La California è il primo Stato americano a fare causa a Trump sui dazi
Il governatore Gavin Newsom e il procuratore generale Rob Bonta contestano l'uso dell'International Economic Emergency Powers Act per imporre dazi senza l'approvazione del Congresso, definendo questa pratica "caotica e illegale".

La California ha avviato un’azione legale contro il presidente Donald Trump, contestando la legittimità dei dazi commerciali imposti dalla sua Amministrazione. La causa, annunciata mercoledì dal governatore Gavin Newsom e dal procuratore generale statale Rob Bonta, segna la prima sfida giuridica da parte di uno Stato americano contro uno degli strumenti di politica economica estera chiave della presidenza Trump.
Il contenzioso rappresenta un’escalation significativa nelle tensioni tra Sacramento e Washington, riaffermando il ruolo della California come centro dell'opposizione democratica alle politiche presidenziali. Newsom ha descritto i dazi come un’azione “illegale” che “semina il caos” nell’economia statale, facendo salire i prezzi e mettendo a rischio numerosi posti di lavoro.
Impatto economico e settori vulnerabili
Con un PIL che la collocherebbe come quinta economia mondiale se fosse una nazione indipendente, la California è particolarmente esposta agli effetti delle barriere commerciali. I dazi voluti da Trump rischiano infatti di generare perdite economiche su larga scala, colpendo settori nevralgici come l’agricoltura e la tecnologia.
La Silicon Valley, cuore pulsante dell’innovazione tecnologica statunitense, e le vaste produzioni agricole dello stato sono entrambe fortemente dipendenti dal commercio globale. “I dazi illegali del presidente Trump stanno seminando il caos tra le famiglie californiane, le imprese e la nostra economia”, ha dichiarato Newsom, aggiungendo che lo Stato sta agendo “per difendere le famiglie americane che non possono permettersi di lasciare che il caos continui”.
Una sfida giuridica al potere esecutivo
Il fulcro dell’azione legale ruota attorno all’interpretazione dell’International Economic Emergency Powers Act (IEEPA), la normativa che Trump ha invocato per imporre i dazi senza necessità di approvazione da parte del Congresso. Secondo la California, questa legge non conferisce al presidente l’autorità per un utilizzo così ampio dello strumento tariffario.
Il presidente Trump è il primo ad aver usato l’IEEPA per giustificare l’imposizione di dazi, sostenendo che i persistenti deficit commerciali degli Stati Uniti costituiscono una “emergenza nazionale”. La California contesta tale lettura, definendola un abuso delle prerogative presidenziali. “L’attuazione caotica e disordinata dei dazi da parte del Presidente non è solo profondamente preoccupante, è illegale”, ha affermato Bonta, evidenziando i danni derivanti dalle fluttuazioni dei mercati e dalle incertezze economiche causate da un approccio definito “oscillante”.
La causa intentata dallo Stato segue di pochi giorni un’azione legale separata promossa da un gruppo di aziende statunitensi, che anch’esse contestano la legalità dei dazi sulla base dell’IEEPA. La posizione della California, tuttavia, assume un rilievo politico e istituzionale maggiore, trattandosi della prima iniziativa formale intrapresa da un governo statale contro il presidente su questo fronte.
Reazioni dalla Casa Bianca
La risposta dell’amministrazione presidenziale non si è fatta attendere. Kush Desai, portavoce della Casa Bianca, ha attaccato il governatore californiano accusandolo di distogliere l’attenzione dai problemi interni dello Stato. “Invece di concentrarsi sulla criminalità dilagante della California, sui senzatetto e sull’inaccessibilità economica, Gavin Newsom sta spendendo il suo tempo cercando di bloccare gli sforzi storici del presidente Trump per affrontare finalmente l’emergenza nazionale dei persistenti deficit commerciali del nostro paese”, ha dichiarato Desai in una nota a POLITICO.
Parallelamente all’iniziativa legale, Newsom sta portando avanti una strategia diplomatica autonoma per limitare l’impatto delle politiche federali sullo stato. All’inizio del mese, il governatore ha chiesto ai leader stranieri di escludere i prodotti californiani dalle tariffe di ritorsione. Tra i beni menzionati figurano mandorle, vino e film prodotti a Hollywood, settori simbolici della produzione locale.
Newsom ha anche lanciato una nuova campagna turistica volta a rilanciare l’attrattività del suo Stato presso i visitatori internazionali, in particolare i canadesi, che avrebbero mostrato crescente riluttanza a recarsi in California a causa delle tensioni commerciali. Il governatore mira così a salvaguardare l’economia statale sfruttando il peso internazionale della California in ambiti strategici come la tecnologia, le produzioni culturali e gli standard ambientali.
Continuità e confronto politico
L’azione legale rappresenta la prosecuzione del conflitto politico e istituzionale tra Newsom e Trump, accentuatosi da quando quest’ultimo è tornato alla Casa Bianca a gennaio. In passato, il governatore aveva cercato la cooperazione federale in occasione di calamità naturali, ma con l’inasprirsi delle politiche economiche presidenziali, ha assunto una linea più assertiva.
A differenza di cause precedenti, in cui la California aveva agito in coordinamento con altri Stati a guida democratica contro misure su immigrazione o tagli ai finanziamenti, questa sfida si caratterizza per il suo carattere unilaterale. La decisione di procedere da sola sottolinea l’importanza specifica del tema per l’economia e la società californiana.