I dazi di Trump mettono in crisi l'economia cinese

I dati di aprile mostrano un indebolimento marcato del settore manifatturiero cinese. Le misure di ritorsione di Pechino non compensano il rallentamento delle esportazioni verso gli Stati Uniti, penalizzate dai dazi del 145% voluti dal presidente Trump.

I dazi di Trump mettono in crisi l'economia cinese

L’economia cinese inizia a mostrare segnali concreti di sofferenza a causa della guerra commerciale con gli Stati Uniti. I pesanti dazi imposti dal presidente Donald Trump, che ha rilanciato nel suo secondo mandato una linea dura sul fronte del commercio internazionale, stanno colpendo duramente l’export e la produzione manifatturiera del Paese asiatico.

Secondo i dati resi pubblici mercoledì dall’Ufficio Nazionale di Statistica cinese, l’indicatore dei nuovi ordini di esportazione ha registrato in aprile il livello più basso dal 2022, anno segnato ancora dagli effetti devastanti della pandemia di Covid-19. In parallelo, l’attività manifatturiera complessiva ha toccato il minimo da oltre dodici mesi, segnalando un indebolimento strutturale della produzione industriale.

Dati in calo e contrazione del settore manifatturiero

L’indice ufficiale dei responsabili degli acquisti (PMI) per il comparto manifatturiero, uno dei principali strumenti per misurare la salute dell’economia industriale cinese, si è attestato ad aprile a 49 punti. Si tratta di un calo significativo rispetto al valore di 50,5 registrato a marzo. Una lettura inferiore a 50 indica una contrazione dell’attività, e quella di aprile rappresenta il dato più debole dalla fine del 2023.

Ancora più netto il crollo dell’indicatore relativo ai nuovi ordini di esportazione, precipitato a 44,7, valore che non si registrava da dicembre 2022. Secondo l’analisi, molti importatori statunitensi hanno cominciato a cancellare o rinviare gli ordini, dopo aver anticipato le importazioni nel primo trimestre per evitare l’entrata in vigore dei dazi statunitensi.

Dazi Usa al 145% sulle merci cinesi

Nel suo secondo mandato, il presidente Trump ha imposto dazi del 145% su una vasta gamma di importazioni cinesi. Si tratta di una manovra inserita in un piano più ampio di revisione delle relazioni commerciali statunitensi, che mira a colpire anche i paesi alleati. Ad inizio aprile, la Casa Bianca ha annunciato ulteriori aumenti tariffari per molti partner commerciali, accompagnandoli con una sospensione di 90 giorni per consentire nuove trattative. Tuttavia, la Cina è stata esclusa da questa pausa, con Washington che ha chiarito la volontà di limitare l’accesso della Cina al mercato statunitense anche attraverso la collaborazione di altri Paesi.

La dura risposta di Pechino non si è fatta attendere. Le autorità cinesi hanno incrementato i propri dazi sulle importazioni americane fino a oltre il 100%, arrivando a colpire settori sensibili come le aziende statunitensi attive in Cina e le esportazioni di minerali critici, essenziali per la produzione di batterie e tecnologie avanzate.

Il doppio binario della risposta cinese

Pechino ha finora mantenuto una linea pubblica improntata alla fermezza. Il governo ha invitato gli altri Paesi a non cedere alla pressione statunitense, dichiarando che la Cina “non si inginocchierà mai” a Washington. Tuttavia, i dati economici mostrano che questa posizione ha un prezzo, specialmente in un momento in cui le esportazioni rappresentano circa un terzo della crescita economica nazionale.

Goldman Sachs ha stimato che tra i 10 e i 20 milioni di posti di lavoro nel settore manifatturiero cinese dipendano dalle commesse provenienti dagli Stati Uniti. Di fronte a questo scenario, emergono segnali che indicano un atteggiamento più pragmatico da parte di Pechino.

Secondo quanto riportato dall’agenzia Reuters, il governo cinese avrebbe infatti predisposto una lista di prodotti americani esentati dai dazi del 125% e avrebbe iniziato a comunicarla informalmente alle aziende interessate. Una fonte interna a un’azienda farmaceutica ha riferito che le autorità locali hanno contattato la società, che utilizza tecnologie statunitensi, per indicarle l’inclusione nella lista di esenzione. Un’altra fonte ha parlato di un’iniziativa simile in una provincia orientale della Cina, dove lobbisti di imprese straniere sono stati invitati a segnalare casi critici causati dai dazi.

Parallelamente, è stato inviato un sondaggio alle aziende tessili e ai produttori di semiconduttori nel sud-est del Paese per raccogliere dati sull’impatto delle misure tariffarie bilaterali. Questo approccio permette a Pechino di mantenere una linea dura nella retorica ufficiale, pur introducendo margini di flessibilità per attenuare gli effetti negativi sulla propria economia.

Già in precedenza, Pechino aveva escluso alcuni prodotti americani dai dazi, tra cui specifici farmaci, microchip e motori per aeromobili. Recentemente, sono stati eliminati anche i dazi sull’importazione di etano dagli Stati Uniti, considerato un fornitore essenziale per questa materia prima.

Tali concessioni indicano un tentativo da parte della Cina di ridurre le ricadute interne della guerra commerciale, salvaguardando settori strategici e aziende che dipendono da forniture americane.

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