Intelligence Usa: gli attacchi all'Iran non hanno distrutto i siti nucleari
Una valutazione preliminare della Defense Intelligence Agency suggerisce che i bombardamenti hanno danneggiato solo le strutture in superficie, lasciando intatte centrifughe e uranio arricchito

Secondo un’analisi preliminare dell’intelligence militare statunitense, i bombardamenti ordinati dal presidente Donald Trump contro tre siti nucleari in Iran non hanno distrutto i componenti fondamentali del programma atomico del paese. Il rapporto, redatto dalla Defense Intelligence Agency (DIA), stima che l’operazione abbia ritardato lo sviluppo nucleare iraniano di pochi mesi. I dettagli sono stati rivelati in esclusiva dalla CNN e confermati dal New York Times attraverso fonti governative.
I siti colpiti – Fordo, Natanz e Isfahan – hanno subito danni significativi alle strutture in superficie, in particolare alle reti elettriche e agli edifici funzionali all’arricchimento dell’uranio. Tuttavia, secondo le fonti informate sul contenuto della valutazione, le strutture sotterranee dove si trovano le centrifughe principali non sono crollate. Alcune di esse sarebbero ancora integre, mentre gran parte del materiale arricchito sarebbe stato evacuato prima dei raid.
Una delle fonti consultate dalla CNN ha riferito che l’arricchimento dell’uranio potrebbe riprendere nel giro di pochi mesi. Un’altra ha sottolineato che “l’impatto è stato forse di qualche mese, al massimo”. L’analisi, ancora parziale e soggetta a modifiche con l’acquisizione di nuove informazioni, contrasta con le dichiarazioni ufficiali del presidente Trump e del segretario alla Difesa Pete Hegseth, che avevano parlato di “completa distruzione” delle capacità nucleari iraniane.
Trump, in visita al vertice NATO nei Paesi Bassi, ha definito l’operazione “una delle azioni militari di maggior successo della storia” e ha ribadito che i siti sono stati “completamente distrutti”. Anche Hegseth ha sostenuto che le bombe da 30.000 libbre sganciate dai B-2 hanno “colpito esattamente nel punto giusto” e “seppellito sotto tonnellate di macerie” le capacità nucleari iraniane.
La portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt ha definito il rapporto della DIA “completamente errato”, accusando un “anonimo perdente di basso rango” di aver fatto trapelare informazioni top secret per “minare il presidente e screditare i piloti americani”. La portavoce ha aggiunto che “quando si sganciano quattordici bombe da 30.000 libbre su un bersaglio, il risultato è la totale obliterazione”.
Tuttavia, al momento, le fonti militari statunitensi riconoscono che la valutazione dei danni è ancora in corso. Il generale Dan Caine, capo dello Stato Maggiore, ha invitato alla cautela, affermando che “è troppo presto per stabilire se l’Iran conservi ancora capacità nucleari”. La posizione è condivisa anche dal deputato repubblicano Michael McCaul, che ha dichiarato alla CNN che l’operazione non puntava alla distruzione totale delle infrastrutture nucleari, ma a causare un danno significativo.
Il rapporto della DIA dice che le entrate dei bunker a Fordo e Natanz sono state sigillate, ma le gallerie sotterranee restano intatte. Prima dell’attacco, l’intelligence stimava che l’Iran avrebbe potuto costruire una bomba atomica nel giro di tre mesi se avesse deciso di farlo. Dopo i bombardamenti americani e i giorni di attacchi israeliani precedenti, il ritardo complessivo stimato è di meno di sei mesi.
Gli analisti ritengono che il problema principale risiede nella profondità delle installazioni. Fordo, ad esempio, è sepolto a oltre 75 metri sotto una montagna. Anche Isfahan, il più vasto complesso di ricerca nucleare iraniano, si trova a profondità notevoli. In questo caso, gli Stati Uniti hanno usato missili Tomahawk lanciati da un sottomarino, invece delle bombe bunker-buster, proprio per la difficoltà di penetrare i livelli inferiori.
Secondo il New York Times, alcune fonti ritengono che l’Iran abbia anche impianti di arricchimento segreti non colpiti dai raid e ancora operativi. Israele, che aveva effettuato bombardamenti nei giorni precedenti all’intervento statunitense, sostiene che la combinazione di attacchi abbia ritardato il programma iraniano di due anni. Ma già prima del coinvolgimento americano, fonti israeliane stimavano un rallentamento di pari durata.
Il professor Jeffrey Lewis, esperto di armamenti del Middlebury Institute, ha affermato che “né Israele né gli Stati Uniti sono riusciti a distruggere diversi impianti nucleari sotterranei”, compresi quelli vicino a Natanz, Isfahan e Parchin. Secondo Lewis, queste strutture potrebbero permettere all’Iran di ricostruire rapidamente il proprio programma nucleare.
Al Congresso, le sessioni informative riservate sul bombardamento, previste per martedì, sono state rinviate senza spiegazione. L’incontro con il Senato è stato spostato a giovedì, mentre quello con la Camera non ha ancora una nuova data. Il deputato democratico Pat Ryan ha commentato su X che “Trump ha appena cancellato un briefing classificato sulla missione in Iran senza dare alcuna spiegazione. Il vero motivo? Non può dimostrare di aver distrutto tutte le capacità nucleari come sostiene”.