Il Segretario al Tesoro non esclude il delisting delle azioni di aziende cinesi dalle Borse americane
Scott Bessent dichiara che "tutto è sul tavolo" nella guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina.

Il Segretario al Tesoro degli Stati Uniti, Scott Bessent, ha dichiarato in un’intervista a Fox Business Network che il governo americano non esclude la possibilità di delistare le aziende cinesi dalle borse statunitensi.
Rispondendo alla conduttrice Maria Bartiromo, Bessent ha affermato: “Credo che tutto sia sul tavolo”, lasciando così intendere che la guerra commerciale con Pechino potrebbe intensificarsi ben oltre i dazi già imposti.
Esportazioni, capitali e la decisione finale
Il Segretario ha inoltre fatto riferimento a possibili controlli sulle esportazioni verso la Cina, non solo di beni ma anche di capitali finanziari, sottolineando che la decisione ultima spetterà al presidente Donald Trump:
“Alla fine, il presidente Trump e il presidente Xi hanno un ottimo rapporto personale e sono fiducioso che la questione verrà risolta ai massimi livelli.”
I numeri delle aziende cinesi a Wall Street
Secondo gli ultimi dati disponibili al 7 marzo, risultano 286 aziende cinesi quotate nelle borse statunitensi, per una capitalizzazione complessiva di 1.100 miliardi di dollari.
Sebbene il numero delle società sia leggermente aumentato rispetto all’anno precedente, la loro capitalizzazione ha subito un calo nell’ultimo mese.
Le dichiarazioni di Bessent potrebbero avere un effetto deterrente sull’arrivo di nuovi emittenti cinesi nei mercati americani.
Anche se le minacce non dovessero concretizzarsi, il clima di incertezza potrebbe spingere le aziende verso altre piazze finanziarie.
Shein guarda a Londra: effetto domino sulle IPO
Un esempio emblematico è Shein, il colosso cinese della moda low-cost, che ha spostato l’attenzione verso la Borsa di Londra per la sua offerta pubblica iniziale.
La scelta sarebbe legata alle difficoltà normative incontrate negli Stati Uniti, accentuate dalla decisione dell’Amministrazione Trump di revocare l’esenzione “de minimis”, che consentiva alle aziende di spedire beni a basso costo negli USA con minori controlli.
Shein era stata valutata 66 miliardi di dollari dai venture capitalist, ma si trova ora in una posizione delicata proprio a causa del nuovo contesto normativo.
Tensione crescente e retorica infuocata
Dopo l’intervista televisiva, Bessent ha inasprito ulteriormente i toni durante un intervento all’American Bankers Association, lanciando un monito agli alleati degli Stati Uniti:
“Chiunque si allinei con la Cina sul commercio si sta tagliando la gola da solo.”
Il segretario ha definito la Cina “il più grande trasgressore nel sistema commerciale globale”, utilizzando una metafora curiosa per descrivere il modello economico cinese:
“Per chi ricorda quel film Disney con le scope che portano secchi d’acqua, quello è il modello di business cinese. Non si ferma mai: continuano a produrre e produrre, a dumping e dumping.”
Verso un disaccoppiamento economico completo?
Secondo Bessent, la Cina è finora l’unico Paese ad aver intensificato la risposta ai dazi imposti da Trump.
Ironia della sorte, poco dopo il suo intervento è giunta la notizia che anche l’Unione Europea ha approvato la sua prima serie di misure ritorsive contro Washington.
Il quadro che si delinea è sempre più netto: la prospettiva di un disaccoppiamento economico tra Stati Uniti e Cina si fa concreta, con la possibilità che la guerra commerciale si estenda ben oltre le tariffe doganali, arrivando a coinvolgere mercati finanziari e investimenti transnazionali.