Il 'fardello del dollaro': la controversa teoria del nuovo consigliere di Trump

Stephen Miran propone un sistema in cui i partner commerciali degli Stati Uniti dovrebbero "condividere il fardello" della valuta americana, ma gli esperti evidenziano numerose contraddizioni che potrebbero compromettere il ruolo del dollaro come moneta di riserva mondiale

Il 'fardello del dollaro': la controversa teoria del nuovo consigliere di Trump
Immagine creata dall'intelligenza artificiale. Fonte: ChatGPT

Stephen Miran, uno dei pochi economisti hanno aderito al team di Donald Trump, è stato recentemente nominato a capo del comitato dei consiglieri economici della Casa Bianca. Prima di assumere questo ruolo, Miran ha pubblicato a novembre 2024 un articolo sul commercio internazionale che teorizza l'approccio protezionistico del presidente americano.

A differenza di molti consiglieri economici presidenziali, Miran non proviene dal mondo accademico ma da quello finanziario: fino alla sua nomina era stratega principale presso Hudson Bay Capital Management e ha co-fondato la società di gestione patrimoniale Amberwave Partners.

Nel suo articolo, Miran prende in esame l'impatto del "shock cinese" sull'economia americana, stimando una perdita tra i 600.000 e i 2 milioni di posti di lavoro nel settore manifatturiero tra il 2000 e il 2011, con conseguenze particolarmente gravi in alcune regioni degli Stati Uniti.

Secondo l'economista, la causa principale degli squilibri commerciali americani risiede nella cronica sopravvalutazione del dollaro. Questa sopravvalutazione, che danneggia la competitività del settore manifatturiero americano, sarebbe direttamente collegata allo status del dollaro come moneta di riserva mondiale: per soddisfare la domanda internazionale di dollari, gli Stati Uniti sono costretti a mantenere persistenti deficit di conto corrente. Di conseguenza, i detentori di riserve in dollari impongono quello che Miran definisce un "fardello" al settore esportatore americano.

La soluzione proposta da Miran è una "condivisione" di questo fardello con i partner commerciali degli Stati Uniti. In cambio dell'accesso al dollaro e della protezione militare americana (Miran combina questi argomenti in modo disinvolto), questi partner dovrebbero acquistare più prodotti americani e/o contribuire alle casse del Tesoro statunitense attraverso vari canali: dazi doganali, trattenute sugli interessi dei buoni del Tesoro americani o una tassa dell'1% sull'utilizzo del dollaro.

Per formalizzare questa logica, Miran suggerisce la possibilità di trattati multilaterali simili agli accordi di Plaza (1985) o del Louvre (1987), che miravano a fermare il calo del dollaro, ribattezzandoli "accordi di Mar-a-Lago" (dal nome della residenza di Trump in Florida).

Prevedendo che altri paesi – a cominciare dalla Cina – sarebbero riluttanti ad accettare questo sistema, Miran contempla l'uso di pressioni unilaterali, ricorrendo alla legge sui poteri economici d'emergenza internazionali del 1977. Questa legge conferisce al presidente americano il potere di limitare o vietare determinati flussi finanziari esteri.

Secondo la maggior parte dei colleghi economisti di Miran, questa dottrina presenta numerose contraddizioni. Il rischio più grande è che l'approccio proposto finisca per far perdere al dollaro il suo ruolo predominante come valuta di riserva mondiale.

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