I dazi di Trump sono illegali, ma rimangono in vigore

Una corte federale statuisce che i dazi “reciproci” voluti dal presidente non hanno base legale. Restano però in vigore fino al 14 ottobre, in attesa del ricorso alla Corte suprema. La Casa Bianca parla di “rovina finanziaria” se fossero rimossi.

I dazi di Trump sono illegali, ma rimangono in vigore
White House

Una corte d’appello federale ha stabilito che la maggior parte dei dazi “reciproci” imposti dal presidente Donald Trump sono incostituzionali. La decisione, presa il 29 agosto con sette voti contro quattro, conferma una sentenza di primo grado emessa lo scorso maggio da un tribunale commerciale. L’applicazione del verdetto è tuttavia sospesa fino al 14 ottobre. Nel frattempo, tutte le tariffe restano in vigore.

Trump ha reagito immediatamente sul suo social network Truth Social, assicurando che “tutti i dazi sono ancora in vigore” e definendo il giudizio “disastroso”, frutto di “una corte d’appello altamente partigiana”. Il presidente ha annunciato di voler portare la questione davanti alla Corte suprema, a maggioranza conservatrice. “Con l’aiuto della Corte suprema useremo queste misure al servizio della nostra nazione e restituiremo all’America ricchezza, forza e potenza”, ha dichiarato.

Secondo i giudici d’appello, la legge concede al presidente ampi poteri in caso di emergenza nazionale, ma non quello di imporre dazi e tasse indiscriminate. Trump aveva giustificato le sue decisioni richiamandosi all’“urgenza” dei deficit commerciali, che a suo avviso rappresentavano una minaccia per il paese. Ma la corte ha chiarito che i dazi generalizzati, senza limiti di tempo o di ammontare, non rientrano nei poteri conferiti al capo dell’esecutivo.

Il provvedimento contestato si applica a quasi tutti i prodotti importati negli Stati Uniti, indipendentemente dal paese di provenienza. Non riguarda invece le tariffe su settori specifici, come auto, acciaio, alluminio o rame, che restano escluse dal giudizio.

La Casa Bianca teme che l’annullamento dei dazi comporti l’obbligo di restituire parte delle somme già riscosse alle imprese importatrici. Il dipartimento della giustizia ha parlato di possibile “rovina finanziaria” per gli Stati Uniti. Solo ad agosto le entrate doganali hanno raggiunto 30 miliardi di dollari, più del doppio rispetto allo stesso mese del 2024.

Dalla sua rielezione a gennaio, Trump ha introdotto nuove ondate di dazi, oscillanti fra il 10% e il 50% a seconda dei prodotti e dei paesi. La loro funzione, secondo la Casa Bianca, è duplice: esercitare pressione sui partner commerciali e incoraggiare le imprese a riportare la produzione sul suolo americano. Il presidente ha più volte sostenuto che queste entrate possano contribuire a ridurre i deficit di bilancio federale.

Il governo vede nei dazi un’arma di negoziato. La sola minaccia di nuove tariffe ha già spinto diversi paesi a evitare ritorsioni e ad aprire maggiormente i propri mercati ai prodotti statunitensi. Ora però l’incertezza giuridica rischia di indebolire questo strumento.

In attesa della decisione della Corte suprema, fissata per ottobre, la disputa resta aperta. Da una parte il presidente insiste sul carattere strategico dei dazi, dall’altra la magistratura federale sottolinea i limiti dei poteri presidenziali in materia fiscale. Il contrasto mette in discussione uno dei pilastri della politica economica dell’amministrazione Trump, che ha fatto delle tariffe doganali uno degli strumenti centrali della sua azione.

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