Ucraina, Rubio insiste sulla via negoziale: “Non possiamo distruggere la Russia”
Il nuovo Segretario di Stato americano denuncia le atrocità di Putin ma mette in guardia su obiettivi irrealistici di sconfiggere i russi sul campo di battaglia in Ucraina: secondo Washington, è sempre più necessaria una svolta diplomatica.

A quasi tre anni dall’inizio dell’invasione russa su larga scala in Ucraina, la linea degli Stati Uniti sembra iniziare a subire un primo cambiamento con l’insediamento del presidente Donald Trump.
Il nuovo Segretario di Stato, Marco Rubio, pur riconoscendo le “orribili atrocità” commesse da Mosca in Ucraina, ha dichiarato che è irrealistico pensare di poter ricacciare le forze del Cremlino ai confini del 2014 e ripristinare pienamente la sovranità ucraina sui territori illegalmente annessi da Vladimir Putin.
“Innanzitutto, condanniamo le azioni di Putin: la sua invasione dell’Ucraina e le atrocità che sta commettendo sono orribili. Ma la disonestà della situazione è che alla gente sono state date false aspettative sul fatto che l’Ucraina non potesse solo sconfiggere la Russia sul campo, ma anche distruggerla, riportare la situazione a come appariva nel 2012 o nel 2014, prima dell’annessione della Crimea”.
Il punto centrale del pensiero di Rubio, esplicitato durante un’intervista radiofonica con la giornalista Megyn Kelly, è che Washington starebbe in realtà “finanziando uno stallo” privo di sbocchi chiari.
La guerra ha devastato le infrastrutture energetiche ucraine con massicci bombardamenti, causando blackout e mettendo in fuga oltre sei milioni di persone, molte delle quali potrebbero alla fine non rientrare più in presenza di ulteriore incertezza sul futuro.
“Qualcuno dovrà pagare per la ricostruzione”, ha aggiunto il Segretario di Stato, ipotizzando che alcune zone del Paese possano essere tornate “indietro di cent’anni” e definendo perciò sempre più urgente la necessità di trovare un cessate il fuoco.
Allo stesso tempo, Rubio ha sottolineato che la Russia non deve contare sulla “vittoria”: anche Mosca dovrà sacrificare qualcosa e fare delle concessioni, in termini che saranno chiariti durante i negoziati. Rubio ha rifiutato di discutere in anticipo i possibili termini dell'accordo.
"La realtà è che entrambe le parti stanno subendo enormi perdite. Questa guerra non si concluderà con una vittoria completa per nessuno. E raggiungere la pace richiederà un duro lavoro diplomatico… Non sarà facile e ci vorrà tempo, ma è necessario”.
Dalle parole di Rubio emerge anche una visione critica sulle politiche passate: secondo lui, il “caotico ritiro” dall’Afghanistan nel 2021, gestito dall’Amministrazione Biden, avrebbe mostrato segni di debolezza e disimpegno agli occhi di Putin, incoraggiandolo a scatenare la sua aggressione in Ucraina.
A sostenere la linea di Rubio è lo stesso presidente Trump, da sempre critico verso i “sostegni in bianco” destinati a Kyiv dalla precedente Amministrazione.
Trump insiste sulla necessità di trovare rapidamente un accordo con Mosca, evitando nuove escalation e mettendo fine a un conflitto che, tra offensive, piccoli guadagni territoriali ottenuti ad altissimo costo in termini di vite umane e mezzi militari e ripiegamenti, non sembra vicino a una soluzione militare definitiva.
L’idea di compromessi reciproci appare, nella visione di Trump, l’unica strada realistica per avviare veri colloqui di pace: le due parti restano però ancora molto lontane su argomenti chiave come il futuro del Donbass e della Crimea, e resta da capire se la Russia sia davvero disposta a sedersi al tavolo negoziale e cercare un compromesso.
Il vero problema è che Putin ha più volte chiarito di essere pronto a un accordo solo alle sue condizioni, tra cui il mantenimento da parte della Russia dei territori occupati dell'Ucraina, il divieto di ammissione dell'Ucraina nella NATO e una radicale riduzione della grandezza dell'esercito ucraino.
Ma, cosa più importante, Putin vuole negoziare personalmente con gli Stati Uniti sul nuovo ordine mondiale del dopoguerra, poiché percepisce il conflitto con il suo vicino come una ridistribuzione delle sfere di influenza, una idea rigettata totalmente da Washington.
Con i venti di guerra ancora forti, le posizioni contrapposte e il timore di nuove offensive russe, la strada verso una tregua duratura appare, dunque, al momento tutt’altro che semplice.
Nel frattempo, la ricostruzione dell’Ucraina si profila come un’impresa titanica, che richiederà fondi internazionali ingenti e una chiara visione politica della gestione del dopoguerra.