Fiducia in calo negli Stati Uniti: segnali di allarme o semplice pessimismo?
A marzo la fiducia dei consumatori statunitensi è scesa per il quarto mese consecutivo, toccando livelli inferiori a quelli del 2022. Crescono le preoccupazioni su redditi e occupazione, ma la correlazione con il rallentamento economico resta incerta.

Le prospettive economiche degli Stati Uniti si sono offuscate nelle ultime settimane, alimentando un dibattito tra economisti, imprese e osservatori politici su quanto il deterioramento della fiducia possa incidere sull’economia reale nei prossimi mesi.
Secondo i dati pubblicati martedì dal Conference Board, a marzo la fiducia dei consumatori è calata per il quarto mese consecutivo. Un trend che, in termini storici, riporta l’indice su livelli inferiori a quelli registrati durante il picco dell’inflazione nel 2022. In particolare, preoccupa la componente dell’indice che misura le aspettative a breve termine in merito a redditi, condizioni del mercato del lavoro e attività commerciali: questo indicatore ha raggiunto i minimi degli ultimi dodici anni, scivolando al di sotto della soglia che tradizionalmente segnala il rischio di una recessione imminente.
L’andamento del dato mostra inoltre un’accentuata perdita di fiducia tra i cittadini statunitensi più anziani, suggerendo una crescente preoccupazione in questa fascia demografica per la sostenibilità futura della propria situazione economica.
Anche il mondo imprenditoriale non è immune da queste incertezze. Un indice pubblicato mercoledì dalla Camera di Commercio degli Stati Uniti, che misura la fiducia dei piccoli imprenditori, mostra un peggioramento nel primo trimestre del 2025. I livelli sono tornati a quelli di un anno fa, cancellando i progressi registrati dopo le elezioni, che avevano temporaneamente aumentato l’ottimismo tra gli operatori economici.
A complicare ulteriormente il quadro si aggiungono segnali preoccupanti provenienti dai bilanci familiari. Secondo la Federal Reserve di New York, nel quarto trimestre del 2024 la percentuale di debito su carte di credito con ritardi di pagamento superiori a 90 giorni ha raggiunto il livello più alto degli ultimi tredici anni. Questo dato riflette un peggioramento della capacità di spesa e di rimborso da parte di una quota crescente di famiglie, già prima dell’eventuale impatto delle politiche commerciali restrittive e dei tagli alla spesa pubblica annunciati dall’amministrazione Trump.
Tuttavia, nonostante la natura allarmante di questi dati, la loro capacità di anticipare concretamente un rallentamento dell’attività economica resta controversa. Durante gran parte dell’amministrazione Biden, ad esempio, la fiducia dei consumatori si è mantenuta su livelli bassi, anche in presenza di un’economia che continuava a registrare consumi sostenuti e una crescita dell’occupazione.
Lo stesso presidente della Federal Reserve, Jerome Powell, ha recentemente invitato alla cautela nell’interpretare questi segnali. "Ci sono stati molti momenti in cui le persone esprimevano opinioni molto negative sull'economia e poi uscivano per comprare una nuova auto", ha dichiarato. "Ma non sappiamo se sarà questo il caso anche questa volta".
Il nodo centrale è dunque capire se il recente deterioramento della fiducia sia il preludio a una contrazione dell’economia reale — con effetti tangibili su occupazione, redditi e investimenti — oppure se si tratti di un fenomeno transitorio, alimentato da incertezze politiche, instabilità internazionale e percezioni soggettive, che non si tradurrà necessariamente in una crisi.