Dazi Usa-Cina, rivenditori americani in crisi: rischiano aumenti di prezzi e licenziamenti
Un documento del settore calzaturiero avverte: con i nuovi dazi sulle merci cinesi i prezzi potrebbero aumentare significativamente, mettendo a rischio liquidità, vendite e posti di lavoro.

Un foglio di calcolo, attualmente diffuso tra i membri del Congresso statunitense, sta mettendo nero su bianco gli effetti finanziari tangibili causati dai dazi imposti dall’Amministrazione Trump sui prodotti importati dalla Cina.
Elaborato dalla Footwear Distributors and Retailers of America (FDRA), un'importante associazione di categoria del settore calzaturiero, il documento, reso noto da Axios, illustra una realtà economica difficile per molti rivenditori americani, lasciando loro pochissime opzioni: aumentare i prezzi finali al consumatore oppure rischiare una grave crisi di liquidità, con effetti a cascata sulla sopravvivenza stessa delle loro attività.
Secondo il documento, anche dopo la recente riduzione delle aliquote sui dazi – scese dal 145% al 30% – molti importatori di beni di consumo dalla Cina non riescono comunque a far quadrare i conti. Il problema principale risiede nei margini tipici del settore, talmente sottili da permettere di assorbire solo una parte dei costi aggiuntivi. Una volta superato questo limite, la liquidità delle imprese viene gravemente compromessa, rischiando di lasciarle prive del capitale necessario per importare ulteriori lotti di merce.
Questi dati costituiscono un chiaro segnale di allarme per l'economia statunitense nei mesi a venire, soprattutto se le aliquote attuali dovessero persistere. A livello pratico, i rivenditori avrebbero poche alternative se non alzare i prezzi di vendita. Tuttavia, questo aumento non offre garanzie: il consumatore potrebbe decidere semplicemente di non comprare più, o di ritardare l’acquisto, provocando così un circolo vizioso. Minori vendite significano meno liquidità, meno capitale per mantenere il personale e continuare a importare. Su larga scala, ciò potrebbe tradursi inevitabilmente in licenziamenti e carenze di beni.
Le cifre reali: scarpe per bambini da 19 a 24 dollari
Per illustrare con chiarezza la situazione, il foglio di calcolo della FDRA propone l’esempio specifico di un rivenditore ipotetico che importa scarpe per bambini dalla Cina. Secondo le proiezioni del documento, aggiornato per tenere conto della recente tregua nella guerra commerciale commerciale, il prezzo di un singolo paio di scarpe per bambini venduto inizialmente a 19 dollari dovrebbe salire a circa 24 dollari, con un aumento del prezzo di circa il 26%.
Se tale incremento potrebbe apparire gestibile se isolato, l’effetto cumulativo di aumenti simili su un'ampia gamma di prodotti rischierebbe di scoraggiare significativamente gli acquisti delle famiglie americane, specialmente quelle con redditi più bassi. Infatti, il documento evidenzia come per molti consumatori che frequentano i grandi magazzini, un tale incremento di prezzo sia troppo alto, inducendoli a ritardare o annullare l’acquisto.
Il problema non si limita alla sola domanda: il rivenditore tipico si trova già ad affrontare circa 3 dollari di costi aggiuntivi per ogni paio di scarpe importato, corrispondenti al nuovo dazio del 30%. Per ordini di grandi dimensioni, come ad esempio 100.000 paia di scarpe, ciò significa la necessità di circa 300.000 dollari di capitale aggiuntivo. E se anche fosse possibile ottenere un finanziamento bancario per coprire tali costi extra, gli interessi risulterebbero molto elevati, in quanto le banche potrebbero essere restie a finanziare l'importazione di merci gravate da tasse che superano il valore del bene stesso.
La testimonianza del settore: "Non c'è più nulla da tagliare"
Andy Polk, vicepresidente della FDRA, ha sintetizzato chiaramente la situazione parlando con la testata Axios:
"I rivenditori stanno dicendo chiaramente che siamo arrivati al punto in cui non c’è più nulla da tagliare. Non abbiamo più margini per assorbire questi costi. La matematica semplicemente non funziona più".
Polk prevede inoltre che l’impatto più forte si farà sentire durante i mesi estivi, quando termineranno le scorte accumulate prima dell'introduzione dei dazi. Proprio in quel periodo, in concomitanza con la stagione dello shopping per il ritorno a scuola, si potrebbero verificare gravi problemi di approvvigionamento, con i consumatori in difficoltà nel trovare taglie e modelli desiderati.
Nonostante le preoccupazioni espresse dal settore, l’Amministrazione Trump ha difeso la propria politica tariffaria, sostenendo che i nuovi dazi rappresentano un incentivo alla rinascita della produzione domestica e che gran parte dei costi ricadrà sugli esportatori cinesi. Tuttavia, al momento i principali analisti economici statunitensi sono in attesa di comprendere meglio l'effettivo impatto che queste misure avranno sull'economia nazionale, in particolare sull'inflazione e sul mercato del lavoro.
Il presidente della Federal Reserve di Atlanta, Raphael Bostic, ha evidenziato ieri ai giornalisti in Florida che gran parte dell’impatto dei dazi non è ancora visibile nei dati ufficiali. Bostic ha sottolineato come molte aziende abbiano adottato strategie preventive, accumulando scorte prima dell’entrata in vigore delle tariffe, mitigando così temporaneamente gli effetti sui consumatori. Ora, tuttavia, quelle scorte stanno esaurendosi, e molte aziende sono entrate in una fase di attesa, mentre il tempo disponibile per evitare impatti negativi si sta rapidamente riducendo.