Dazi e protezionismo: la strategia economica di Trump che sta affondando Wall Street
La strategia di "indipendenza economica" di Trump non porterà i benefici promessi ma rischia di produrre danni duraturi all'economia statunitense, compromettendo specializzazione, economie di scala e trasferimento tecnologico.
L'economia americana sta subendo un duro colpo nelle prime settimane della nuova amministrazione Trump. L'indice S&P 500 ha registrato un calo del 7,5% nell'ultimo mese tornando a valori inferiori rispetto a quelli del giorno precedente all'elezione di Donald Trump. Questa flessione ha comportato la scomparsa di circa 4.500 miliardi di dollari di ricchezza dal mercato azionario.
Si tratta di uno dei peggiori risultati economici nei primi 50 giorni di mandato di un presidente americano. A differenza di Barack Obama, che nel 2009 entrò in carica nel pieno della crisi finanziaria, il crollo attuale sembra essere causato direttamente dalle politiche economiche di Trump, in particolare dalla sua strategia sui dazi commerciali.
L'amministrazione Trump e i suoi sostenitori stanno promuovendo questa flessione come un "dolore necessario", un periodo di aggiustamento temporaneo che porterà a un'economia futura libera da dipendenze estere. "Ci potrebbe essere un po' di turbolenza. Non si può guardare solo al mercato azionario. Se guardi alla Cina, hanno una prospettiva di 100 anni... noi andiamo per trimestri. Quello che stiamo facendo è costruire le fondamenta per il futuro", ha dichiarato lo stesso Trump.
Questo approccio sta però suscitando crescenti preoccupazioni tra gli economisti. L'economista Noah Smith analizza le molte ragioni per cui la strategia di "indipendenza economica" potrebbe fallire sia nel breve che nel lungo periodo. Innanzitutto, secondo la teoria economica di base, il commercio internazionale genera ricchezza attraverso due meccanismi fondamentali: i guadagni dallo scambio e la specializzazione. Senza commercio, i paesi sono costretti a fare tutto da soli, perdendo i vantaggi della specializzazione.
Smith porta l'esempio del legname canadese: i dazi imposti da Trump costringeranno gli Stati Uniti a tagliare i propri alberi, sottraendo lavoratori da attività a più alto valore aggiunto o aumentando semplicemente il prezzo dei prodotti in legno. L'economista sottolinea che la specializzazione in attività ad alto valore è stata una tendenza positiva per l'economia americana dal 2016, che rischia di essere invertita dalle nuove politiche.
Un secondo problema identificato da Smith riguarda le economie di scala. Le aziende americane, limitando il loro mercato a soli 263 milioni di potenziali clienti adulti americani anziché ai miliardi di clienti globali, avranno meno possibilità di ridurre i costi attraverso la produzione su larga scala. Inoltre, la strategia aggressiva di Trump sta già provocando ritorsioni da parte dei partner commerciali, danneggiando anche gli esportatori americani.
Infine, l'isolamento economico rischia di tagliare gli Stati Uniti dal trasferimento tecnologico globale. Anche se l'America è un'economia altamente creativa, ci sono numerose tecnologie sviluppate altrove che sono cruciali per l'innovazione americana. Smith cita l'esempio del fotoresist giapponese per i semiconduttori e dei droni cinesi DJI, suggerendo che l'isolamento potrebbe portare a una sorta di "sindrome delle Galapagos" tecnologica.
L'analisi di Smith si contrappone alla narrativa dell'amministrazione Trump secondo cui il dolore economico attuale è necessario per costruire un'economia migliore in futuro. Smith sostiene invece che non esiste un'utopia economica all'orizzonte, ma solo più dolore.