Vance: "La Russia chiede troppo per porre fine alla guerra con l'Ucraina"
Il vicepresidente degli Stati Uniti ha dichiarato che la Russia rifiuta un cessate il fuoco e pretende concessioni eccessive. Washington ora punta a un dialogo diretto tra Mosca e Kiev, mentre le tensioni restano alte anche sul fronte dei rapporti con l’Europa

Il vicepresidente degli Stati Uniti JD Vance ha affermato mercoledì che la Russia sta "chiedendo troppo" per porre fine alla guerra in Ucraina, lasciando trapelare un crescente malcontento all’interno dell’amministrazione Trump riguardo ai colloqui con Mosca. Intervenendo al Munich Leaders Meeting di Washington, Vance ha reso noto che gli Stati Uniti avevano proposto alla Russia un cessate il fuoco di 30 giorni, respinto dal Cremlino. Mosca, secondo quanto riferito, ha sostenuto che una pausa di questo tipo non sarebbe nei suoi interessi strategici, in quanto offrirebbe all’Ucraina l’opportunità di riorganizzarsi militarmente.
Nel suo intervento, Vance ha sottolineato che un compromesso richiederà anche delle concessioni da parte della Russia, segnando un irrigidimento della posizione della Casa Bianca nei confronti del presidente russo Vladimir Putin. "I russi stanno chiedendo una serie di requisiti, una serie di concessioni per porre fine al conflitto. Riteniamo che stiano chiedendo troppo", ha dichiarato il vicepresidente, dando voce all’impazienza dell’amministrazione statunitense rispetto alla rigidità di Mosca.
Il presidente Donald Trump aveva già lasciato intendere una posizione più critica verso il leader russo alla fine di aprile, affermando che Putin potrebbe “prenderlo in giro” e accennando alla possibilità di utilizzare sanzioni per modificare gli equilibri del conflitto. “Forse non vuole fermare la guerra”, aveva scritto su Truth Social in seguito a un incontro con il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy tenutosi a Roma. Secondo Vance, Trump sarebbe pronto anche a interrompere i colloqui, pur non avendo formulato minacce esplicite.
La strategia delineata da Washington si concentra ora su un possibile contatto diretto tra Russia e Ucraina. “Vorremmo che sia i russi che gli ucraini concordassero alcune linee guida di base per sedersi a un tavolo e parlarsi. Questo è il prossimo grande passo che vorremmo compiere”, ha spiegato Vance. Ha aggiunto di non essere ancora pessimista, pur riconoscendo che "esiste un grande divario" tra le posizioni dei due Paesi. Ha anche affermato che una mediazione statunitense sarebbe “probabilmente impossibile” senza un primo contatto diretto tra le parti.
Nel suo intervento di mercoledì, Vance ha assunto un tono più conciliatorio rispetto a quello impiegato alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco di febbraio, dove aveva tenuto un discorso fortemente critico nei confronti dei governi europei. In quell’occasione aveva accusato i leader del continente di ignorare la volontà popolare, di sovvertire le elezioni, di reprimere la libertà religiosa e di non essere in grado di fermare la migrazione illegale. A Washington, invece, il vicepresidente ha parlato dell’importanza della cooperazione transatlantica, definendo Stati Uniti ed Europa parte della “stessa squadra di civiltà”.
Durante l’incontro, organizzato dalla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco, Vance ha anche scherzato sul fatto che il suo staff fosse “molto nervoso” per la sua partecipazione e ha ammesso di non sapere se sarebbe stato invitato di nuovo, alla luce delle polemiche generate dal suo precedente intervento. Alla fine della sessione di domande e risposte con Wolfgang Ischinger, ex ambasciatore tedesco negli Stati Uniti e presidente della Conferenza, Vance è tornato sulle sue dichiarazioni di febbraio, mantenendo un tono più moderato ma ribadendo alcune critiche. “Non è ‘Europa cattiva e America buona’. Penso che sia l’Europa che gli Stati Uniti ci siamo un po’ allontanati dalla rotta, e incoraggio tutti noi a tornare sulla strada giusta insieme”, ha dichiarato.
Il discorso di Vance ha suscitato reazioni contrastanti tra i partecipanti. Un rappresentante dell’Europa occidentale ha ammesso di essere entrato “abbastanza nervoso” e uscito “leggermente meno nervoso”. Altri, pur riconoscendo il tono più disteso, hanno sollevato interrogativi sui contenuti. Un partecipante ha domandato quante concessioni gli Stati Uniti fossero disposti a offrire alla Russia, e quali misure Washington intendesse adottare per prevenire future invasioni, nel caso in cui l’Ucraina non entrasse nella NATO.
Alcuni, infine, hanno criticato l’atteggiamento di Vance verso Mosca. “Ha affascinato, ha ripulito il discorso di febbraio, ha rassicurato, ha sistemato tutto”, ha commentato un altro partecipante. “Ma presentarsi come in qualche modo neutrale tra Russia e Ucraina è moralmente ripugnante. Una parte è l’aggressore, l’altra è la vittima che combatte per la sua sopravvivenza. Bei discorsi non possono cambiare questo”.
Mentre Vance parlava al Munich Leaders Meeting, un ulteriore elemento di tensione emergeva nei rapporti tra Washington e Berlino. Gli Stati Uniti e il nuovo governo tedesco erano infatti al centro di uno scontro diplomatico riguardante la classificazione del partito di estrema destra tedesco AfD come gruppo estremista. Il Segretario di Stato Marco Rubio aveva definito la decisione “tirannia mascherata”, accusando i partiti tradizionali tedeschi di essere loro i veri estremisti a causa delle “politiche di immigrazione a confini aperti”.
Il nuovo cancelliere tedesco Friedrich Merz ha risposto con fermezza, definendo le osservazioni di Rubio un’“osservazione assurda” in un’intervista all’emittente pubblica ZDF. Merz ha esortato l’amministrazione statunitense a “lasciare la politica interna tedesca alla Germania” e a non interferire in “questioni di parte”.