Un giudice blocca il centro di detenzione Alligator Alcatraz
Una giudice federale blocca per due settimane i lavori di espansione nel centro di detenzione Alligator Alcatraz, situato nelle Everglades, dopo il ricorso delle associazioni ambientaliste e della tribù Miccosukee

Un giudice federale di Miami ha ordinato la sospensione temporanea dei lavori di costruzione nel centro di detenzione noto come Alligator Alcatraz, in Florida, dopo una causa intentata da gruppi ambientalisti e sostenuta dalla tribù Miccosukee. La decisione è stata annunciata giovedì 7 agosto dalla giudice distrettuale Kathleen Williams, al termine di un'udienza di due giorni.
Alligator Alcatraz è il primo centro di detenzione per immigrati gestito da uno Stato e si trova all’interno delle Everglades, nei pressi del Big Cypress National Preserve. La struttura è stata allestita a partire dal 23 giugno 2025 per volontà del governatore Ron DeSantis, in risposta all’intensificarsi delle operazioni di arresto degli immigrati da parte dell’amministrazione Trump. Il presidente Donald Trump e la segretaria alla Sicurezza interna Kristi L. Noem hanno visitato il sito il 1° luglio.
Secondo l’organizzazione Friends of the Everglades, che ha promosso il ricorso, la decisione del tribunale rappresenta un primo passo verso la tutela di un ecosistema già fragile e minacciato. “Siamo soddisfatti che la giudice abbia riconosciuto l’urgenza di fermare temporaneamente i lavori e siamo determinati a proseguire per proteggere le Everglades dai danni provocati da questa struttura di detenzione di massa”, ha dichiarato Eve Samples, direttrice esecutiva dell’associazione.
Anche la deputata statale democratica Anna Eskamani, che ha testimoniato durante l’udienza a favore dei ricorrenti, ha accolto positivamente l’ordinanza. “Questa struttura rappresenta una minaccia per una delle regioni ecologicamente più sensibili degli Stati Uniti. È anche un chiaro esempio di quanto la Florida sia disposta a spingersi per criminalizzare gli immigrati, ignorando gli effetti a lungo termine sulle nostre risorse naturali”, ha affermato Eskamani.
Diversa la posizione dell’amministrazione statale. Il portavoce del governatore DeSantis, Alex Lanfranconi, ha definito la giudice un’“attivista” e ha minimizzato gli effetti della decisione: “La sentenza di oggi non avrà alcun impatto sull'applicazione delle leggi sull’immigrazione in Florida. Alligator Alcatraz continuerà a essere operativo, rafforzando gli sforzi di espulsione.”
La costruzione della struttura è cominciata solo pochi giorni prima della causa, su una ex pista d’atterraggio poco utilizzata. Secondo le testimonianze, nel giro di pochi giorni sono state realizzate tende che ospitano celle per 3.000 detenuti, oltre a moduli abitativi per 1.000 membri dello staff. Circa 20 acri di zona umida sarebbero già stati cementificati.
Il governatore DeSantis ha definito il progetto da 450 milioni di dollari una soluzione “provvisoria”, sostenendo che, una volta chiuso, “le Everglades ci cresceranno sopra”. Non è però chiaro quando la struttura verrà smantellata, anche perché la Florida si è posta in prima linea nel supportare il Department of Homeland Security (DHS) nella detenzione degli immigrati. DeSantis ha inoltre annunciato l’intenzione di aprire un secondo centro nel nord dello Stato.
La visita di Trump al sito è stata accompagnata da dichiarazioni di sostegno alla scelta logistica: “Siamo circondati da miglia di palude pericolosa, e l’unica via d’uscita è l’espulsione”, ha affermato il presidente. La portavoce del DHS, Tricia McLaughlin, ha commentato l’ordinanza definendola “un altro tentativo di ostacolare il presidente nell’attuazione del mandato popolare per le espulsioni di massa”.
La segretaria Noem ha indicato che strutture simili potrebbero essere replicate in altri Stati. Un centro di detenzione già esistente a nord di Indianapolis, ribattezzato da Noem “Speedway Slammer”, potrebbe ospitare 1.000 immigrati, secondo fonti del DHS.
Durante l’udienza, diversi testimoni hanno denunciato l’impatto ambientale della struttura sulle specie protette delle Everglades. L’area è habitat del puma della Florida e del pipistrello bonneted, entrambi a rischio estinzione. L’avvocata Tania Galloni, in rappresentanza del gruppo ambientalista Earthjustice, ha spiegato che i riflettori di sicurezza del centro, visibili fino a 15 miglia di distanza, alterano completamente il comportamento degli animali. “Quella zona era un habitat dei puma. Ora è persa, perché i puma la eviteranno”, ha dichiarato.
Il sito è privo di infrastrutture: non ha elettricità né rete idrica. Funziona grazie a generatori mobili, con l’acqua trasportata quotidianamente in cisterna e i rifiuti portati via, sollevando preoccupazioni su possibili sversamenti. L’aumento del traffico rappresenta un ulteriore rischio, dato che gli investimenti stradali sono una delle principali cause di morte per i puma.
Parallelamente, sono in corso altre udienze relative al centro. L’American Civil Liberties Union e altre organizzazioni hanno presentato un ricorso in rappresentanza dei detenuti, che denunciano la mancata possibilità di contattare avvocati durante la loro permanenza nel centro.
La sospensione disposta dalla giudice Williams è valida per due settimane e riguarda solo i nuovi lavori di costruzione. Resta operativo quanto già edificato, incluso l’utilizzo delle celle e delle strutture temporanee. La causa proseguirà nei prossimi giorni.