Gli Stati Uniti verso la stagflazione?

L’economista analizza gli effetti delle politiche di Donald Trump, tra aumenti dei prezzi legati ai dazi e rallentamento della crescita dovuto a incertezza commerciale e riduzione della forza lavoro straniera.

Gli Stati Uniti verso la stagflazione?

L’economista Paul Krugman ritiene che gli Stati Uniti si stiano avvicinando a una fase di stagflazione a causa delle politiche economiche del presidente Donald Trump. In un’analisi pubblicata l’8 agosto, l’ex premio Nobel sottolinea che i segnali provenienti dall’economia indicano un mix crescente di inflazione e stagnazione, conseguenza diretta delle scelte su commercio e immigrazione.

Krugman ricorda come il 2 aprile Trump abbia annunciato i cosiddetti “Liberation Day tariffs”, con cui ha invertito novant’anni di graduale liberalizzazione degli scambi, riportando le tariffe statunitensi ai livelli dello Smoot-Hawley Tariff Act del 1930. All’epoca le importazioni pesavano meno sul prodotto interno lordo; oggi, con un’economia più aperta, l’impatto delle tariffe è potenzialmente molto maggiore.

Parallelamente, il presidente ha avviato una politica di arresti ed espulsioni su larga scala da parte dell’ICE, che ha già provocato una riduzione del numero di lavoratori stranieri dopo anni di crescita. Secondo Krugman, la combinazione di questi due fattori — restrizioni commerciali e contrazione della forza lavoro — spingerà l’inflazione verso l’alto nei prossimi mesi.

Sui dazi, l’economista osserva che la comunità accademica è quasi unanime nel considerarli inflazionistici. Un dazio, spiega, è essenzialmente una tassa selettiva sulle importazioni. Per neutralizzare l’effetto di un aumento medio di 15 punti percentuali, come quello introdotto da Trump, i produttori esteri dovrebbero ridurre i prezzi in dollari di oltre il 13 per cento, cosa che nella maggior parte dei casi non sta avvenendo. Al contrario, i prezzi all’importazione al netto dei dazi sono aumentati.

Anche la stretta sull’immigrazione ha effetti sui prezzi, riducendo la produzione in settori che dipendono dalla manodopera straniera. Krugman cita casi di raccolti lasciati marcire nei campi per mancanza di braccianti, cantieri rallentati dalle retate e un generale clima di incertezza.

Finora l’inflazione da dazi è emersa solo in parte nei dati ufficiali. Molte aziende avevano anticipato le misure, accumulando scorte di prodotti esteri, e hanno esitato ad aumentare i listini nella speranza che le tariffe venissero ridotte. Tuttavia, con il permanere delle misure, gli aumenti di prezzo sembrano imminenti. Indagini private tra i responsabili degli acquisti, come quelle dell’Institute for Supply Management, indicano un peggioramento sia sul fronte dei prezzi sia su quello occupazionale, anticipando un’inflazione al 4 per cento o più nei prossimi mesi.

Sul fronte della crescita, Krugman ricorda che le tariffe non portano automaticamente a un forte aumento della disoccupazione. A preoccupare di più è l’incertezza che scoraggia gli investimenti a lungo termine, aggravata dall’assenza di accordi commerciali formali e dal clima di instabilità generato dalle espulsioni.

L’unico fattore che finora ha sostenuto l’economia, osserva, è il boom degli investimenti nei data center e nelle tecnologie legate all’intelligenza artificiale. Anche così, i dati mostrano un rallentamento: la crescita trimestrale appare volatile per via delle oscillazioni nelle importazioni, ma su base semestrale la tendenza è negativa. L’ultimo Services PMI di luglio indica un’espansione minima dello 0,5 per cento su base annua, livello definito da Goldman Sachs “velocità di stallo”, ossia un ritmo al di sotto del quale il mercato del lavoro tende a indebolirsi in modo autoalimentato.

Il presidente ha recentemente licenziato il capo del Bureau of Labor Statistics dopo un rapporto sull’occupazione ritenuto da lui “truccato” e “politicamente motivato”. Secondo Krugman, quei dati sono in linea con altre rilevazioni che confermano l’indebolimento economico.

Confrontando l’attuale scenario con gli ultimi due anni dell’amministrazione Biden, caratterizzati da un calo dell’inflazione a fronte di una crescita solida, l’economista conclude che oggi, al contrario, “l’inflazione sta arrivando, mentre la stagnazione sembra già qui”. Per Krugman, il termine che descrive meglio la situazione è ormai uno solo: stagflazione.

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