affiancato gli Stati Uniti in missioni militari complesse, in particolare in Iraq e Afghanistan, e ha sottolineato che la cooperazione bilaterale deve basarsi sulle regole del diritto internazionale.
Le tensioni sollevate dalle dichiarazioni di Vance si sono riflesse anche nelle piazze.
Manifestazioni contro l’Amministrazione Trump sono state convocate sia nella capitale groenlandese Nuuk che a Copenaghen, a testimonianza di una reazione critica diffusa nei confronti delle ultime uscite della Casa Bianca.
Parallelamente, Donald Trump ha pubblicato sui suoi canali una video-propaganda in stile hollywoodiano, rievocando la “storica” presenza americana in Groenlandia.
Un messaggio che, nel solco delle ambizioni espansionistiche già manifestate durante il suo primo mandato, ribadisce l’interesse strategico per un territorio che, per posizione e risorse, continua ad attirare l’attenzione delle grandi potenze.