I Dem in vantaggio per le elezioni di metà mandato mentre Trump scende nei consensi

Gli elettori americani preferiscono un Congresso controllato dai democratici e bocciano le politiche del presidente. Il 71% vuole limiti ai poteri esecutivi, mentre il 62% ritiene che il paese sia sulla strada sbagliata. L'economia e l'inflazione restano le priorità assolute.

I Dem in vantaggio per le elezioni di metà mandato mentre Trump scende nei consensi
White House

Un nuovo sondaggio nazionale mostra i democratici in netto vantaggio in vista delle elezioni di metà mandato del 2026, con gli elettori americani sempre più critici verso l'amministrazione Trump e preoccupati per la direzione del paese. Secondo il rilevamento condotto da Strength in Numbers e Verasight su 1.567 adulti americani tra il 24 e il 29 ottobre, i democratici guidano di 7 punti percentuali sul cosiddetto "generic ballot" per la Camera dei rappresentanti, il parametro che misura la preferenza generica degli elettori per i due partiti.

Il dato più significativo riguarda la percezione dei poteri presidenziali. Con un margine schiacciante di 71 a 19 punti percentuali, gli americani affermano che il presidente dovrebbe operare entro i limiti costituzionali, condividere il potere con il Congresso e i tribunali, e cercare compromessi con gli altri rami del governo per raggiungere i suoi obiettivi. Meno di uno su cinque è d'accordo con l'idea che il presidente debba usare azioni unilaterali forti quando necessario, anche se questo significa consolidare poteri a scapito degli altri rami istituzionali.

Questa opposizione a un esecutivo troppo potente si traduce in un rifiuto concreto di diverse azioni intraprese o proposte da Trump. La maggioranza degli elettori si oppone al fatto che il presidente sfidi ordini dei tribunali, riattivi il cosiddetto "Schedule F" per licenziare funzionari pubblici di alto livello, usi autorità d'emergenza per imporre dazi generalizzati, diriga il Dipartimento di Giustizia contro avversari politici, dispieghi truppe militari sul territorio nazionale e cancelli fondi federali già autorizzati per progetti infrastrutturali. Persino su questioni di politica estera, dove tradizionalmente il presidente gode di maggiore sostegno, l'opinione pubblica è contraria alle iniziative dell'attuale amministrazione.

Il risultato è che il 55% degli adulti americani ritiene che Trump stia agendo come se fosse al di sopra della legge, consolidando potere come un re, mentre solo il 30% lo vede come un leader forte che opera comunque entro i confini costituzionali. Questa percezione negativa si riflette nei numeri complessivi di gradimento del presidente, che si attestano al 41% di approvazione contro il 56% di disapprovazione, invariati rispetto al sondaggio precedente.

L'analisi dei singoli temi politici rivela un quadro ancora più problematico per Trump. Il presidente registra risultati positivi sulla sicurezza delle frontiere, con un vantaggio di 11 punti, il suo massimo storico, ed è sostanzialmente in parità su criminalità e sicurezza pubblica, temi storicamente favorevoli ai repubblicani. Tuttavia, perde di 26 punti su prezzi e inflazione, di 14 punti sull'economia e di 21 punti sulla sanità, esattamente i temi che gli elettori indicano come i più importanti per il paese. Inoltre, il 63% degli adulti americani afferma che Trump non ha mantenuto abbastanza le promesse economiche fatte durante la campagna elettorale del 2024, contro un 25% che ritiene invece abbia mantenuto i suoi impegni.

Il malcontento generale si riflette nell'umore nazionale: solo il 30% degli americani ritiene che il paese sia sulla strada giusta, mentre il 62% pensa che sia sulla strada sbagliata. Quando viene chiesto di identificare i problemi più importanti che il paese deve affrontare, gli elettori mettono al primo posto l'inflazione e i prezzi (30%), seguita da economia e lavoro (18%), sanità (13%) e programmi governativi e servizi sociali (11%). Relativamente pochi americani considerano temi cari ai repubblicani, come la sicurezza delle frontiere e l'immigrazione, tra le loro priorità principali: solo il 10% in totale.

In un cambiamento significativo rispetto al 2024, gli elettori ora dichiarano di fidarsi più dei democratici che dei repubblicani per gestire l'economia e l'inflazione. I democratici mantengono inoltre ampi vantaggi sulla sanità e l'istruzione, mentre i repubblicani conservano i loro punti di forza tradizionali su immigrazione, sicurezza delle frontiere e criminalità. Quando viene chiesto quale partito sia più affidabile per gestire la loro questione più importante, gli elettori scelgono i democratici con un margine di 46 a 39 punti.

Se questa tendenza dovesse confermarsi alle elezioni di metà mandato del 2026, i democratici potrebbero ottenere risultati significativi. Il sondaggio mostra che, limitando l'analisi agli elettori che affermano con certezza che andranno a votare, il vantaggio democratico sul "generic ballot" si espande a 8 punti percentuali. Si tratterebbe del sesto sondaggio consecutivo a rilevare un vantaggio per i democratici su questo parametro cruciale.

Il sondaggio evidenzia anche alcune percezioni interessanti sulle priorità dei partiti. Gli elettori vedono i repubblicani come focalizzati principalmente su immigrazione ed espulsioni, mentre i democratici vengono percepiti come concentrati su programmi governativi e sanità. Curiosamente, nessuno dei due partiti viene visto come particolarmente attento al tema dei prezzi: solo il 6% degli adulti ritiene che i democratici si preoccupino maggiormente dell'inflazione, e appena il 4% dice lo stesso dei repubblicani.

Il sondaggio, che ha un margine di errore di 2,6 punti percentuali, è stato condotto utilizzando un campione messo indieme tramite posta, messaggi di testo e internet, combinando tecniche di campionamento probabilistico e non probabilistico. I dati sono stati ponderati per riflettere le caratteristiche politiche e demografiche della popolazione adulta statunitense secondo il Current Population Survey del Census Bureau, oltre a parametri recenti su affiliazione partitica e voti passati provenienti da risultati elettorali ufficiali e dal Pew Research Center.

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