Washington impone sanzioni a quattro giudici della Corte penale internazionale
Due giudici indagavano su crimini di guerra statunitensi in Afghanistan, altri due hanno autorizzato il mandato d’arresto contro Netanyahu per la guerra a Gaza

Gli Stati Uniti hanno annunciato giovedì 5 giugno l’imposizione di sanzioni contro quattro giudici della Corte Penale Internazionale (CPI), accusati di aver condotto indagini o autorizzato procedimenti giudicati “illegittimi” e “politicizzati” nei confronti di soldati americani e leader israeliani. Il provvedimento, che ha suscitato la reazione della CPI e il plauso del primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu, prevede il divieto di ingresso negli Stati Uniti e il congelamento degli eventuali beni detenuti nel Paese.
I giudici sanzionati sono Solomy Balungi Bossa e Luz del Carmen Ibanez Carranza, responsabili delle indagini sui presunti crimini di guerra commessi da militari americani in Afghanistan, e Reine Alapini Gansou e Beti Hohler, che hanno autorizzato l’emissione di mandati d’arresto contro Netanyahu e il suo ex ministro della difesa, Yoav Gallant, per crimini di guerra e contro l’umanità nella Striscia di Gaza. Sono accusati dal Dipartimento di Stato di partecipare “attivamente ad azioni illegittime e infondate della CPI” contro gli Stati Uniti e il loro “alleato più stretto”, Israele.
In un comunicato ufficiale, il Dipartimento di Stato statunitense ha dichiarato che la decisione non è stata presa “alla leggera”, sottolineando la “minaccia seria rappresentata dalla politicizzazione e dall’abuso di potere della CPI”. Queste misure, che in genere sono rivolte a criminali o leader di Stati nemici, sono ora applicate a giudici internazionali che operano in una giurisdizione multilaterale riconosciuta da 125 Paesi.
La reazione della Corte dell’Aia è stata immediata. In una nota ufficiale, la CPI ha definito le sanzioni “un tentativo palese di minare l’indipendenza di un’istituzione giudiziaria internazionale” e ha espresso pieno sostegno al proprio personale, annunciando che “proseguirà il proprio lavoro senza lasciarsi scoraggiare”. L’istituzione ha inoltre sottolineato che “colpire chi lavora per la giustizia non contribuisce ad aiutare i civili intrappolati nei conflitti, ma incoraggia chi crede di poter agire impunemente”.
Le reazioni politiche non si sono fatte attendere. Il primo ministro israeliano Netanyahu ha espresso gratitudine al presidente Donald Trump e al segretario di Stato Marco Rubio per le sanzioni. In un messaggio pubblicato sulla piattaforma X, Netanyahu ha affermato: “Grazie al presidente Trump e al segretario di Stato Rubio per aver imposto sanzioni contro i giudici politicizzati della CPI. Avete difeso giustamente il diritto di Israele, degli Stati Uniti e di tutte le democrazie di difendersi contro il terrorismo brutale.”
Le misure attuali seguono un precedente stabilito durante il primo mandato del presidente Trump, quando anche la procuratrice della CPI Fatou Bensouda fu oggetto di sanzioni per le sue indagini sulle azioni militari statunitensi in Afghanistan. Queste sanzioni furono poi revocate da Joe Biden nel 2021, ma la nuova amministrazione Trump ha scelto di reintrodurre misure simili. A febbraio 2025, l’attuale procuratore della CPI, Karim Khan, era stato sanzionato per aver avviato la procedura contro i dirigenti israeliani. Attualmente è oggetto di un’inchiesta per “presunta condotta scorretta” e si è temporaneamente ritirato dal suo incarico.
Secondo Liz Evenson, rappresentante dell’organizzazione Human Rights Watch, le nuove sanzioni americane “mirano a dissuadere la CPI dall’indicare i responsabili dei gravi crimini commessi in Israele e Palestina, in un momento in cui le atrocità israeliane si moltiplicano a Gaza, anche con la complicità degli Stati Uniti”. Evenson ha ribadito che “le sanzioni dovrebbero servire a porre fine alle violazioni dei diritti umani, non a punire chi cerca di fare giustizia per i crimini più gravi”.
Va ricordato che né gli Stati Uniti né Israele sono membri della CPI. Entrambi rifiutano la giurisdizione della Corte sui propri cittadini, pur trattandosi di un organismo internazionale istituito con il compito di perseguire individui accusati di genocidio, crimini di guerra e crimini contro l’umanità.