Il Canada dichiara che l'amicizia con gli Stati Uniti è "finita". E ora?
Il primo ministro canadese Mark Carney dichiara conclusa l’era della cooperazione con Washington dopo l’imposizione dei dazi da parte di Trump. Ottawa risponde con contromisure economiche e un nuovo orientamento geopolitico

Durante un discorso televisivo rivolto ai cittadini canadesi, il primo ministro Mark Carney ha dichiarato la fine della storica relazione tra Canada e Stati Uniti. Le parole scelte da Carney – "È finita" – segnano un momento di svolta nei rapporti bilaterali tra i due paesi, tradizionalmente considerati alleati stretti e interdipendenti sotto il profilo economico e della sicurezza. La rottura, ha precisato Carney, è stata innescata dall'imposizione di dazi da parte del presidente americano Donald Trump.
Secondo Carney, "la vecchia relazione basata sull’integrazione economica e sulla cooperazione in ambito sicurezza è terminata", e il Canada dovrà ora “reimmaginare fondamentalmente la propria economia” in un contesto internazionale radicalmente mutato. Anche l’opposizione conservatrice, tradizionalmente più incline a un dialogo con Washington, ha adottato toni simili. Pierre Poilievre, principale avversario politico di Carney, ha dichiarato che, qualora eletto, chiederà immediatamente la rinegoziazione dell’accordo commerciale CUSMA.
L’elemento scatenante di questa crisi diplomatica è stato il pacchetto di dazi annunciato da Trump nel cosiddetto “Liberation Day”, con l’imposizione di tariffe su automobili, acciaio e alluminio canadesi. Il governo canadese ha risposto con controdazi del 25% sulle auto statunitensi importate, evidenziando l’intenzione di difendere i propri interessi strategici.
L’industria automobilistica è storicamente uno dei pilastri della cooperazione tra i due paesi. L’Auto Pact del 1965, firmato proprio l’anno di nascita di Carney, aveva creato un mercato automobilistico senza dazi e favorito lo sviluppo industriale dell’Ontario. Con l’attuale rottura, quel modello di integrazione sembra definitivamente superato.
La portata simbolica e materiale della crisi è stata sottolineata anche da Carney, che ha parlato della fine di un’era iniziata con la Seconda Guerra Mondiale, in cui gli Stati Uniti hanno rappresentato il fulcro dell’ordine economico globale. "Il periodo di 80 anni in cui gli Stati Uniti hanno abbracciato un ruolo di leadership economica globale… è finito", ha detto Carney, definendo la situazione una "tragedia".
In questo nuovo scenario, Ottawa intende muoversi su due fronti: negoziare nuovi termini per la relazione con Washington e costruire una rete di alleanze alternative con paesi “che condividono i nostri valori”. Carney ha già avviato colloqui con i leader di Francia, Regno Unito, Germania, Messico e Australia, e un nuovo accordo con Canberra prevede il rafforzamento del sistema di sorveglianza radar per l’Artico.
Anche il ministro degli Esteri Mélanie Joly ha sottolineato la gravità della situazione. Intervenuta a Bruxelles durante un vertice NATO, ha affermato che la relazione con gli Stati Uniti "non sarà mai più la stessa", descrivendo la situazione come "un incubo". Secondo Joly, il nuovo regime tariffario imposto da Trump rappresenta un vero e proprio “reset globale sul commercio”, cominciato proprio con il Canada.
In un messaggio rivolto agli alleati europei, Joly ha ribadito che "se gli USA possono fare questo a noi, il loro amico più stretto, allora nessuno è al sicuro". La portata della crisi è anche economica: le contromisure canadesi hanno raggiunto i 60 miliardi di dollari canadesi in dazi, una cifra significativa per l’economia nazionale.
Un recente report redatto da un gruppo di esperti, tra cui un ex vicecapo delle Forze armate e un ex ministro della Difesa, invita alla prudenza nel trattare con l’attuale amministrazione statunitense. Intitolato “Fiducia Spezzata: Gestire un Alleato Inaffidabile”, il documento riflette lo stato d’animo diffuso a Ottawa e oltre.
La reazione dell’opinione pubblica canadese sembra essere in linea con la posizione del governo: c’è poco spazio per tentativi di conciliazione. Le ripetute provocazioni di Trump – come le dichiarazioni sul Canada come "51° stato" – hanno contribuito a erodere un clima già teso.
Un timido segnale di distensione si è però intravisto nella recente telefonata tra Carney e Trump, durante la quale il presidente americano si è rivolto a lui con rispetto, mettendo momentaneamente da parte i toni irrisori riservati in passato a Justin Trudeau. Ma l’interruzione delle ostilità verbali non è sufficiente a sanare una frattura profonda.
Durante una tappa della sua campagna elettorale a Montreal, Carney ha rilanciato anche il tema dell’identità culturale canadese, affermando che la cultura francofona del Québec è oggi "apertamente minacciata" dal presidente Trump. "Proteggeremo la nostra cultura", ha dichiarato in francese.