Fed divisa sul taglio dei tassi d’interesse

Due governatori nominati da Trump chiedono un taglio dei tassi già a luglio, ma la maggioranza del comitato si oppone. Powell invoca prudenza di fronte ai rischi futuri legati ai dazi

Fed divisa sul taglio dei tassi d’interesse
Photo by Joshua Hoehne / Unsplash

La Federal Reserve è divisa internamente sulla direzione della politica monetaria. Due membri del consiglio direttivo, il governatore Christopher Waller e la governatrice Michelle Bowman, entrambi nominati dal presidente Donald Trump, hanno espresso pubblicamente la loro posizione a favore di un taglio dei tassi di interesse già a partire dalla riunione di luglio. Un orientamento che si scontra con quello della maggioranza del comitato direttivo, dove sette dirigenti su diciannove non ritengono necessaria alcuna riduzione dei tassi per l’intero 2025.

Il dissenso interno sta assumendo una connotazione politica rilevante. L’amministrazione Trump e alcuni parlamentari repubblicani stanno infatti spingendo per un allentamento delle condizioni monetarie, giudicato funzionale al sostegno della crescita economica in vista delle elezioni presidenziali del 2028. Tuttavia, il presidente della Fed Jerome Powell ha ribadito la necessità di un approccio cauto, sottolineando che l’attuale contesto richiede pazienza e valutazioni prudenti, soprattutto alla luce dell’incertezza sull’andamento futuro dell’inflazione.

La divergenza di vedute si concentra su un nodo centrale: se i segnali di rallentamento dell’inflazione giustifichino già ora un taglio dei tassi, o se al contrario le possibili pressioni sui prezzi derivanti dalle politiche commerciali – in particolare i dazi voluti dall’amministrazione – impongano un atteggiamento più attendista. In una conferenza stampa della scorsa settimana e nella sua recente testimonianza davanti al Congresso, Powell ha ribadito che l’incertezza sulle previsioni inflazionistiche rende prematuro un intervento.

Le posizioni di Waller e Bowman sono emerse chiaramente nelle dichiarazioni rilasciate nei giorni scorsi, nelle quali i due governatori hanno sostenuto che eventuali rialzi dei prezzi causati dai dazi rappresenterebbero un aggiustamento una tantum, e non un segnale di inflazione persistente. Di conseguenza, ritengono giustificata una riduzione dei tassi già a partire da luglio.

Nonostante ciò, i numeri del comitato indicano una linea opposta. Secondo le proiezioni economiche diffuse la scorsa settimana dalla Federal Reserve, sette membri su diciannove prevedono tassi stabili fino a fine anno, dieci stimano uno o due tagli nel corso del 2025, e solo due – presumibilmente proprio Waller e Bowman – si aspettano tre riduzioni. Le proiezioni non identificano i nomi dei singoli partecipanti, ma l’allineamento tra le dichiarazioni pubbliche e i dati suggerisce l’identità dei due funzionari più accomodanti.

La posizione esplicitamente divergente di due governatori è un fatto raro. A differenza dei presidenti delle banche regionali, che talvolta assumono posizioni più indipendenti, i governatori risiedono a Washington, lavorano quotidianamente a stretto contatto con il presidente della Fed e solitamente tendono a evitare fratture pubbliche. Le recenti dichiarazioni di Waller e Bowman, dunque, testimoniano un livello di disaccordo interno più marcato del consueto e rivelano una frattura di natura anche politica, oltre che tecnica.

Alla domanda sul motivo per cui la Federal Reserve si muove più lentamente rispetto ad altre banche centrali internazionali nel taglio dei tassi, Powell ha fornito una risposta che riflette la tensione tra analisi retrospettiva e visione prospettica: “Avete ragione nel dire che guardando allo specchietto retrovisore e ai dati attuali, si può sostenere che dovremmo essere già a un livello neutrale, che implicherebbe un paio di tagli, forse più. Ma il motivo per cui non lo facciamo sono le previsioni, che indicano un’inflazione significativa nel corso del prossimo anno.”

Pur non escludendo esplicitamente la possibilità di un taglio, Powell ha dichiarato che l’eventuale decisione dipenderà dall’evoluzione dei dati: “Se dovesse risultare che le pressioni inflazionistiche rimangono contenute, arriveremo a un punto in cui taglieremo i tassi prima piuttosto che dopo. Non vorrei indicare una riunione particolare. Non penso che dobbiamo avere fretta, perché l’economia è ancora forte.”

Il confronto interno alla Fed riflette la difficoltà di definire una linea coerente in un contesto caratterizzato da segnali misti: da un lato il calo dell’inflazione osservata, dall’altro i possibili effetti rialzisti derivanti dalle politiche tariffarie dell’amministrazione. I funzionari devono bilanciare questi elementi in un quadro di incertezza crescente, cercando di mantenere la credibilità dell’istituzione senza ignorare le pressioni politiche e i rischi macroeconomici.

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