I dazi tra Stati Uniti e Regno Unito rimangono alti anche con l'accordo commerciale

Il nuovo accordo tra Washington e Londra stabilisce una tabella di marcia per la de-escalation della guerra commerciale, ma mantiene dazi elevati e lascia irrisolte questioni chiave

I dazi tra Stati Uniti e Regno Unito rimangono alti anche con l'accordo commerciale

I mercati finanziari hanno reagito positivamente all’annuncio del primo accordo commerciale del secondo mandato del presidente Donald Trump, firmato giovedì con il Regno Unito. Tuttavia, un’analisi dei dettagli dell'accordo chiarisce che il sollievo dalla guerra commerciale sarà parziale. L’intesa, infatti, mantiene barriere tariffarie elevate e non affronta le questioni più controverse del rapporto commerciale tra i due Paesi.

Il patto con Londra segna una svolta nell’approccio negoziale dell’amministrazione Trump, che ha abbandonato, almeno temporaneamente, la linea dura annunciata in precedenza con l’introduzione di dazi generalizzati. Nonostante ciò, le importazioni britanniche continueranno a essere soggette a un dazio del 10%, un livello significativamente più alto rispetto alla media pre-Trump dell’1,3%. Il presidente ha definito questo valore come "la tassazione all'importazione al livello più basso", lasciando intendere che la soglia potrebbe diventare un nuovo standard di riferimento per le future negoziazioni commerciali.

USA e Regno Unito raggiungono un nuovo accordo commerciale
Il primo grande accordo dopo l’introduzione dei dazi dall’Amministrazione Trump prevede riduzioni sui dazi di auto, acciaio e attrezzature agricole e fissa un modello per futuri negoziati con altri Paesi.

Il Regno Unito si è distinto come uno dei partner commerciali più pronti a trovare rapidamente un accordo con gli Stati Uniti, grazie a un surplus commerciale a favore di Washington, relazioni geopolitiche consolidate e una strategia negoziale improntata alla cautela. Londra ha infatti evitato dichiarazioni di ritorsione e ha mantenuto un tono collaborativo durante l’intero processo. Secondo Sarah Bianchi di Evercore ISI, questo approccio rappresenta il miglior esito plausibile per i partner commerciali che intendono chiudere trattative rapide con l’amministrazione statunitense. "Se il Regno Unito non riesce ad arrivare a zero, è molto improbabile che qualcun altro ci riesca", ha osservato.

L’accordo non segue le modalità tradizionali delle trattative commerciali tra grandi economie, solitamente caratterizzate da negoziati lunghi e dettagliati. È nato come una risposta tattica ai dazi annunciati da Trump, ma ha poi assunto un valore più ampio, come ha confermato un funzionario britannico: "Non è un classico accordo di libero scambio completo. È iniziato come risposta tattica, ma si è effettivamente trasformato in un accordo commerciale più sostanziale". Dopo la firma nello Studio Ovale, il rappresentante ha aggiunto che ora inizia "un lavoro più serio".

Nonostante il quadro positivo delineato dall’accordo, permangono ostacoli rilevanti per la normalizzazione dei rapporti commerciali. Il mantenimento del dazio base del 10% implica che la tariffa media statunitense resterà a due cifre, con possibili effetti negativi sull’economia. Michael Pearce di Oxford Economics ha scritto che questa politica comporterà "un forte colpo ai redditi reali negli Stati Uniti" e potrebbe causare "un netto rallentamento della crescita nella seconda metà dell'anno".

L’intesa, inoltre, non affronta temi politicamente delicati come l’accesso delle aziende statunitensi al sistema sanitario britannico o la tassa sui servizi digitali introdotta da Londra. Secondo Pearce, questi elementi limiteranno la disponibilità di altri paesi a fare concessioni significative in cambio di modesti sconti tariffari: "Altri paesi saranno riluttanti a offrire significative concessioni politicamente difficili in cambio di un minore sgravio tariffario".

In prospettiva, l’accordo offre una cornice per la de-escalation della guerra commerciale, ma i benefici economici concreti sembrano limitati. I beni importati continueranno a essere più costosi e gli altri principali partner commerciali, come Cina, Canada e Unione Europea, potrebbero incontrare maggiori difficoltà nel negoziare con Washington. Le relazioni con queste economie sono infatti segnate da una maggiore ostilità, da squilibri commerciali più marcati e da questioni controverse di più difficile risoluzione.

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