Un altro caso Garcìa? Un venezuelano è stato detenuto nel carcere di massima sicurezza di El Salvador senza accuse
Gli Stati Uniti hanno trasferito oltre 250 uomini in El Salvador accusandoli di essere membri del Tren de Aragua. Un’inchiesta del Wall Street Journal rivela che uno di loro, Carlos Uzcategui Vielma, non ha precedenti penali né legami con la gang, ma resta rinchiuso nel CECOT senza accuse.

Carlos Uzcategui Vielma, cittadino venezuelano, si trova oggi nel carcere di massima sicurezza Terrorism Confinement Center (CECOT) di El Salvador senza che nei suoi confronti sia stata formalizzata alcuna accusa. Il suo nome è emerso pubblicamente quando la compagna Gabriela Mora Méndez lo ha riconosciuto in fotografie diffuse sui social network: negli scatti, uomini con la testa rasata appaiono inginocchiati e circondati da guardie armate all’interno del mega-penitenziario salvadoregno.
La vicenda ha assunto contorni precisi grazie a un’approfondita indagine del quotidiano statunitense Wall Street Journal, che ha ricostruito il percorso di Uzcategui e verificato la totale assenza di trascorsi criminali a suo carico. Secondo il giornale, Uzcategui è uno dei più di 250 venezuelani che le autorità statunitensi hanno trasferito in El Salvador con l’accusa di appartenere al gruppo criminale Tren de Aragua. Pur in assenza di prove o sentenze di condanna, gli uomini sono stati inseriti in un programma di espulsione che ha portato al loro internamento nel CECOT.
La telefonata e la svolta inattesa
Il 15 marzo, durante una chiamata dal centro di detenzione per immigrati in Texas, Uzcategui aveva informato la compagna che sarebbe stato rimpatriato in Venezuela. Il trasferimento non è mai avvenuto. Poco dopo, le immagini dal CECOT hanno confermato che il destino dell’uomo era cambiato radicalmente: non un volo verso casa, ma l’ingresso in una struttura carceraria all’estero destinata ai detenuti considerati ad alto rischio.
L’indagine del Wall Street Journal ha ripercorso l’itinerario compiuto da Uzcategui: partenza dal Venezuela, attraversamento della Colombia, passaggio nella giungla del Darién a Panama e risalita dell’America Centrale. Giunto a Città del Messico, il venezuelano ha chiesto un appuntamento alla pattuglia di frontiera statunitense tramite l’applicazione CBP One per inoltrare la propria richiesta di ingresso legale.
Ha atteso quasi 9 mesi in territorio messicano prima di varcare regolarmente il confine nel giorno stabilito. Secondo amici e familiari, è stato posto in custodia non appena oltrepassata la frontiera, a causa dei tatuaggi che gli agenti avrebbero interpretato come segni distintivi di affiliazione criminale.
Nessuna prova di reati o legami con gang criminali
Per accertare l’eventuale esistenza di precedenti, i giornalisti hanno intervistato parenti, amici e supervisori di lavoro in Venezuela e in Messico, esaminato e-mail, post sui social media, messaggi di testo e consultato database penali nazionali e internazionali. I documenti raccolti attestano che Uzcategui non risulta avere condanne nel Paese d’origine. Nel fascicolo di immigrazione, ottenuto dalla famiglia, il venezuelano è classificato come “espellibile” dagli Stati Uniti, senza però alcuna menzione di reati o di affiliazione al Tren de Aragua.
John Tobon, già Assistente Direttore per le Investigazioni presso il Department of Homeland Security e tra i principali artefici della strategia investigativa contro il Tren de Aragua, definisce “senza precedenti” l’espulsione di centinaia di uomini privi di condanne o accuse formali verso un carcere straniero. Secondo Tobon, a trascinare queste persone nel Cecot potrebbe essere stato “un caso straordinario di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato”, in un periodo di rapida evoluzione politica negli Stati Uniti.
Il video pubblicato dal Wall Street Journal sottolinea che il viaggio di Uzcategui è coinciso con la crescente percezione del Tren de Aragua come minaccia significativa sul territorio statunitense e con il ripristino di una legge del XVIII secolo impiegata per colpire i presunti membri della gang. Sebbene il venezuelano non potesse saperlo al momento della partenza, la sua rotta lo ha portato a scontrarsi con un piano di espulsione su larga scala che lo ha etichettato come terrorista e criminale, consegnandolo infine alla detenzione a tempo indefinito nel supercarcere salvadoregno.