Il senatore libertario Rand Paul contro i dazi: “Tasse che colpiscono le famiglie americane”
Il senatore repubblicano rilancia la battaglia contro i dazi imposti da Trump. Con un disegno di legge chiede che il Congresso abbia l’ultima parola prima dell’introduzione di nuovi dazi, definiti “un pericolo economico ed elettorale”.

In un editoriale pubblicato su Fox News il senatore repubblicano Rand Paul si schiera apertamente contro la politica dei dazi promossa da Donald Trump.
Nel momento in cui il Partito Repubblicano sembra virare verso posizioni sempre più protezionistiche, Paul cerca di rilanciare la tradizione liberista del conservatorismo americano.
Così facendo, lancia un monito:
“La verità è che i dazi sono tasse. Non puniscono i governi stranieri, puniscono le famiglie americane”.
Una proposta per frenare il potere esecutivo
Per contrastare i nuovi dazi imposti da Trump su un’ampia gamma di beni importati, Paul ha presentato il disegno di legge “No Taxation Without Representation Act”.
L’obiettivo è ristabilire un principio cardine del controllo democratico: nessun dazio potrà entrare in vigore senza l’approvazione del Congresso.
Secondo il senatore repubblicano del Kentucky, si tratta di un modo per impedire che decisioni fiscali di grande impatto siano adottate unilateralmente dall’esecutivo, con pesanti ricadute sui cittadini.
L’impatto economico dei dazi
Le conseguenze economiche delle politiche protezionistiche sono già evidenti: i nuovi dazi rischiano di far lievitare i prezzi per i consumatori americani in molti settori.
Goldman Sachs stima che i costi per i veicoli a motore e i loro componenti potrebbero aumentare tra i 5.000 e i 15.000 dollari per unità. E rincari simili sono attesi anche in comparti strategici come l’energia, l’edilizia e persino l’alimentare.
“Quando tassiamo le importazioni, aumentiamo il prezzo di tutto: dai generi alimentari agli smartphone, dalle lavatrici a ogni altro prodotto immaginabile”.
Un errore già visto nella storia repubblicana
La posizione del senatore non è solo economica, ma anche storica e politica. Paul ricorda che in passato il Partito Repubblicano ha pagato a caro prezzo la scelta del protezionismo.
I dazi McKinley del 1890 e Smoot-Hawley del 1930, entrambe voluti dai repubblicani, provocarono aumenti dei prezzi e gravi crolli elettorali dei repubblicani.
“È tempo di salvare il popolo americano dai prezzi elevati e impedire il ritorno al potere dei democratici”, afferma quindi il senatore, temendo che l’attuale svolta protezionista possa portare a un copione già visto, mettendo a rischio la tenuta del partito.
Quanto costano davvero i dazi?
Le stime sull’impatto dei dazi sulle famiglie americane variano, ma tutte convergono su una realtà allarmante.
Il Peterson Institute parla di un costo aggiuntivo medio di 1.200 dollari all’anno per famiglia, mentre il Budget Lab di Yale alza la stima a 4.200 dollari.
A questi si aggiungono i 1.753 dollari già imposti alle famiglie statunitensi dai dazi già introdotti tra il 2018 e il 2023, secondo i dati della Tax Foundation.
Un paradosso politico: aiuti per compensare gli effetti delle stesse politiche
Paul denuncia anche l’ipocrisia politica di molti colleghi repubblicani, che evitano critiche esplicite ai dazi ma ne riconoscono gli effetti nocivi nei fatti.
È il caso del Dipartimento dell’Agricoltura, che ha annunciato nuovi programmi di emergenza per sostenere i coltivatori americani colpiti dalle conseguenze economiche dei dazi.
Durante il primo mandato di Trump, infatti, furono stanziati ben 28 miliardi di dollari in aiuti per compensare le perdite causate da quelle stesse politiche.
Il richiamo alla tradizione conservatrice
Infine, Paul rivendica la coerenza del conservatorismo americano richiamandosi a figure storiche come Milton Friedman e Ronald Reagan, entrambi strenui oppositori del protezionismo.
Paul ricorda che Friedman definiva i dazi come “uno spreco di risorse”, mentre Reagan li considerava “dannosi per i consumatori, l’economia e l’occupazione”.