Il mercato del lavoro statunitense sta rallentando
A luglio l’economia americana ha generato meno della metà dei posti previsti. Le revisioni al ribasso per i mesi precedenti aggravano il quadro di un mercato del lavoro sempre più fragile, in particolare fuori dal settore sanitario.
Il mercato del lavoro statunitense ha mostrato segnali evidenti di indebolimento nel mese di luglio, con la creazione di appena 73.000 nuovi posti di lavoro, ben al di sotto delle attese degli economisti. Ma il dato più allarmante è rappresentato dalle revisioni dei mesi precedenti: secondo quanto comunicato dal Bureau of Labor Statistics, maggio e giugno hanno visto un taglio complessivo di 258.000 posti rispetto alle stime precedenti. A maggio sono stati creati soltanto 19.000 posti e a giugno appena 14.000.
Il tasso di disoccupazione è salito leggermente al 4,2%, tornando ai livelli di alcuni mesi fa, ma l’apparente stabilità di questa cifra nasconde una dinamica più preoccupante. L’indagine sulle famiglie, distinta da quella sui datori di lavoro, ha registrato un calo marcato dell’occupazione e della forza lavoro, segnalando che un numero crescente di persone sta uscendo dal mercato.
Quasi tutti i nuovi posti creati a luglio provengono da due settori: la sanità e l’assistenza sociale. Il primo ha aggiunto 55.000 posti, il secondo 18.000. Queste due aree, che tendono a resistere anche in fasi di debolezza economica, hanno rappresentato il 94% della crescita occupazionale complessiva del mese. Senza il contributo di questi comparti, l’occupazione sarebbe rimasta ferma.
Gli altri settori, invece, mostrano una stagnazione generalizzata. L’industria manifatturiera ha perso 12.000 posti, il terzo calo mensile consecutivo. Il governo federale, oggetto di tagli continui dall’inizio dell’anno, ha eliminato 12.000 posizioni solo a luglio, portando a 94.000 il calo complessivo di occupati nel 2025. Anche settori tipicamente orientati alla crescita, come i servizi professionali, l’informazione e la tecnologia, hanno registrato perdite significative: -14.000 nei servizi alle imprese, -2.000 nel settore informativo.
Il tempo medio settimanale di lavoro è aumentato leggermente, passando a 34,3 ore, segnale che i datori di lavoro non stanno ancora comprimendo le ore dei lavoratori esistenti. Tuttavia, la dinamica generale è di rallentamento: il ritmo di assunzione è vicino ai minimi da oltre un decennio, escludendo il periodo pandemico.
Alcuni settori hanno riportato lievi aumenti: il commercio al dettaglio ha guadagnato 16.000 posti, le costruzioni 2.000, il trasporto e la logistica 4.000. Ma questi incrementi sono troppo modesti per compensare il quadro generale di indebolimento.
Diversi economisti attribuiscono parte del rallentamento alle politiche migratorie restrittive dell’amministrazione Trump. Con la chiusura effettiva del confine meridionale e le crescenti difficoltà nell’ottenere visti legali, la disponibilità di forza lavoro si è ridotta, specialmente in settori come agricoltura, edilizia e ristorazione, tradizionalmente dipendenti da lavoratori immigrati. Secondo Joe Brusuelas, economista di RSM US, il numero minimo di nuovi posti richiesti ogni mese per mantenere la stabilità del mercato del lavoro è sceso da 166.000 a circa 50.000, proprio a causa del calo dell’offerta di manodopera.
Un dato positivo emerge dalla dinamica salariale: le retribuzioni orarie medie sono cresciute dello 0,3% rispetto a giugno e del 3,9% rispetto a un anno fa. Anche i licenziamenti restano contenuti, secondo un rapporto separato del Dipartimento del Lavoro.
Ma il segnale complessivo resta chiaro: l’economia americana sta entrando in una fase di rallentamento occupazionale, dove la crescita dei posti di lavoro è concentrata in pochi settori resilienti, mentre il resto del mercato resta statico o in contrazione.