Il Senato approva la risoluzione di bilancio tra le divisioni interne dei repubblicani
Il voto finale di 51-48 nasconde tensioni interne tra i repubblicani su Medicaid, tagli fiscali e debito pubblico. Resta difficile da raggiungere l’accordo finale tra Senato e Camera.

Il Senato degli Stati Uniti ha approvato la risoluzione di bilancio repubblicana con 51 voti favorevoli (tutti repubblicani) e 48 contrari (tutti democratici oltre ai repubblicani Rand Paul e Susan Collins).
Il voto, apparentemente compatto, nasconde profonde divisioni all’interno del Partito Repubblicano su questioni cruciali come Medicaid, tagli fiscali e debito pubblico.
Tali divergenze sono state temporaneamente accantonate e dovranno essere necessariamente riaffrontate di petto quando si discuteranno le singole norme della legge.
Le tensioni interne al Partito Repubblicano
Il senatore Josh Hawley del Missouri ha espresso forti preoccupazioni per i possibili tagli al programma Medicaid, sostenendo di aver votato a favore della risoluzione solo dopo aver ricevuto dal presidente Trump una promessa “inequivocabile” che questo importante programma di assistenza sanitaria non sarebbe stato ridotto.
Anche la senatrice Susan Collins — che alla fine ha votato contro — ha manifestato riserve significative, sottolineando che eventuali tagli al Medicaid danneggerebbero gravemente i cittadini del Maine, gli ospedali rurali e gli operatori sanitari.
“La versione della risoluzione approvata dalla Camera mi preoccupa molto, perché porterebbe inevitabilmente a tagli significativi al Medicaid”, ha dichiarato Collins, aggiungendo che, secondo lei, sarà complicato raggiungere un accordo finale.
Controversie sul debito e “trucchi contabili”
Se i Repubblicani decideranno di evitare tagli al Medicaid, potrebbero creare un buco ancora maggiore nel bilancio a causa dei massicci tagli fiscali e degli aumenti di spesa previsti per immigrazione e difesa.
Per mascherare l’impatto reale di queste misure fiscali, intendono utilizzare una controversa metodologia contabile nota come “baseline di politica attuale”, trattando come permanente l’estensione dei tagli fiscali del 2017 e ignorando così il loro costo effettivo.
“Questo metodo potrebbe aggiungere 3,8 mila miliardi di dollari al costo totale della legge”, ha spiegato il senatore Bill Cassidy della Louisiana, aggiungendo che ciò potrebbe stabilire un precedente pericoloso per il bilancio federale.
Non è tuttavia certo che i Repubblicani potranno adottare questo metodo senza incontrare obiezioni da parte dei Democratici davanti alla Parliamentarian del Senato, la funzionaria non-partisan che valuta la conformità delle misure con le regole del Senato, tra cui la “Byrd Rule” che vieta l’aumento del deficit federale oltre i 10 anni.
Diversi senatori repubblicani, inclusi Collins e John Curtis dello Utah, hanno già dichiarato che non appoggeranno alcun tentativo di aggirare le decisioni della Parliamentarian, complicando così ulteriormente il percorso legislativo.
Divergenze tra Senato e Camera
Ulteriori complicazioni derivano dalle divergenze tra Senato e Camera.
Alla Camera, molti deputati repubblicani premono per tagli più significativi alla spesa pubblica, mentre una fazione influente proveniente da Stati con alta tassazione, come New York e California, chiede di espandere la deduzione fiscale statale e locale (SALT), limitata dalla riforma fiscale di Trump del 2017.
Tuttavia, la maggior parte dei Repubblicani di entrambe le camere si oppone a questa espansione, poiché costosa e limitante per altre misure fiscali.
Ma i margini estremamente ristretti per i Repubblicani alla Camera rendono ogni voto essenziale e quindi occorrerà concedere qualcosa anche a loro in un eventuale compromesso finale, aumentando ulteriormente il già alto costo del pacchetto di bilancio da finanziare.
L’importanza della “budget reconciliation”
Il voto del Senato consente ora alle Commissioni di redigere un disegno di legge in linea con la risoluzione appena approvata.
Questa procedura, detta “budget reconciliation”, permette di aggirare il filibuster, che normalmente richiede 60 voti per superare l’ostruzionismo dell’opposizione, consentendo l’approvazione di leggi finanziarie con una maggioranza semplice di 51 voti.
Non è chiaro se Senato e Camera riusciranno però subito a concordare un unico testo o se procederanno inizialmente con versioni separate per poi tentare di raggiungere un difficile compromesso.
La risposta dei Democratici
Prima del voto finale, i Democratici hanno presentato emendamenti volti a mettere politicamente in difficoltà i senatori repubblicani.
Tra questi, una proposta del leader della minoranza Chuck Schumer, mirata a bloccare i dazi imposti da Trump accusati di aumentare il costo della vita degli americani, è stata respinta con un voto di 46-53.
“I dazi di Trump sono una delle decisioni più dannose che abbia mai preso da presidente”, ha dichiarato Schumer, sottolineando i gravi danni economici provocati dalle politiche commerciali dell’Amministrazione Trump.
Un altro emendamento proposto dai democratici per cancellare una proposta presente nella risoluzione di bilancio approvata dalla Camera che lascia aperta la possibilità di tagli futuri a Medicaid fino ad 880 miliardi di dollari, è stata bocciata per un soffio con un voto 49-50, con i senatori repubblicani Josh Hawley, Sudan Collins e Lisa Murkowski che hanno votato assieme a tutti i democratici.
Questo voto scongiurato per un soffio, mostra quanto sia politicamente delicata la questione dei tagli a Medicaid tra i repubblicani.
Infine un emendamento proposto dal senatore Bernie Sanders per aumentare il salario minimo federale a 17 dollari l’ora entro il 2030 è stato bocciato in aula con un voto finito 47-52, con il voto compatto di tutti i senatori democratici.
Il dato interessante, in questo caso, è che un emendamento molto simile nel 2021 era stato bocciato con il voto contrario di 8 senatori. I 4 che restano di quel gruppo (Chris Coons, Maggie Hassan, Jeanne Shaheen ed Angus King) stavolta hanno tutti votato a favore.
Anche se si tratta solo di un voto non vincolante e quindi politicamente poco dannoso, si tratta comunque di un significativo cambio di posizione di questi senatori centristi su una delle questioni più a cuore della sinistra democratica.