Come ha fatto Israele ad attaccare l’Iran: spie, droni e mesi di preparazione
Un'operazione congiunta di spie e piloti israeliani ha decapitato la catena di comando militare iraniana, paralizzato i sistemi di difesa e impedito un'immediata rappresaglia. L’Iran promette vendetta, ma appare indebolito.

Nella notte tra giovedì e venerdì, Israele ha lanciato un attacco senza precedenti contro l’Iran, colpendo simultaneamente installazioni nucleari, basi missilistiche, siti militari e figure chiave del regime. L’operazione, preparata per otto mesi, ha neutralizzato la possibilità di una risposta immediata da parte di Teheran e ha messo in luce le falle nella difesa e nell’intelligence iraniane.
Secondo fonti israeliane sentite da Axios, l’attacco è iniziato con la distruzione di un bunker sotterraneo dove si erano riuniti i comandanti dell’aeronautica dei Pasdaran. L’intelligence israeliana conosceva esattamente la posizione della struttura, che è stata colpita uccidendo i responsabili delle operazioni di droni e difesa aerea. “Il fatto che non ci fosse nessuno a dare ordini ha neutralizzato una risposta immediata”, ha dichiarato un funzionario israeliano.
Oltre venti comandanti iraniani sono stati uccisi nel primo attacco, che ha preso di mira la catena di comando e controllo delle forze armate. Sono morti i vertici dei Pasdaran, dello Stato Maggiore e del quartier generale per le emergenze militari. Israele ha anche distrutto gran parte dei radar e delle difese aeree, garantendosi così libertà d’azione nei cieli iraniani.
Parallelamente, il Mossad ha condotto una serie di operazioni segrete all’interno del territorio iraniano. Centinaia di agenti, tra cui una speciale unità composta da iraniani al servizio del Mossad, hanno sabotato lanciamissili e sistemi antiaerei. Armi guidate erano state nascoste in zone vicino a batterie di missili iraniani e attivate al momento dell’attacco. In un’altra località, una serie di armi erano state occultate in veicoli e poi lanciate contro bersagli selezionati.
Una delle mosse più audaci è stata l’installazione segreta di una base di droni all’interno dell’Iran. I velivoli, contrabbandati mesi prima, sono stati attivati per colpire il sito di Esfajabad, nei pressi di Teheran, distruggendo missili balistici pronti al lancio.
Israele temeva che l’Iran potesse reagire con un attacco massiccio da 300-500 missili, ma la risposta iraniana è arrivata solo dopo alcune ore e con una scala minore: circa 100 droni, tutti abbattuti.
Nelle ore successive, l’esercito israeliano ha continuato a colpire depositi di missili balistici, basi di lancio e impianti militari in diverse province iraniane. L’IDF ha dichiarato di aver distrutto “decine di lanciatori, depositi e strutture militari”. In un sito nell’Iran occidentale è stato scoperto un meccanismo di lancio camuffato all’interno di container.
Le autorità iraniane, colte di sorpresa, si sono riunite venerdì per valutare la situazione. Secondo fonti sentite dal New York Times, l’Iran stava pianificando una risposta militare in caso di fallimento dei negoziati nucleari con gli Stati Uniti, previsti per domenica a Mascate. Tuttavia, l’ipotesi che Israele attaccasse prima dell’incontro era stata scartata come propaganda. Di conseguenza, le precauzioni predisposte sono state ignorate.
La notte dell’attacco, molti comandanti militari si trovavano nelle loro abitazioni. Il generale Amir Ali Hajizadeh, responsabile dell’unità aerospaziale dei Pasdaran, e il suo staff sono stati uccisi durante una riunione d’emergenza in una base militare a Teheran. In tutto il Paese, almeno 15 siti sono stati colpiti: da Isfahan a Shiraz, passando per Qom, Urmia e Kermanshah.
Le perdite sono state ingenti: difese aeree distrutte, accesso limitato all’arsenale missilistico e numerosi alti ufficiali eliminati. Anche l’impianto di arricchimento dell’uranio a Natanz ha subito gravi danni nella sua parte in superficie.
Secondo Hamid Hosseini, membro del comitato energia della Camera di Commercio iraniana, l’attacco ha segnato un salto di qualità nella capacità operativa israeliana. “Hanno bombardato siti militari e strategici con droni e missili contrabbandati, e nessuno è riuscito a fermarli”, ha detto da Teheran.
La guida suprema Ali Khamenei è stato trasferito in una località segreta da cui ha mantenuto i contatti con i vertici rimasti. In un discorso televisivo ha accusato Israele di aver “dichiarato guerra” e ha promesso vendetta. Nel frattempo, l’Iran ha lanciato missili su Tel Aviv e Gerusalemme.
Il Consiglio supremo di sicurezza nazionale si è riunito d’urgenza venerdì mattina per decidere la risposta. Khamenei ha chiesto una reazione ma ha chiesto di evitare decisioni avventate. Nel dibattito sono emerse divisioni: alcuni temono che un’escalation potrebbe trascinare il Paese in una guerra aperta con Israele e forse con gli Stati Uniti. Altri ritengono che un’assenza di risposta indebolirebbe ulteriormente il regime.
Secondo membri dei Pasdaran, era stato pianificato un attacco con 1.000 missili per saturare le difese israeliane. Ma i danni subiti impedivano di predisporre rapidamente i lanci. Alla fine sono stati lanciati solo circa 100 missili. Sette siti nei pressi di Tel Aviv sono stati colpiti, con un morto e almeno venti feriti.
Nella giornata di venerdì, le forze iraniane hanno cercato di ripristinare le difese aeree. Lo spazio aereo del Paese è rimasto chiuso, con aeroporti bloccati e voli sospesi. A Teheran, in un clima di incertezza e paura, i cittadini hanno affollato le stazioni di servizio e i negozi alimentari. Alcune famiglie hanno scelto di passare la notte nei parchi, temendo nuovi attacchi contro edifici residenziali. Nelle prime ore di sabato, Israele ha ripreso i bombardamenti sulla capitale.