Gli Stati Uniti impongono dazi sui lingotti d’oro svizzeri

Washington tassa le barre da un chilo e da 100 once, minacciando il ruolo della Svizzera come principale hub mondiale per la raffinazione dell’oro. L’impatto potrebbe essere dirompente per il commercio internazionale del metallo prezioso.

Gli Stati Uniti impongono dazi sui lingotti d’oro svizzeri
Photo by Jingming Pan / Unsplash

Gli Stati Uniti hanno introdotto dazi sull'importazione di lingotti d’oro da un chilo e da 100 once, una decisione che rischia di sconvolgere il mercato globale del metallo prezioso e danneggiare la Svizzera, principale centro di raffinazione mondiale. La misura, annunciata il 31 luglio da Customs and Border Protection (CBP) in una ruling letter vista dal Financial Times, modifica l’interpretazione doganale di lunga data e rende queste tipologie di lingotti soggette a tassazione.

La decisione si discosta in modo netto dalle aspettative dell’industria, secondo cui i lingotti da un chilo e da 100 once dovevano rientrare in una categoria esente dai dazi imposti dall’amministrazione Trump. Le nuove disposizioni stabiliscono che tali prodotti devono essere classificati con il codice 7108.13.5500, che prevede l'applicazione di dazi. Non rientrano invece nel codice 7108.12.10, l’unico esente da imposte.

I lingotti da un chilo sono il formato più comune negoziato sul Comex, la maggiore borsa mondiale di future sull’oro, e rappresentano la gran parte delle esportazioni svizzere di oro verso gli Stati Uniti. La Svizzera, secondo i dati doganali, ha esportato oro verso gli USA per un valore di 61,5 miliardi di dollari nei dodici mesi conclusi a giugno. Con l’introduzione del dazio del 39%, entrato in vigore giovedì, lo stesso volume di scambi comporterebbe ora un carico fiscale aggiuntivo di 24 miliardi di dollari.

La dinamica colpisce un sistema commerciale consolidato. Normalmente, il commercio globale dell’oro si articola in un flusso triangolare: i grandi lingotti da 400 once troy vengono scambiati tra Londra e New York e transitano dalla Svizzera, dove sono rifusi e ridotti alle dimensioni preferite nei diversi mercati. Se Londra utilizza barre grandi quanto un mattone, New York predilige le più compatte barre da un chilo, simili per dimensioni a uno smartphone.

Già a inizio anno, i trader avevano accelerato l’importazione di oro negli Stati Uniti in vista dei dazi promessi dal presidente Trump per il “giorno della liberazione”, accumulando scorte record sul Comex e causando una temporanea carenza di oro a Londra. Tuttavia, all’epoca, molti prodotti in oro furono esentati dai dazi, compresi alcuni lingotti la cui classificazione era interpretata come favorevole.

Con la nuova decisione del CBP, questa interpretazione viene ribaltata. Secondo quanto riferito al Financial Times, la ruling letter è stata rilasciata in risposta a una richiesta formale di chiarimento da parte di una raffineria svizzera. Diverse raffinerie elvetiche hanno confermato di aver lavorato per mesi con avvocati e consulenti per stabilire con certezza quali prodotti potessero godere dell’esenzione. Due di esse hanno dichiarato al Financial Times di aver temporaneamente ridotto o sospeso le spedizioni verso gli Stati Uniti.

La situazione si inserisce in un contesto di relazioni deteriorate tra Washington e Berna. L’imposizione del dazio del 39% su tutte le importazioni dalla Svizzera, annunciata la scorsa settimana, ha già suscitato forti tensioni diplomatiche. L’oro è uno dei principali prodotti esportati dalla Svizzera verso gli Stati Uniti, e l’impatto delle nuove tariffe potrebbe compromettere il ruolo strategico del paese nel mercato globale dei metalli preziosi.

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