Trumponomics 2.0, il taglio fiscale che mina la prosperità americana

La legge di bilancio firmata da Trump il 4 luglio estende i tagli fiscali del 2017, riduce la spesa sociale e abolisce i crediti verdi. Ma il debito pubblico continua a salire e le riforme strutturali mancano

Trumponomics 2.0, il taglio fiscale che mina la prosperità americana
White House

L’approvazione del One Big Beautiful Bill (OBBB) da parte del Congresso ha rappresentato un momento di apparente consolidamento per l’agenda economica del presidente Donald Trump. Il testo è stato visto da molti osservatori come un ritorno alla tradizione repubblicana fatta di tagli fiscali e riduzione della spesa, più che un esercizio ideologico del trumpismo. Tuttavia, secondo l'Economist, il provvedimento nasconde gravi rischi per la tenuta a lungo termine dell’economia americana.

Il contesto in cui nasce il OBBB è segnato da segnali economici contrastanti. Dopo l’annuncio dei dazi del “Liberation Day” in aprile, che aveva provocato un’ondata di panico sui mercati globali, l’attenzione si è spostata su una ripresa moderata della fiducia, con l’indice S&P 500 che ha raggiunto un nuovo record. Secondo il settimanale britannico, molte imprese vedono ora nei conflitti commerciali una strategia negoziale e non una deriva protezionista fine a sé stessa. In questo clima, alcuni leader aziendali tornano a considerare Trump come un populista pragmatico, più che un ideologo.

Ma dietro questa apparente normalizzazione, il OBBB rappresenta per l'Economist un esempio della fragilità strutturale della Trumponomics 2.0. Il disegno di legge prolunga i tagli fiscali introdotti nel 2017, che erano destinati a scadere, mantenendo il deficit federale a livelli elevatissimi. Negli ultimi 12 mesi il disavanzo è stato pari al 6,7% del PIL, e con l’attuazione del OBBB la traiettoria del debito porterà entro due anni a superare il 106% del PIL, cioè il picco raggiunto dopo la Seconda guerra mondiale.

I dazi introdotti di recente garantiranno un certo gettito, ma non sufficiente a invertire la tendenza. Anzi, la manovra colpisce in modo regressivo la spesa pubblica. I pensionati beneficeranno di nuove agevolazioni fiscali, mentre saranno tagliati i fondi per Medicaid, il programma sanitario per i meno abbienti. Secondo le stime ufficiali, fino a 12 milioni di cittadini potrebbero perdere la copertura assicurativa. L’introduzione di requisiti lavorativi per accedere ai sussidi, già sperimentati in passato, si traduce spesso in complicazioni burocratiche più che in un aumento dell’occupazione.

Tra i tagli più significativi c’è anche l’abolizione dei crediti fiscali per l’energia pulita introdotti da Joe Biden. Sebbene l'Economist avesse criticato le clausole protezionistiche legate al “Buy American”, la loro eliminazione lascia il Paese privo di una politica federale di decarbonizzazione. Secondo il settimanale, questo porterà a emissioni più alte rispetto a uno scenario con incentivi verdi. In un contesto in cui l’intelligenza artificiale generale richiederà enormi quantità di energia elettrica, ignorare il potenziale delle rinnovabili è considerato miope.

Anche il metodo con cui il OBBB è stato approvato riflette, secondo l'Economist, un malfunzionamento crescente del sistema legislativo statunitense. La legge ha potuto passare con 51 voti al Senato grazie a una particolare procedura che bypassa l’ostruzionismo parlamentare, ma ciò avviene solo una volta all’anno. Il risultato è una legge estremamente ampia, dove si sommano provvedimenti poco dibattuti e concessioni locali per assicurarsi i voti dei deputati.

I sostenitori del OBBB ammettono le sue criticità, ma confidano che una crescita economica sostenuta possa assorbire il costo del debito e garantire benessere diffuso. L’amministrazione Trump prevede un aumento del PIL del 5% nei prossimi quattro anni. Tuttavia, l'Economist è scettico: i tagli già in vigore non forniscono nuovi stimoli significativi, e le tensioni commerciali possono frenare l’attività economica. I tassi d’interesse sono oggi tripli rispetto al 2017, e la Federal Reserve potrebbe neutralizzare gli effetti espansivi con un inasprimento della politica monetaria.

I tagli lato offerta destinati a incentivare gli investimenti rappresentano appena l’8% del costo totale del pacchetto. Altri provvedimenti, come le esenzioni fiscali su mance e straordinari, sono definiti “gimmicks”, ossia espedienti propagandistici. La deregolamentazione potrà forse aiutare l’economia, ma solo marginalmente.

Secondo l'Economist, l’espansione continua del debito pubblico finirà per danneggiare la crescita economica. In condizioni normali, il debito statale riduce gli investimenti privati aumentando il costo del capitale per progetti ad alta intensità energetica, come i data center. Se i mercati obbligazionari dovessero costringere un’aggiustamento fiscale improvviso, l’impatto sarebbe pesante: Goldman Sachs stima che, se il Congresso rimandasse ogni consolidamento per altri dieci anni, servirebbe poi un intervento equivalente al 5,5% del PIL annuo, superiore all’austerità subita dall’eurozona dopo la crisi del debito sovrano.

Le preoccupazioni non si limitano all’ambito fiscale. Trump continua a minare le fondamenta del successo economico americano. Ha rinnovato le sue critiche alla Federal Reserve, creando instabilità istituzionale. I tagli ai fondi per la ricerca scientifica compromettono l’innovazione. La sua gestione disinvolta dello stato di diritto aumenta l’incertezza per gli investitori. Inoltre, nonostante una retorica meno aggressiva, la media dei dazi rimane la più alta da un secolo, e l’incertezza commerciale continua a pesare.

Infine, anche se gli asset americani appaiono forti in dollari, il loro valore è calato in valuta estera. Il 2025 ha visto una svalutazione dell’11% del dollaro, segnale di timori crescenti e reali sull’economia statunitense nel lungo periodo.

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